Siamo abituati a lavare spesso i capi che indossiamo, anche se non sono davvero sporchi. Ma, oltre a essere un’abitudine antieconomica, è un attentato alla salute dell’ambiente. «Secondo uno studio dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, durante un ciclo di lavaggio, ogni indumento in tessuto sintetico rilascia migliaia e migliaia di microfibre», afferma Raffaella Giugni, responsabile dei rapporti istituzionali della Ong MareVivo. Queste particelle sono le sorelle maggiori delle microplastiche. «Si differenziano da queste ultime solo per forma e dimensioni», afferma Fabio Corradini, chimico di Chimica HTS. «Ma sono molto diffuse nell’ambiente: secondo lo studio dell’Iucn (International Union for Conservation of Nature) rappresentano il 35% del totale di microplastiche presente negli oceani», precisa l’esperto. Non tutti i tessuti però hanno lo stesso potere inquinante.
Dalla lavatrice al mare
«L’acrilico, per esempio, è in grado di rilasciare 700.000 particelle a ogni lavaggio (cinque volte di più di un tessuto misto cotone-poliestere). Ancora peggio il poliestere (costituisce il 60% dei capi che indossiamo a livello globale) che è il più inquinante di tutti. Un solo carico di 5 kg produce tra i 6 e i 7,7 milioni di microfibre», continua Raffaella Giugni. Il passaggio degli inquinanti dal cestello di lavaggio ai corsi d’acqua (e poi al mare) è diretto. «Le acque di scarico finiscono innanzitutto nella rete fognaria, da lì rifuiscono nelle falde, poi nei fiumi e quindi in mare», continua Raffaella Giugni. Si calcola che il 40% delle microfibre non venga trattenuto dagli impianti di trattamento. «Le microfibre sono così piccole che non riescono a essere raccolte dai sistemi di filtraggio che hanno maglie più larghe».
Il danno ecologico
«Queste sostanze entrano a far parte della catena alimentare dei pesci, molluschi e degli altri organismi marini, fino al plancton. Si accumulano nei loro apparati digerenti e riducono la loro capacità di assorbire nutrienti, causandone a lungo andare la morte», avverte l’esperta. Ma se le microfibre diventano cibo per i pesci, poi le mangiamo anche noi? «Esatto. E ancora non si conoscono gli effetti collaterali delle microplastiche sulla salute umana. Per questo preservare la salute del mare significa prima di tutto tutelare il nostro benessere», aggiunge Raffaella Giugni.
Il 40% delle microfibre non viene trattenuto negli impianti di filtraggio e finisce nell’ambiente.
Che cosa si può fare
Scienziati di tutto il mondo sono al lavoro per trovare una soluzione. Servono tessuti sintetici più sostenibii e sistemi di filtraggio più efficaci. Ma intanto ognuno di noi può fare molto per limitare i danni. Innanzitutto orientarsi su capi in fibre naturali. «Opta sempre per etichette trasparenti e cerca di evitare indumenti che contengono oltre il 50% di fibre sintetiche», prosegue l’esperta. «E poi serve mettere in pratica piccole accortezze nell’utilizzo della lavatrice che, tra l’altro, fanno risparmiare tempo e denaro», conclude Raffaella Giugni.
Consigli per un ecolavaggio
1) L’alta temperatura e lo sfregamento dei capi favoriscono la fuoriuscita di microfibre: imposta quindi programmi brevi (ormai ci sono cicli da 30 o da 15 minuti) che prevedano meno giri di centrifuga e temperature più basse (30 o 20 °C sono sufficienti per lavare).
2) Preferisci lavatrici a caricamento frontale. I modelli a caricamento dall’alto inducono un maggiore attrito dei capi inseriti e una più alta dispersione di microfibre in natura.
3) Usa detersivi biodegradabili. Numerosi studi rivelano che detergenti più aggressivi deteriorano più facilmente le fibre dei tessuti, aumentando il numero delle microplastiche nell’acqua.
4) Riduci l’uso di asciugatrici elettriche. Il rilascio di fibre durante l’asciugatura è risultato essere circa 3,5 volte superiore rispetto al normale lavaggio.
Ogni anno nel mondo l’industria tessile scarica negli oceani mezzo milione di tonnellate di microfibre. Una quantità pari a oltre 50 miliardi di bottiglie di plastica.
Fonte: A new textile economy, Fondazione Ellen MacArthur
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Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 15 ottobre 2019