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Ritardatari cronici: perché si comportano così e cosa fare

Sei sempre in ritardo? Potresti far parte dei CLIPS, i ritardatari cronici patologici. Ma migliorare è possibile, con la voglia di cambiare e l’aiuto giusto

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 di Giorgia Martino


“Uh, poffare poffarissimo! È tardi! È tardi! È tardi!” diceva preoccupato il Bianconiglio ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Se questo ritardo fosse percepito o reale non lo sapremo mai. Ma di sicuro tutti abbiamo almeno un parente, partner o amico che non è puntuale. O magari siamo proprio noi a prenderci i nostri dieci minuti in più per arrivare a un appuntamento.

Nulla di nuovo o strano, storie di ordinaria amministrazione, se si tratta di episodi sporadici e che non incidono sulle relazioni di un individuo. Se però la tua mancanza di puntualità è costante tanto da farti etichettare come maleducato e inaffidabile da chi ti circonda, potresti far parte dei cosiddetti CLIPS, ossia le persone disturbate da ritardo cronico (Clinically Late Insane People). Questo acronimo è stato coniato da Tim Urban, scienziato americano che intravede una patologia nelle persone il cui ritardo diventa parte integrante della personalità.

Nonostante il disturbo non esista nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), nel 2013 un uomo scozzese di 57 anni, Jim Dunbar, ha fatto notizia per aver ricevuto proprio la diagnosi di un disturbo denominato “Chronical Lateness” (ritardo cronico) da parte dei medici del Ninewell Hospital di Dundee.  All’uomo, da sempre costantemente in ritardo a matrimoni, funerali e visite mediche (probabilmente anche quella menzionata!), gli esperti hanno diagnosticato che il suo ritardo cronico dipende da un disturbo che riguarda l’area del cervello coinvolta nel deficit di attenzione e iperattività (ADHD, Attention Deficit Hyperactivity Disorder): questa condizione impedirebbe al soggetto di calcolare i tempi prima di un appuntamento.

Ma il ritardo cronico è davvero solo un problema neurobiologico o c’è di più? Si potrebbe trattare anche di un blocco di origine psicologica? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Cristina Nobili, psicologa psicoterapeuta a Roma.


Ritardo cronico: le cause

Escludendo cause mediche, come nell’esempio di Jim Dunbar, le motivazioni prettamente psicologiche che determinano il ritardo cronico possono essere davvero tante, e talmente numerose da risultare difficilmente elencabili. «Giusto per fare qualche ipotesi, il ritardatario cronico potrebbe aver appreso questo atteggiamento dai propri modelli di riferimento», afferma la Nobili, adducendo così una possibile spiegazione, riferibile a un semplice comportamento acquisito durante l’infanzia.

Ma non è solo questione di educazione: dietro questo fastidioso atteggiamento potrebbero nascondersi bisogni molto più inconsci. «Potremmo ipotizzare che, da parte del soggetto con significativi problemi di ritardo, ci sia una difficoltà a considerare le priorità, per cui il proprio atteggiamento sarebbe il risultato del desiderio di voler fare più cose insieme», sostiene la nostra esperta.

Spesso i ritardatari possono essere persone che tendono a voler compiacere il prossimo, per cui sono in perenne ritardo o perché impiegano molto del proprio tempo per sbrigare affari di amici e parenti, sottraendone a se stessi, o perché hanno paura del giudizio degli altri, esasperando così la fase della propria preparazione (abbigliamento, pettinatura, trucco). «In questo secondo caso, probabilmente, c’è un aspetto più legato alla prestazione e all’ansia» precisa la Nobili.

Inutile dire che, arrivando “puntualmente in ritardo”, il giudizio degli altri sarà comunque feroce.

 

Conseguenze negative nelle relazioni

L’impatto di un ritardo continuo (soprattutto quando non si tratta di qualche minuto) può essere molto negativo per le relazioni del soggetto reo di attese snervanti. Il povero malcapitato che ha un appuntamento con il ritardatario sa già di non poter contare sulla sua parola, accusandolo di essere maleducato, irrispettoso, sciatto, indifferente ai bisogni altrui. E da qui al litigio col partner, alla rottura dei rapporti di amicizia, alla scarsa considerazione di capi e colleghi, il passo può essere molto breve.

Questo contesto crea un circolo vizioso che va a investire lo stesso ritardatario che, secondo la nostra esperta, va inevitabilmente a soffrirne. «Sicuramente il ritardo costante ha un impatto sul soggetto, che può sentirsi in colpa ed essere sempre trafelato e agitato. Allo stesso tempo, nonostante il desiderio di cambiare, può sentirsi impotente e passivo di fronte alla situazione che lui stesso provoca». Il ritardo patologico è più forte di chi ne soffre? Sì, ma si può guarire.


Come guarire dal ritardo cronico patologico

Il primo passo per migliorare la propria puntualità è, ovviamente, essere consapevoli di avere un problema con la gestione del tempo. Nel momento in cui si riconosce di avere un disagio, si è già a buon punto, perché si è disposti a cercare una soluzione.

Da soli si può ragionare per obiettivi graduali, ad esempio impostando più sveglie nell’arco della preparazione all’appuntamento, ognuna riferita a un’attività specifica (fare colazione, lavarsi, vestirsi, portare il cane a spasso): il rispetto di questi piccoli promemoria ci aiuta ad organizzarci meglio, portandoci a uscire di casa all’ora prefissata e non più tardi.

Oppure, se in autonomia non si riesce a lavorare per obiettivi, è possibile chiedere aiuto a uno psicoterapeuta per comprendere le ragioni alla base del proprio comportamento. Tuttavia, occhio a non demonizzare qualsiasi persona non puntuale come “ritardatario patologico”! «Per definire un comportamento come “anomalo”, bisogna considerare quanto questo incida in modo significativo nella vita di chi lo mette in atto, causando così eventuali grossi disagi in ambito lavorativo, sociale o in altre aree importanti della vita». Niente paura, dunque: nel caso in cui la mancanza di puntualità sia frequente ma non vada a inficiare la vita del soggetto, si tratta di un atteggiamento definibile ancora come “ordinario”.


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