“Se un problema necessita di assoluta concentrazione, simultaneamente interverrà una distrazione assolutamente irresistibile”. A sostenerlo è l’umorista e scrittore americano Arthur Bloch, famoso per i libri dedicati alla cosiddetta Legge di Murphy. Il problema è che spesso, anche senza distrazioni irresistibili, abbiamo difficoltà a restare concentrati e finiamo per perdere la lucidità necessaria per lavorare a progetti, compiti o urgenze quotidiane.
«La concentrazione è la funzione cognitiva che permette di focalizzare volontariamente l’attenzione su un’attività, un pensiero o un obiettivo, in modo da portarli a termine con successo, ignorando o mettendo da parte gli elementi irrilevanti o potenzialmente distrattivi», spiega il dottor Christian Lunetta, specialista in Neurologia e direttore del Dipartimento di Medicina Riabilitativa NeuroMotoria degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS di Milano.
Cosa può compromettere questa capacità innata?
Le cause psicologiche
A mandare in tilt la concentrazione è soprattutto lo stato emotivo in cui ci troviamo. «Per esempio, lo stress e l’ansia, soprattutto quando è particolarmente intesa o patologica, innescano una serie di pensieri distraenti che interferiscono con l’attenzione e la rendono meno efficiente», descrive il dottor Lunetta.
«Lo stesso vale per l’affaticamento: più siamo stanchi, più fatichiamo a concentrarci. Idem per la mancanza di interesse, nel senso che è più facile distrarci se qualcosa non ci appassiona».
Non meno importanti sono le cause ambientali: per poterci concentrare, è necessario che il luogo in cui ci troviamo sia favorevole. «Vagare con la mente è senza dubbio più facile in presenza di distrazioni quali rumore, interruzioni frequenti da parte di persone o la presenza di dispositivi elettronici, come la tv accesa», ammette il dottor Lunetta.
Difficoltà di concentrazione, le cause fisiologiche
Diversi studi scientifici suggeriscono che la soglia di attenzione dura soltanto 20 minuti: oltre, la concentrazione perde naturalmente efficienza, fino a diminuire dell’80% intorno ai 30 minuti.
«Lo sanno bene i relatori delle conferenze: al quarantesimo minuto, hanno perso quasi completamente l’attenzione del loro pubblico, per cui occorre programmare delle pause strategiche», evidenzia il dottor Lunetta. «C’è persino un medico inglese che, durante le sue relazioni, inserisce improvvisamente fra le varie slide delle immagini di auto d’epoca. Un metodo fantasioso per recuperare l’attenzione degli ascoltatori».
Anche l’età conta: nel corso del tempo diminuisce non soltanto il numero dei neuroni, cioè delle nostre cellule nervose, ma anche quello delle connessioni tra un neurone e l’altro. «In più, ci sono periodi della vita più delicati, soprattutto per le donne: estrogeni e progesterone svolgono una funzione cruciale a livello cerebrale, per cui durante la menopausa o in altri periodi di fluttuazioni ormonali è piuttosto comune manifestare una scarsa capacità di concentrazione».
Difficoltà di concentrazione, le cause patologiche
Altre volte, la difficoltà di concentrazione è legata a patologie vere e proprie. In età pediatrica è piuttosto noto il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, o ADHD, che – accanto a impulsività e iperattività – presenta fra i suoi sintomi proprio la difficoltà nel mantenere la concentrazione nei compiti o nei giochi, così come la facile distraibilità da parte di stimoli esterni.
«Da adulti, invece, la scarsa concentrazione è tipica dei disturbi psichiatrici, come la depressione maggiore, e delle patologie neurodegenerative, come le demenze, dove compaiono anche deficit di memoria», illustra l’esperto. «Alla base, poi, ci possono essere lesioni cerebro-vascolari causate da ictus o traumi cranici, che rischiano di comportare una sensazione di rallentamento mentale, difficoltà a concentrarsi non riuscendo a seguire il filo di un discorso o un film alla televisione, impossibilità di prestare attenzione a due attività contemporanee, come guidare la macchina e conversare con chi ci siede accanto».
Altre volte, la mancanza di concentrazione è legata all’assunzione di alcuni farmaci: è il caso degli antipertensivi, perché abbassare troppo la pressione arteriosa nei pazienti più anziani (che spesso hanno arterie rigide e con placche aterosclerotiche) rischia di ridurre il flusso ematico e l’apporto di ossigeno ai vari organi.
«In condizioni di “carestia”, l’organismo apporta meno sangue alle zone che non sono considerate indispensabili, come l’area del cervello deputata all’attenzione appunto, mentre lo salvaguarda per le aree considerate essenziali per la vita, come la parte di sistema nervoso che regola il battito cardiaco o il respiro», riferisce l’esperto.
Mancanza di concentrazione: quando preoccuparsi
La mancanza di concentrazione non deve preoccupare quando è occasionale, mentre merita una visita neurologica se inizia a impattare sulla vita quotidiana: tendiamo a procrastinare gli impegni, non riusciamo a portare a termine i compiti che prima realizzavamo senza problemi, notiamo un calo di produttività a scuola o sul lavoro.
«A quel punto, lo specialista raccoglie un’attenta anamnesi del paziente per avere informazioni sulla storia clinica e familiare, sullo stile di vita, sulle eventuali comorbilità e sui disagi avvertiti, per poi verificare l’effettiva capacità di concentrazione attraverso test cognitivi di rapida esecuzione, standardizzati per età, sesso e livello di scolarità», riferisce il dottor Lunetta. «Talvolta, per approfondire la diagnosi, il neurologo potrebbe ritenere necessaria l’esecuzione di alcuni esami strumentali, come la risonanza magnetica».
Cosa fare contro la difficoltà di concentrazione
A meno che la difficoltà di concentrazione non nasconda patologie organiche o neurodegenerative, che vanno trattate con opportune terapie, la prima regola da adottare per recuperare la giusta soglia di attenzione è apportare qualche aggiustamento allo stile di vita. «Si potrebbe agire sul sonno notturno, se carente, per migliorarne la qualità oppure prescrivere un’adeguata attività fisica, compatibile con il proprio stato di salute, che potenzia le funzioni cognitive», spiega il dottor Lunetta. «È altrettanto importante agire sulla dieta, perché dalle analisi di laboratorio possono emergere carenze che giustificano il deficit di concentrazione. È il caso della vitamina B12, fondamentale per una buona performance cognitiva».
Sono poi disponibili delle sostanze nootrope, cioè in grado di migliorare alcuni stati psichici quali la concentrazione o la memoria. «Utile può essere il ginseng, che non ha controindicazioni né interferisce con altre eventuali terapie, come accade invece per il guaranà o il ginkgo biloba, molto pubblicizzati come psicostimolanti ma non privi di rischi per via del loro notevole impatto vascolare», conclude l’esperto.
Un consiglio per tutti
Quando la mancanza di concentrazione è occasionale, cosa fare? Scarichiamo sul cellulare una app di mindfulness o di meditazione guidata: fermarsi per pochi minuti, concentrarsi sul respiro, liberare la mente e distrarre l’attenzione sono i passaggi chiave per ritrovare chiarezza mentale e portare a termine quello a cui stiamo lavorando.
In una società sempre più longeva, contrastare non solo la perdita di concentrazione ma in generale il declino cognitivo è possibile attraverso interventi multimodali, che includono un corretto regime nutrizionale, l’esercizio fisico, la musicoterapia, il training cognitivo e la cura del benessere del sonno. Questi temi saranno al centro del Milan Longevity Summit, in corso fino al 27 marzo 2024 a Milano.
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