Girarsi nel letto, guardare in alto, raccogliere un oggetto da terra, alzarsi in piedi, inclinare la testa all’indietro dal parrucchiere o piegarsi in avanti per allacciare le scarpe sono azioni apparentemente banali, ma in alcune persone possono scatenare delle vertigini parossistiche posizionali, una delle forme più frequenti di vertigini, legate ai cambiamenti di posizione.
«Si tratta di un disturbo molto comune che può riguardare tutte le fasce di età, anche se si verifica più frequentemente dopo i 55 anni, quando esiste una maggiore predisposizione al problema», descrive il dottor Alfonso Scarpa, otorinolaringoiatra presso l’U.O.C. di Otorinolaringoiatria Universitaria dell’A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona a Salerno. Queste vertigini compaiono tipicamente nei cambi di posizione della testa (per questo vengono definite “posizionali”), a brusca insorgenza con remissione dopo alcuni secondi (per questo sono dette “parossistiche”), e sono sempre benigne, per cui non dipendono da una patologia grave.
Che cosa sono le vertigini posizionali
Internamente all’orecchio, in una zona che ha la forma di un sacchetto (utricolo), sono posizionati dei minuscoli “sassolini”, detti otoliti, che talvolta – per cause spesso sconosciute – si muovono dalla loro sede per entrare in uno dei tre canali presenti per ogni lato, che sono pieni di liquido (endolinfa). «Tutto questo determina una stimolazione recettoriale che si traduce nella comparsa di vertigini parossistiche», racconta il dottor Scarpa.
In particolare, si tratta di una vertigine “oggettiva”, dove si ha l’illusoria sensazione che l’ambiente circostante si muova intorno a sé. Questo la differenzia dalla vertigine “soggettiva”, in cui avviene l’esatto contrario, ossia si ha la sensazione di sentirsi muovere nell’ambiente. «Di solito gli episodi sono di breve durata, meno di un minuto, e si associano spesso a sintomi neurovegetativi come nausea, pallore, tachicardia e sudorazione, che sovente fanno temere al paziente di essere colpito da un infarto».
Quali sono le cause delle vertigini posizionali
Nella maggior parte dei casi, la vertigine parossistica posizionale è idiopatica, cioè non ha una causa ben riconoscibile. «Esistono, però, dei fattori che possono facilitare il distacco degli otoliti, come i traumi cranici dovuti a cadute, incidenti stradali o colpi di frusta.
Alcuni studi, inoltre, mostrano come ci sia una maggiore predisposizione per queste vertigini nei pazienti affetti da osteoporosi, ipertensione o patologie cardiovascolari. Recentemente è stato evidenziato anche un legame con la carenza di vitamina D, implicata nell’assorbimento intestinale del calcio e, quindi, potenzialmente legata all’instabilità di questi sassolini, costituiti proprio da ossalato e carbonato di calcio. Ma non esistono evidenze scientifiche robuste al riguardo», ammette l’esperto.
Quando preoccuparsi
Spesso, le vertigini posizionali tendono a regredire spontaneamente, ma tutto dipende dalla loro intensità e dai disturbi associati. «È importante rivolgersi allo specialista quando gli episodi sono ricorrenti, perché è fondamentale innanzitutto porre una diagnosi differenziale: oltre alle vertigini parossistiche posizionali, infatti, un fastidio simile può essere dovuto ad altre cause, come patologie cerebrali o emicrania. Arrivare alla giusta origine consente un’adeguata gestione del problema», tiene a precisare l’esperto.
Peraltro, pur trattandosi di una condizione benigna, alla lunga può generare ansia e fobie in chi la vive: «Ci sono pazienti che dormono in poltrona per evitare di sdraiarsi sul letto e altri che cambiano abitudini o limitano gli spostamenti quotidiani per non incorrere nei movimenti “pericolosi”. Questo inficia la qualità di vita, ovviamente, senza contare il fatto che nelle persone più anziane queste vertigini possono determinare instabilità e cadute».
Come si arriva alla diagnosi di vertigini posizionali
Gli specialisti di riferimento sono otorinolaringoiatri e audiologi, che raccolgono l’anamnesi del paziente e poi eseguono un esame vestibolare, che consiste in una serie di test per valutare la funzione del sistema vestibolare (l’apparato che permette di mantenere l’equilibrio e di orientarsi nello spazio), sia periferico sia centrale.
«Questo esame si avvale di particolari occhiali, detti di Frenzel, che vanno indossati dal paziente e consentono al medico di osservare i momenti oculari, volontari e involontari, nelle differenti posizioni: da seduti, da supini, sul fianco destro, sul fianco sinistro, con la testa retroflessa. Quando c’è una stimolazione del sistema vestibolare, infatti, c’è anche un movimento involontario degli occhi, detto nistagmo, che viene esaminato per fare una diagnosi precisa tra le diverse cause di vertigini, come quelle parossistiche posizionali, la sindrome di Ménière o le labirintiti».
Come si trattano le vertigini posizionali
Il trattamento delle vertigini parossistiche posizionali consiste nell’esecuzione di alcune manovre fisiche (rotazioni della testa o rapidi spostamenti del capo e del corpo), eseguite da un medico esperto, che consentono il riposizionamento degli otoliti nella sede naturale, consentendo quindi la guarigione.
«Spesso è sufficiente una sola manovra liberatoria per risolvere la sintomatologia, altre volte invece è necessario ripeterla più volte», riferisce il dottor Scarpa. «Talvolta, viene associata una terapia di supporto per limitare la sintomatologia neurovegetativa: questi farmaci non risolvono il problema, ma aiutano a limitare il fastidio quando gli episodi sono frequenti».
Vertigini posizionali e cervicale: c'è relazione?
Non è raro che i pazienti con vertigini parossistiche posizionali ipotizzino un legame fra il loro disturbo e la cervicalgia. «In realtà, i problemi a carico del tratto cervicale non determinano mai le vertigini rotatorie», conclude il dottor Scarpa. «Dunque non è il collo la sede anatomica dove ricercare l’origine del disturbo, ma l’orecchio, spesso sottovalutato e invece grande protagonista del nostro benessere generale».
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