Settanta battiti al minuto: è la frequenza con cui il cuore batte quando sei a riposo, e quel “pum pum” ritmico ti “segnala” che il muscolo cardiaco è in salute. Infatti, grazie a un complesso sistema elettrico, dotato di un pacemaker naturale, a ogni battito il muscolo si contrae per permettere il passaggio del sangue in tutto l’organismo.
Nonostante ciò, la frequenza del tuo cuore è soggetta ad alcune variazioni che, anche se possono preoccuparti, non sempre sono il segnale di un disturbo cardiaco: ecco come intrepretare accelerazioni, rallentamenti o irregolarità del ritmo, e quando metterti in allarme.
SE VA A MILLE: LA TACHICARDIA
Cuore che corre, arrivando a superare i 100 battiti al minuto, anche se il sistema elettrico cardiaco è perfettamente a punto: si chiama tachicardia, condizione che può allarmare parecchio.
«Di fatto, dopo una corsa o una forte emozione è una risposta fisiologica», rassicura Paolo Pizzinelli, cardiologo e internista S a Milano. «Il battito accelera, senza per altro segnalare una sofferenza del cuore, anche in caso di disidratazione (dopo un’abbondante sudata o una diarrea), se hai la febbre o una leggera anemia: anche in questo caso è una risposta naturale perché, aumentando la frequenza, il cuore cerca di mantenere nell’organismo un adeguato apporto di sangue. Infatti, una volta risolta la causa che ha innescato la tachicardia (con integratori di ferro se c’è un’anemia, per esempio, bevendo soluzioni reidratanti se c’è una disidratazione, utilizzando antipiretici in caso di febbre), anche il battito ritorna normale».
Tachicardia transitoria, ma di facile soluzione, anche se hai fumato troppe sigarette, bevuto troppi caffè o energy drink: il battito cardiaco accelerato è l’effetto tossico di nicotina e caffeina, ma ti basta dare lo stop al comportamento fuori dalle righe perché il cuore ritrovi la normale frequenza.
«La tachicardia, però, può essere anche la spia di una tiroide che lavora troppo (immette in circolo un ormone, la tiroxina, che aumenta i battiti), o se sei in balia dell’ansia: con i nervi tesi, si innalza la quota di alcuni neurotrasmettitori (adrenalina e noradrenalina) che aumentano la frequenza, tanto che se lo stress è protratto, l’apparato cardiovascolare può subire danni anche permanenti», dice Pizzinelli.
«Lo stesso aumento di neurotrasmettitori si verifica però anche se c’è un’ipertensione iniziale, di cui la tachicardia può essere un primo campanello d’allarme. Pochi esami del sangue possono definire se le colpe sono della tiroide, mentre misurando regolarmente la pressione si può identificare se si mantiene costantemente al di sopra dei 90-140 mm/ Hg, il range giusto della pressione. Nel caso, le soluzioni non mancano: farmaci per ridurre la produzione degli ormoni tiroidei in eccesso e, per l’ipertensione iniziale, un’attività fisica regolare».
SE RALLENTA: LA BRADICARDIA
Le tue pulsazioni sono inferiori a 60? I medici parlano di bradicardia, ma non è il caso di preoccuparsene se pratichi regolarmente uno sport con una certa intensità.
«L’allenamento riduce la produzione di adrenalina e noradrenalina facendo prevalere l’acetilcolina, una sostanza che rallenta il battito», spiega il cardiologo. «Chi è bradicardico, in realtà, gode di una sorta di protezione in più perché una frequenza inferiore ai 60 battiti è segno di salute dell’apparato cardiovascolare. Diventa invece un problema quando il rallentamento non consente al cuore di pompare abbastanza sangue nel corpo e il cervello, e gli altri organi non ricevono il giusto rifornimento di ossigeno. Capita dopo un pasto abbondante, o per colpa di brusche dilatazioni dello stomaco, successive all’ingestione di bibite gassate fredde, che innescano quella che viene chiamata “congestione”, un evento che dà vista annebbiata e senso di testa vuota fino allo svenimento. In alcune persone predisposte, la stessa sintomatologia può manifestarsi se stanno troppo a lungo in piedi. Unica accortezza: sdraiarsi con le gambe leggermente alzate, in modo da facilitare il ritorno del sangue. In questi casi il cuore non corre rischi».
PERDE IL RITMO: L’EXTRASISTOLE
A volte, invece, il cuore può perdere il ritmo per colpa di qualcosa che non va nel sistema elettrico.
«Capita, per esempio, quando si ha la sensazione di perdere un colpo, o di avere un battito in più, quasi il cuore avesse fatto una capriola», spiega Pizzinelli. «Si tratta dell’extrasistole: basta essere stressati, aver dormito poco, fumato o aver bevuto troppi caffè, aver perso potassio e liquidi perché il “sistema cuore” faccia partire un impulso in più e l’organo, per un attimo “perda il ritmo”. Se le extrasistoli scattano sempre dopo uno sforzo o sono molto ricorrenti meritano la visita: possono essere la spia di un’ischemia, ovvero di restringimenti delle coronarie che non garantiscono sangue a sufficienza al muscolo cardiaco, oppure di un’ipertensione iniziale, o ancora di una malattia della tiroide. Ci si accorge di questo anche se, tenendosi il polso (ma meglio farselo fare dal medico), la frequenza è superiore ai 120 battiti, rimane così diversi minuti, non rallenta e si ha la sensazione di avere uno sfarfallio in mezzo al petto. Potrebbero essere i segnali di una fibrillazione atriale parossistica, un “corto circuito” del sistema elettrico del cuore che, se ricorrente e non curato, aumenta i rischi di ictus. Oppure, di una tachicardia parossistica sopra-ventricolare che non innalza i rischi di ictus ma che, quando è in corso, può ridurre l’apporto di sangue al cervello, innescando sintomi che preludono a uno svenimento, o dando mancanza di fiato. Un elettrocardiogramma è sufficiente per identificare uno o l’altra aritmia, che poi potrà essere risolta con adeguati farmaci. In caso di fibrillazione, vanno associati anche gli anticoagulanti. I casi che non rispondono alla terapia, invece, oggi possono essere risolti con un intervento minivasivo: in anestesia locale, il cardiologo inserisce un piccolo catetere da una vena dell’inguine e, sotto controllo radiografico, lo spinge sino al cuore. Poi, grazie ad un dispositivo che emette energia e che è posizionato proprio all’apice del catetere, elimina i tessuti in cui si origina il guasto elettrico. L’intervento non è doloroso, prevede una notte di ricovero e viene effettuato negli ambulatori di elettrofisiologia, attivi nei reparti di cardiologia dei maggiori ospedali italiani, a carico del Ssn».
IMPARA A PRENDERTI IL POLSO
Per tenere sotto controllo la propria frequenza occorre imparare a contare i battiti del cuore.
Per farlo basta appoggiare le prime tre dita della mano sulla parte interna del polso, alla base del pollice. Poi, esercitando una leggera pressione, contare i battiti di un minuto. Oppure, farlo per 15 secondi e poi moltiplicare il numero per 4.
Il controllo va effettuato al mattino, al risveglio, dopo almeno 5 minuti di rilassamento. Per capire se è tutto ok, la rilevazione va ripetuta per almeno un mese di fila, ogni giorno o almeno 2-3 volte alla settimana, riportando i valori su un foglio. Se rimangono regolarmente intorno a 70, il cuore è in perfetta salute.
Chi non riesce però a identificare la propria frequenza con le dita, può usare un cardiofrequenzimetro, un saturimetro (apparecchio che rileva l’ossigeno presente nel sangue ma anche la frequenza), o su un apparecchio per la misurazione della pressione. Alcuni di quelli più moderni sono in grado di rilevare anche anomalie che possono far sospettare una fibrillazione atriale parossistica.
GLI ESPERTI DELLE ARTMIE
Se soffri di aritmie e vuoi identificare un centro a cui rivolgerti, puoi consultare il sito dell’Aiac (aiac.it), associazione senza scopi di lucro, la cui missione è la solidarietà sociale nel settore della medicina, con un occhio di riguardo all’aritmologia cardiaca.
Non a caso riunisce circa 1400 specialisti cardiologi attivamente impegnati nei settori della elettrofisiologia, stimolazione e defibrillazione cardiaca. Sul sito trovi la mappa dei circa 400 centri per il trattamento delle aritmie attivi sul territorio italiano, suddivisi per Regione.
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Articolo pubblicato sul n. 38 di Starbene in edicola dal 4/9/2018