Come e quando arieggiare casa e perché è importante farlo

Diluire l’aria viziata presente nei locali chiusi con quella più pulita proveniente dall’esterno è fondamentale per la nostra salute. Alcune regole possono aiutarci a farlo nel modo corretto



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Anche in casa la qualità dell’aria è fondamentale per il nostro benessere.

«Il 40 per cento dei decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico, circa 80 mila solo in Italia, è dovuto proprio all’aria che respiriamo negli ambienti chiusi», riferisce il professor Alessandro Miani, presidente dell’Environmental Health Research Organization, presidente della Società italiana di medicina ambientale e responsabile Italia dell’International WELL Building Institute.

«Ma si tratta certamente di un dato sottostimato, tenendo conto che mediamente trascorriamo “confinati” il 90 per cento della nostra vita. I soggetti più fragili sono senza dubbio anziani, bambini e pazienti allettati, ma tutti rischiamo di procurarci effetti dannosi sul sistema cardiocircolatorio, respiratorio e immunitario».

Aria indoor, quali sono i pericoli

Materassi, cuscini, poltrone imbottite, tappeti e arredi rappresentano il terreno fertile per potentissimi allergeni: si tratta principalmente degli acari della polvere, microscopici parenti del ragno che si nutrono di desquamazioni umane o animali, come forfora, resti di cute, peli e capelli.

Alcune condizioni ambientali, come l’elevata temperatura associata a umidità e scarsa ventilazione, ne favoriscono la produzione, rendendo la permanenza fra le mura domestiche “rischiosa” come una passeggiata al parco per i soggetti allergici. Ma se non arieggiamo costantemente le stanze, rischiamo anche di causare un aumento di vapore acqueo – che si forma in modo naturale respirando, cucinando, lavando i panni o facendo la doccia – e, di conseguenza, i fenomeni di condensa e muffe: queste ultime sono un tipo di fungo formato da più cellule, organizzate in strutture che somigliano ad accumuli di fili molto sottili oppure spugne o schiume. Possono rilasciare piccole spore nell’aria, che se inalate rischiano di causare una reazione allergica, ma rappresentano anche un ulteriore cibo per gli acari.

«Come se non bastasse, l’aria indoor potrebbe essere viziata da sostanze inquinanti o irritanti, come composti organici volatili contenuti nei profumatori d’ambiente, monossido di carbonio prodotto dai fornelli a gas, formaldeide presente nei mobili, nella tappezzeria e in alcuni prodotti per la pulizia, e così via», elenca il professor Miani. «Un ulteriore pericolo è costituito dal Radon, un gas radioattivo presente in natura, inodore e incolore, che in Italia è responsabile del 10 per cento dei tumori del polmone, per cui rappresenta la seconda causa di questa malattia dopo il fumo di sigaretta».

Il gas Radon è diffuso soprattutto nei terreni di origine vulcanica, come quelli di Lazio e Campania. «Emerge spontaneamente dal terreno e penetra nelle nostre case, soprattutto se prive di solette di fondazione o bocche di lupo verso l’esterno».

Quando circola un virus

La pandemia di Covid-19 ha imposto una riflessione sulla qualità dell’aria indoor anche rispetto ai potenziali agenti patogeni espirati con i micro-droplet, cioè attraverso le goccioline di saliva che vengono emesse starnutendo, tossendo o semplicemente parlando e respirando.

«In tal senso, dalla comunità scientifica è arrivato un importante contributo, perché è risultato che, grazie a un qualunque dispositivo di misurazione della CO2, è possibile verificare la salubrità dell’aria», racconta il professor Miani. «Questi dispositivi sfruttano un sistema a semaforo con colori verde, giallo e rosso, che si illuminano a seconda della concentrazione di anidride carbonica presente nell’ambiente».

In base agli studi internazionali, se la rilevazione è pari o inferiore a 700 ppm, parti per milione, il semaforo risulta verde, per cui l’aria è pulita: significa che c’è meno dell’1 per cento di possibilità di respirare aria già espirata da altri. «Quando invece la luce è gialla o rossa, significa che la stanza va aerata aprendo porte e finestre, in modo da riportare la CO2 sotto la soglia di sicurezza».

Se in epoca di Covid-19 l’eventuale semaforo verde consentiva di permanere in tutta tranquillità negli ambienti chiusi, anche senza mascherina in presenza di altre persone, questa metodologia può essere utile in tutte quelle situazioni domestiche in cui un famigliare sia affetto da qualche patologia infettiva, a partire dall’influenza, visto che ciascuno di noi emette costantemente nell’ambiente delle particelle di aerosol, talvolta contaminate da virus o batteri.

Quando arieggiare casa

Non esistono, invece, studi conclusivi che indichino il tempo corretto di ventilazione degli ambienti domestici per migliorare la qualità dell’aria complessiva. «Tutto dipende dalla dimensione dell’abitazione, dalla sua posizione, dal livello di inquinamento esterno, dal clima atmosferico e così via: insomma, sono troppe le variabili da tenere in considerazione per fornire un dato univoco», precisa il professor Miani.

«Detto ciò, per evitare un accumulo degli inquinanti sia gassosi, sia in fase particolata, è fondamentale aerare gli ambienti almeno 5-6 volte durante la giornata per cinque minuti, a prescindere dalla temperatura esterna». Se la casa si affaccia su una strada molto trafficata, bisogna tenere le finestre chiuse durante il giorno e ricambiare l’aria la mattina presto, quando i livelli di smog sono più bassi.

«Fondamentale è arieggiare bene la camera da letto, perché questo aiuta a combattere gli acari che si annidano in materassi e guanciali, ma non dobbiamo trascurare neppure bagno e cucina, le stanze più inquinate della casa», sottolinea il professor Miani. «Molti prodotti per l’igiene e la bellezza, come i solventi o gli smalti per le unghie, così come gli inquinanti generati dai fornelli a gas aumentano in pochi minuti le sostanze volatili tossiche che minano la nostra salute».

L’ideale sarebbe tenere la finestra aperta durante le attività di cucina, di manicure o di pulizia domestica.

Come controllare l’umidità

Per evitare la formazione di muffe, invece, bisogna tenere sotto controllo il livello di umidità: possiamo farlo con un igrometro, un dispositivo – molto economico – che consente di misurare l’umidità relativa, cioè il rapporto tra l’umidità assoluta (la quantità di vapore acqueo presente nell’atmosfera in un dato istante) e l’umidità di saturazione (la quantità massima di vapore acqueo che può essere presente a una data temperatura e pressione).

A grandi linee, l’umidità relativa ottimale dovrebbe stare tra il 40 e il 50% d’inverno, tra il 50 e il 60% d’estate. «Questo evita la formazione di inquinanti secondari, quelli che si creano nell’atmosfera attraverso reazioni chimiche tra le varie sostanze presenti», assicura il professor Miani. «Per aiutarci, oltre ad aprire le finestre, creiamo una corrente d’aria tra i vari ambienti».

Cos’è la ventilazione meccanica

Soprattutto nelle case di nuova costruzione, sono piuttosto diffusi i sistemi di ventilazione meccanica controllata (VMC), che garantiscono un automatico e costante ricambio d’aria tra ambiente esterno e interno anche quando le finestre sono chiuse.

«La scelta migliore è la VMC decentralizzata a doppio flusso: dopo aver praticato due fori nella parete, si applica uno split simile a quelli dell’aria condizionata attraverso cui viene sia aspirata l’aria esterna, pre-filtrandola e riscaldandola nei mesi invernali, sia sottratta l’aria viziata interna, che viene espulsa all’esterno», conclude l’esperto.

Vanno di moda anche i purificatori d’aria, ma attenzione: non ne è sufficiente uno per tutta la casa e, soprattutto, devono essere dispositivi validati scientificamente, dotati di filtri HEPA in uscita o di filtri ad acqua, questi certamente più sostenibili, e capaci di eliminare tutti i tipi di impurità dall’aria fino alle dimensioni nanometriche, compresa la componente biologica (virus, batteri, spore di muffa, funghi, ecc).

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