di Valentino Maimone
Altro che malattia del passato, la tubercolosi è ancora un problema: gli ultimi dati dell’Oms parlano di 10 milioni di nuovi casi nel mondo. Numeri che possono far paura, tanto che su Internet sono molte le voci allarmate per un pericoloso ritorno della malattia legato, per esempio, ai flussi migratori.
«Il problema emergente, in effetti, è rappresentato da alcune forme resistenti ai farmaci, sempre più frequenti anche in Italia perché molto diffuse tra le popolazioni di alcuni Paesi dell’Est Europa (leggi qui di seguito)», commenta Enrico Tortoli, del Gruppo di lavoro micobatteri ell’Associazione microbiologi clinici italiani.
«Però da noi, per fortuna, si registrano “solo” circa 6-7 casi di Tbc ogni 100mila abitanti. Quindi niente allarmismi, ma non facciamo neanche l’errore abbassare la guardia». Causata da un batterio che colpisce in genere i polmoni (ma a volte può interessare altri organi), è una malattia subdola: infatti, puoi contrarre l’infezione senza rendertene conto, perché spesso non dà sintomi e non è contagiosa.
Solo in un caso su 10 si trasforma in malattia: succede soprattutto agli anziani o in coloro che hanno le difese immunitarie molto indebolite, per esempio a causa di una chemioterapia o di lunghi trattamenti a base di cortisone.
I sintomi principali sono quattro: «Tosse insistente per oltre 3 settimane e febbricola che compare di pomeriggio. Ma quello che la differenza da una comune infezione respiratoria sono l’astenia e il dimagrimento», spiega Tortoli.
E il contagio? Come per altre malattie infettive avviene tramite il contatto diretto con le goccioline di saliva di tosse o starnuti di un malato. Quasi sempre si verifica in seguito alla permanenza prolungata nello stesso ambiente (a casa, in aereo, in treno, a scuola) di una persona con la Tbc.
La terapia si basa sull’associazione di quattro farmaci da prendere ogni giorno per via orale, e dura 6 mesi», spiega il dottor Enrico Tortoli. «In genere assicura la completa guarigione».
I NUOVI CEPPI RESISTENTI
Per sconfiggere definitivamente la tubercolosi, obiettivo che l’Organizzazione mondiale della Sanità conta di realizzare entro il 2035, bisognerà vincere anche i ceppi di batteri resistenti ai farmaci.
«Ce ne sono di due tipi: quelli che non rispondono ai principi attivi usati nella terapia standard, che richiedono ulteriori trattamenti costosi e molto lunghi (anche 2 anni, con possibili effetti collaterali pesanti per il fegato e l’udito), e quelli ancora più resistenti, responsabili di elevati tassi di mortalità», spiega ilnostro esperto.
In Italia, la stragrande maggioranza di questi casi riguarda persone non nate nel nostro Paese. Per monitorare il problema, quasi tutte le Regioni hanno un Centro di riferimento per la diagnosi della tubercolosi: li trovi segnalati nei siti delle singole Regioni di riferimento.
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Articolo pubblicato sul n.21 di Starbene in edicola dal 10/05/2016