Violenza sulle donne: i consigli per aiutare

Per tirare fuori da quella situazione una persona che conosci, occorre la strategia giusta. Ecco cosa suggeriscono gli esperti



di Francesca Trabella

Sei preoccupata perché una donna a te vicina (amica, sorella, collega...) ultimamente si comporta in modo “strano”: è diventata ansiosa, si è chiusa in se stessa e, magari, mostra anche segni fisici come lividi o ferite su cui sorvola, oppure che giustifica con racconti improbabili. Temi che lei possa essere vittima di violenza da parte del suo compagno, vorresti aiutarla, ma non sai da che parte iniziare.

«Avvicinala con tatto, in un momento di tranquillità e in un contesto di privacy, poi dille che sei in pensiero perché la vedi  diversa, turbata, spaventata», suggeriscono due esperti dell’università Ludes di Lugano, Alessandro Bozzi (ricercatore in criminologia) e Andrea Carta (psicologo e psicoterapeuta, docente di psicologia).

«Evita però di sottoporla a un interrogatorio: si allontanerebbe ulteriormente. Se inizierà a confidarsi, accogli il suo racconto senza esprimere giudizie senza cercare di sapere i particolari.

Tieni presente che, spesso, le vittime di abusi tendono a negare o a minimizzare ciò che subiscono: il fatto che qualcuno le inviti a parlare può essere un primo passo verso la presa di coscienza della loro situazione, il riconoscimento e l’ammissione della violenza.

In altre parole, mentre svela il suo dramma a te, la donna si chiarisce con se stessa: un momento delicatissimo che devi saper gestire cercando di mantenere la calma e di non sconvolgerti».

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NON FARLA TROPPO FACILE

«Se vuoi aiutare la persona in difficoltà, non prospettarle facili soluzioni come “Vai dai Carabinieri a denunciarlo”: la denuncia di per sé non protegge. Anzi, in alcuni casi può risultare persino controproducente», rosegue Elsa Antonioni.

«Siccome ci sono tre mesi di tempo per presentarla, meglo aspettare e consultarsi prima con un esperto (vedi qui di seguito). Certo, in caso di rischio immediato di aggressione e/o di degenerazione è bene chiamare le forze dell’ordine, ma questo non comporta la denuncia (che può comunque essere presentata in un secondo momento).

Un’altra semplificazione tanto comune quanto ingenua è “Vieni via subito, ti ospito io”. Probabilmente la vittima ha già pensato alla fuga, ma non è riuscita a metterla in atto. Infatti, è più difficile di quanto sembri perché la donna è costretta a lasciare tutto nella casa del partner.

Dopo qualche giorno si renderà conto di non avere prospettive e tornerà sui suoi passi, esponendosi a rivalse e finendo col rivelare dove è stata e chi l’ha protetta (il che significa “bruciarsi” una via di fuga futura)». 

NON FARTI TRAVOLGERE DALL'IMPULSO

«La tua vicinanza è una risorsa grandissima per la vittima: per giocarla al meglio, però, non devi commettere errori, che possono peggiorare la condizione della donna», avverte Elsa Antonioni, socia fondatrice e operatrice della Onlus “Casa delle donne per non subire violenza” (casadonne.it).

«Perciò se pensi: “Ora vado da lui e gli parlo”, non farlo: l’abusante potrebbe aggredirti fisicamente, oppure, se è un abile manipolatore, ti convincerebbe che lui è innocente e che la vittima è bugiarda, provocatrice, pazza...

Anche la versione più drastica del “Gli parlo io” - ovvero il “Gli spacco la faccia” scelto da molti uomini vicini alle donne maltrattate (padri, fratelli, amici) - è da evitare: primo, perché riproduce uno schema di violenza e, secondo, perché estrania ulteriormente la vittima, mettendola in una posizione paradossale.

La donna, infatti, può sentirsi responsabile dell’incolumità sia di chi vuole difenderla, sia di chi la minaccia, ovvero un uomo a cui lei si ritiene legata».

NON AGIRE AL SUO POSTO

«Non bisogna cedere neanche alla tentazione di voler agire per conto della vittima», ammonisce l’esperta. «Il fatto che lei si sia lasciata sopraffare e che abbia paura, non significa che non sia più in grado di prendere decisioni e di agire.

L’atteggiamento giusto consiste nel rassicurarla sul fatto che verrà il momento in cui ce la farà. Non da sola, certo: deve essere aiutata da persone preparate e informate. Dove le trova? Al numero 1522,  dedicato alla violenza e allo stalking, attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Si può anche rivolgere a un centro antiviolenza (comecitrovi.women.it), dove ci sono operatrici che spiegano qual è il rischio reale a cui è esposta la vittima, forniscono una consulenza gratuita iniziale legale e specialistica, insegnano a rapportarsi al meglio sia con le forze dell’ordine sia con i servizi sociali. E, in caso di bisogno, offrono alloggio e protezione. Per ricominciare a vivere, finalmente».

Articolo pubblicato sul n.32 di Starbene in edicola dal 26/07/2016

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