di Margherita Monfroni
L'ipertiroidismo è una condizione che si verifica quando la ghiandola tiroide produce un eccesso dell’ormone tiroxina.
In concomitanza a questa iperattività, solitamente si verifica un significativo aumento del metabolismo (che causa una rapida perdita di peso), un’accelerazione o un’alterazione del battito cardiaco, sudorazione, nervosismo e irritabilità.
Le opzioni di trattamento per l’ipertiroidismo sono molteplici e comprendono nello specifico un trattamento farmacologico e/o l’utilizzo di iodio radioattivo per rallentare la produzione di ormoni tiroidei. Talvolta può essere necessario ricorrere ad un intervento chirurgico per rimuovere tutta o parte della ghiandola tiroidea.
Abbiamo approfondito meglio questa problematica con il professor Livio Luzi, direttore dell'area di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’IRCCS Policlinico San Donato, e il professor Stefano Benedini, specialista presso l'unità di Endocrinologia dello stesso ospedale.
Ecco cosa ci hanno spiegato.
Quali sono i sintomi con cui si manifesta l’ipertiroidismo?
I sintomi dell’ipertiroidismo possono variare da soggetto a soggetto e dipendere dalla patologia di base (gozzo tossico uni o multinodulare o Morbo di Basedow) ma di solito sono correlabili ad un aumento delle funzioni metaboliche del nostro corpo, pertanto possiamo avere:
- una perdita di peso nonostante un aumento dell’appetito;
- aumento della frequenza cardiaca che in alcuni casi può portare ad anomalie del ritmo cardiaco (aritmie);
- eccessiva sudorazione e intolleranza al caldo;
- tremori fini delle mani;
- nervosismo e ansia;
- disturbi del sonno (insonnia);
- aumento del livello di attività e reattività eccessiva nonostante siano spesso presenti affaticamento e debolezza.
Talvolta si può avere diarrea o aumento della frequenza dell’evacuazione.
I sintomi sono gli stessi sia nella donna che nell’uomo?
I sintomi appena descritti sono comuni nell’uomo e nella donna, invece nelle donne in età fertile si possono avere alterazioni del ciclo mestruale, mentre nell’uomo calo della libido e deficit erettile.
Nel caso di Malattia di Basedow, malattia autoimmune che ugualmente stimola l’attività tiroidea, si possono associare disturbi oculari, con la caratteristica oftalmopatia: a causa dell’infiammazione dei muscoli e del grasso periorbitario, il bulbo oculare protrude (ndr. diventa sporgente rispetto alla sua normale posizione), dando il caratteristico sguardo sbarrato.
Come avviene la diagnosi di ipertiroidismo?
Oltre alla sintomatologia, che spesso è già molto evidente, sono indispensabili i dosaggi ormonali da prelievo sanguigno degli ormoni tiroidei (T3 e T4) e del TSH, un ormone prodotto dell’adenoipofisi, una ghiandola centrale del sistema endocrino che si trova alla base del cranio deputata a controllare la produzione di ormoni tiroidei e il trofismo della ghiandola.
Nel quadro classico di ipertiroidismo da eccesso di ormoni prodotti dalla tiroide, avremo un TSH molto basso con valori di FT3 e FT4 aumentati.
Rare sono le forme di ipertiroidismo centrale, dove il problema cioè non sta nella tiroide ma nell’ipofisi: in questo caso avremo un TSH normale o tendenzialmente alto con valori di FT3 ed FT4 aumentati.
Altro esame importante, non tanto per stabilire se è presente ipertiroidismo ma per poterne capire la causa, è l’ecografia del collo che valuta la morfologia e la vascolarizzazione della tiroide.
A completamento dell’ecografia potrebbe essere indicata la scintigrafia tiroidea, una metodica di medicina nucleare che consente di evidenziare le aree iperfunzionanti della ghiandola, utile soprattutto nei gozzi multi-nodulari per capire quali noduli sono iperfunzionanti (“caldi”) e quali no (“freddi”), per poter anche decidere sulle potenzialità maligne dei singoli noduli (anche se raramente i noduli tiroidei “caldi” sono maligni).
Quali sono i trattamenti disponibili?
L’approccio farmacologico, di solito, è l’intervento di prima linea: si utilizzano farmaci appartenenti alla categoria delle Tionamidi, in particolare il metimazolo, che ha la capacità di inibire la perossidasi tiroidea, un enzima capace di fornire lo iodio necessario al tireocita (la cellula della tiroide che produce gli ormoni) per formare la tiroxina e la triiodotironina cioè la T4 e la T3 che senza iodio non possono essere formati.
Si utilizzano di solito questi farmaci per alcuni mesi e si dosano gli ormoni tiroidei e il TSH.
Oltre a questi ormoni, è consigliabile dosare anche l’emocromo e le transaminasi poiché questi farmaci, seppur raramente, possono dare come effetti collaterali alterazioni della funzionalità epatica e interferire sulla produzione di globuli bianchi.
Quando abbiamo una forma particolarmente importante di ipertiroidismo con tachicardia, tremori ed insonnia è utile associare subito un beta-bloccante che su questi sintomi ha un effetto quasi immediato.
Se dopo alcuni mesi, dopo aver tentato di diminuire o togliere la terapia con metimazolo, i valori degli ormoni tiroidei risultano ancora elevati o hanno la tendenza ad aumentare di nuovo dopo una diminuzione, siamo costretti a prendere in considerazione altri tipi di trattamento non farmacologico.
In particolare, abbiamo a disposizione due possibilità:
- un trattamento chirurgico che prevede l’asportazione della ghiandola tiroidea;
- l’utilizzo dello iodio radioattivo, una metodica di medicina nucleare (come la scintigrafia tiroidea) nella quale però, questa volta, al posto del tracciante si utilizza iodio radioattivo che ha il vantaggio di fissarsi selettivamente solo nella tiroide e in particolare nelle aree che funzionano troppo e di conseguenza ha la capacità di “distruggere” le cellule iperfunzionanti.
In entrambi i casi, sicuramente per la chirurgia e spesso per lo iodio radioattivo, si andrà incontro ad una situazione di ipotiroidismo (cioè l’incapacità del nostro corpo di produrre ormoni tiroidei) ma tale situazione può essere trattata con l’assunzione di tiroxina (stesso ormone prodotto dalla nostra tiroide) per bocca con una pastiglia la mattina a digiuno e questo è un trattamento decisamente più semplice e non rischioso rispetto all’assunzione di metimazolo, che è consigliabile assumere a dosi elevate solo per qualche mese e non per anni.