di Francesca Trabella
Viene dal corpo, contiene la tua vita, eppure non appartiene a te che la emetti: questo il paradosso della voce. Non è mai privata, ma sempre rivolta a qualcuno. È uno strumento con cui ci si rivolge al mondo, s’interagisce e s’intrecciano relazioni con gli altri. «Ma una volta emessa, se ne va per il mondo, è perduta», spiega Laura Pigozzi, psicoanalista e docente di canto, autrice del saggio A nuda voce. Vocalità, inconscio, sessualità (Poiesis, 18 €).
«E il meccanismo psichico per cui quasi nessuno riconosce la propria, quando ne sente una registrazione, è normale, fa parte della struttura della voce e del suo rapporto intimo e sfuggente, nello stesso tempo, che ha con ciascuno». Intimo, appunto. La voce, infatti, distingue una persona come un’impronta digitale. Unica, perché strettamente legata alla configurazione del proprio apparato fonatorio e al modo peculiare in cui lo si utilizza.
«Non solo. Nelle sue caratteristiche tipiche c’entra anche la storia personale, con tutte le sue vicende, emozioni, traumi», continua l’esperta. «La voce è memoria: conserva le tracce di ciò che ne ha formato la trama, il timbro, il colore, la pasta. Non è solo il sostegno della parola, ma il fondamento della soggettività. E il luogo in cui si manifesta l’inconscio.
Prendiamo la mancanza di intonazione: potrebbe derivare da un blocco psicologico risalente o alla primissima infanzia (momento in cui il bambino dovrebbe sperimentare la lingua cantandola con gorgheggi e vocalizzi insieme alla madre, ma non sempre ciò succede) oppure all’età scolare, quando la raccomandazione di uninsegnante o genitore (“Che stecche, meglio tu non apra bocca!”) lascia facilmente il segno.
Con il tempo, l’impasse psicologico si traduce in una tensione del corpo, che a sua volta rende la voce stonata perché le impedisce di prendere e tenere gli intervalli musicali corretti. Anche le voci di gola o nasali possono essere sintomo di un intoppo, di qualcosa che non si riesce a esprimere».
ALLENALA A ESPRIMERSI
Cantata o parlata, la voce è legata al corpo in modo indissolubile: la sua energia proviene dall’interno – dalla “pancia” e non dalla gola, come si crede – tant’è che il timbro contiene una quota di rumore corporeo (spasmi, soffi, graffi...). «Chi ha un cattivo rapporto con il proprio corpo ha difficoltà ad avere un’espressività della voce», prosegue la dottoressa Pigozzi.
«Per esempio, ci sono persone che sembrano sospese, in bilico, non radicate a terra, come se non si autorizzassero a occupare un posto nello spazio. Le loro voci risultano spesso senza ritmo: hanno dimenticato i primi tentativi vocali», spiega la psicoanalista.
Per recuperare questa capacità, agli incontri del “Non Coro” di Milano (info: laurapigozzi.com), gruppo di sperimentazione sulla vocalità aperto a tutti, e nelle sedute individuali create apposta per chi ha necessità di usare la voce per lavoro (cantanti, oratori, attori, politici ecc. ) vengono proposti esercizi ad hoc:
«Si lavora sull’appoggio dei piedi per dare una stabilità che viene poi trasmessa dalle ginocchia (tenute morbide) al diaframma, il muscolo che separa la cavità toracica da quella addominale. I piedi sono fondamentali perché, oltre a radicare il corpo e l’emissione vocale, aiutano a dare ritmicità.
Per la voce monocorde suggerisco, invece, di provare a cantare testi pensati per essere detti: in questo modo, s’mpara a rendere il parlato più melodioso. E a catturare gli ascoltatori», continua l’esperta
IL TUO VERO SUONO È IL TIMBRO BLU
Ti piacerebbe ritrovare il vero suono della tua voce? «È un lavoro intimo, che può turbare perché la voce non è mai controllabile al 100%», avverte l’esperta. «Si inizia da esercizi che fanno circolare la voce nel corpo o meglio, producono suoni che lo mettono tutto in vibrazione». Oltre a essere intrigante, questa ricerca può dare frutti anche relazionali.
Più ti riconnetti alla tua vera voce, più chance hai che essa diventi il “timbro blu” per qualcuno. Con questo termine, la dottoressa Pigozzi indica una voce capace di catturare l’immaginazione di un interlocutore, di agganciarlo in un punto inconscio e di turbarlo. «Per definire il fenomeno mi sono ispirata alla “nota blu” del compositore Fryderyk Chopin: un suono sospeso, enigmatico, che chiama, sorprende e cattura.
Il timbro blu non è assoluto ma si manifesta solo in una relazione: nessuno lo “possiede”, ma chiunque può esserne “portatore” nei confronti di un’altra persona. In esso c’è qualcosa di conosciuto e di misterioso, di familiare e di perturbante, qualcosa che di continuo sfugge, qualcosa che – come il blu – è del giorno e della notte.
Quando incontri un timbro blu non ti senti attratta dalla sua musicalità, ma dal suo punto oscuro che si connette al tuo punto oscuro. Ecco la ragione per cui il legame tra due individui risulta così intimo e intenso: perché, anche se non lo si percepisce, la voce vi gioca un ruolo cruciale».
IL TONO È PIÙ FORTE DEL MESSAGGIO
Da uno studio delle università americane di San Diego e della Columbia, è emerso che il tono della voce di chi comanda è più stabile (si mantiene verso il medio-acuto) rispetto al tono di voce dei “sottoposti”.
Per l’intensità, invece, chi è in basso la varia molto meno di chi è in alto. È stato notato anche che la vocalità utilizzata per veicolare direttive e rimproveri (grave e in gradazione di volume) risulta più incisiva del contenuto stesso dei messaggi.
RISENTIRTI TI IRRITA E DÀ FASTIDIO? ECCO PERCHÈ
Ti sarà di certo capitato di ascoltare una registrazione del tuo parlato e di pensare “Sono davvero io? Che brutta voce!”. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Perception ha indagato questo fenomeno diffusissimo attraverso un esperimento, che può essere riprodotto a casa con l’aiuto di un altro.
Un campione di persone ha sentito una serie di voci registrate, fra le quali c’era (a loro insaputa) anche la propria. Quando è stato il momento di valutare la gradevolezza di ciascuna, chi non ha riconosciuto la sua stessa voce l’ha giudicata positivamente.
Chi, invece, l’ha ritrovata nelle registrazioni, è stato più severo o negativo. In conclusione, la nostra voce udita “dall’esterno” non ci risulta sgradevole in assoluto, ma ci infastidisce solo perché diversa da quella che siamo abituati a sentire.
L’INFLUENZA DELLE EMOZIONI
Oltre a caratteristiche permanenti, la voce ne ha di transitorie, date dalla combinazione di intensità (da forte a piano), tono (da acuto a grave) e tempo (da veloce a lento). «Sono le variabili che utilizzi consapevolmente per costruire una particolare immagine di te oppure suscitare emozioni»,
rivela Raffaella Pellegrini, psicologa specializzata in Psicologia della voce e musicoterapeuta.
«Alzi il tono e il volume quando vuoi importi, mentre sussurri quando hai bisogno di sembrare discreta. Queste stesse variabili, però, entrano in gioco quando provi un’emozione, spesso senza che te ne renda conto.
«Nell’organismo si verifica una sequenza di modificazioni (nel ritmo cardio-respiratorio, nella tensione muscolare, nella postura e nelle espressioni facciali) che influisce sulla capacità di gestione dell’apparato vocale, con il risultato che la tua voce cambia rispetto allo standard».
Perciò, di fronte a un evento spiacevole, scatta la costrizione della faringe, che provoca la nasalizzazione della voce, che diventa “stretta”. Invece, se sei contenta la muscolatura si rilassa e la voce diviene ampia.
QUESTIONI DI CUORE
L’attrazione verso una persona non si può nascondere né agli occhi né soprattutto alle orecchie degli altri. Anche se la conversazione con un uomo che ti piace ti sembra uno scambio neutro di convenevoli (“Come stai, che stai facendo?”), non è proprio così. A chi ti ascolta, infatti, possono bastare meno di due secondi per decifrare le emozioni celate nella voce.
Lo ha scoperto una ricerca del Dipartimento di psicologia dell’Albright College, in Pennsylvania. «La voce di chi parla con un (potenziale) partner è percepita da un terzo soggetto come più piacevole e sexy», spiegano gli autori dello studio. «Questa intuizione o sensazione trova conferma dalle analisi acustiche, che rilevano una modificazione della voce, in particolare un suo tentativo di assomigliare a quella dell’amato/a.
Insomma, una donna che parla con un uomo che desidera tende a utilizzare un registro più grave, mentre un uomo si sposta verso un registro più acuto». Perché succede? Sempre secondo gli studiosi, si tratta di un modo inconsapevole (e perciò difficilmente controllabile) per comunicare un forte desiderio di intimità,connessione e somiglianza con l’altro.
Articolo pubblicato sul n.10 di Starbene in edicola dal 21/02/2017