Mentre il virus riempiva i nostri pensieri e la nostra vita, le altre malattie non hanno smesso di mietere vittime. Anzi, hanno “approfittato” della paura della gente di recarsi in ospedale per la pandemia, o anche dallo specialista di riferimento, per fare i controlli periodici, rimandando a “periodi più sicuri e migliori”. Filippo Anelli, presidente della Federazione italiana dell’Ordine dei medici ha lanciato un allarme in questo senso: secondo l’Istat ci sono stati 30mila morti in più per patologie non collegate al Covid nel 2020, tumori e malattie cardiovascolari in testa, con una terza emergenza: la depressione.
E per certe patologie anche solo pochi mesi di dilazione dei controlli possono cambiare le nostre chance di evitare i guai peggiori o, se non è possibile, prenderli in tempo. Dunque il check up, se ieri era un’arma di prevenzione importante, oggi lo è ancora di più. Certo, dipende dal tipo di check up e da dove lo fai.
Per questo abbiamo intervistato chi ha scoperto e portato in Italia, più di vent’anni fa, una invenzione tutta americana, destinata all’inizio ai supermanager e oggi alla portata di tutti i pazienti, fiore all’occhiello dei migliori programmi di protezione-salute (esistono servizi digitali che permettono, attraverso piattaforme sul web e app mobile, un facile accesso a visite mediche e check up disponibili sull’intero territorio nazionale).
«Un Check-up generico, cioè una specie di insieme di esami e accertamenti di base e standard serve a poco, come prevenzione. Completamente diverso un check up mirato sulla persona, basato non solo sui suoi problemi contingenti, ma anche sul suo passato, la storia della sua famiglia e i rischi correlati », spiega Bruno Restelli, direttore del poliambulatorio e day surgery del Centro Diagnostico Italiano, responsabile dell’area Cdi check up.
Perché un check up farlo da “sani”
Il check up di ultima generazione è innanzitutto una specie di mappa dei rischi di ognuno di noi. «È la prevenzione primaria: attraverso il check dobbiamo individuare quelle alterazioni, anche minime, nell’organismo di una persona sana, per cercare di mantenere lo stato di benessere», spiega il dottor Restelli.
«Si individuano anche i fattori di rischio, a partire da quelli cardiovascolari: quindi la pressione, la sedentarietà, la dislipidemia (cioè i livello dei grassi nel sangue, a partire dal famigerato colesterolo “cattivo”, l’Ldl), in modo da poter mettere subito in atto tutta una serie di accorgimenti che non sono sempre e solo farmacologici, ma di modifica dello stile di vita».
E poi c’è la prevenzione secondaria. «Qui cerchiamo di scovare patologie già presenti, ma che non hanno ancora dato dei sintomi importanti», spiega il nostro esperto. «Il lavoro fondamentale da fare è la prevenzione dei tumori negli stadi più precoci, quelli dove con le cure adatte si fa la differenza, si guarisce».
Ci sono esami utili e inutili
La personalizzazione nella prevenzione è fondamentale. «Si è visto, nella storia dei check up, come abbia poco senso fare una batteria di esami simili per più persone, che invece devono essere mirati al massimo», osserva Restelli. «Parlando col paziente, anche della storia della sua famiglia, e con la visita preliminare, possiamo pianificare un programma diagnostico e di prevenzione personalizzato che non solo protegga la salute della persona per il futuro, ma individui punti di miglioramento per il proprio benessere».
Anche il tipo di vita cambia gli esami: «Per esempio, in un fumatore, il tumore della vescica ha un’incidenza doppia rispetto ai non fumatori: non si può non tenerne conto».
Check-up, dal dietologo allo psicologo
Un altro punto forte del moderno check up è la possibilità di coinvolgere qualsiasi tipo di specialista. Per esempio lo psicologo o lo psichiatra, visto che la pandemia ha prodotto nuove epidemie collaterali quali quella della depressione.
«La diagnosi e il colloquio iniziali con l’internista sono importanti anche per questo: il dentista, l’otorino, il dietologo… qualunque situazione richieda l’intervento dei vari specialisti ha la sua immediata risposta e visita», spiega Restelli. «Non serve che ci sia la prova provata che c’è questa necessità: basta che si accenda una spia che spinge il tutor a voler approfondire anche quel settore, così il check è davvero un abito su misura».
Check completo tutto in un giorno
Un altro grande vantaggio di questi moderni check up è la velocità. «Si arriva al mattino e tutto è fatto, al massimo, nel primo pomeriggio. In genere in 4-5 ore il check è completo: ovvio che la colonscopia, che va preparata, si farà il giorno dopo, mentre se è richiesta la gastroscopia viene eseguita subito. Ogni paziente poi, una volta a casa, avrà la mail e il cellulare del suo tutor per qualsiasi problema durante l’anno.
«Il paziente acquisisce così un nuovo punto di riferimento sanitario oltre al suo medico di famiglia o eventuali specialisti già frequentati, con i quali si potrà instaurare una collaborazione», conclude Restelli.
Viene poi stilata una lettera conclusiva che dà il quadro della situazione e che può essere data in copia a chi ci ha già in cura o in ogni evenienza (anche al Pronto Soccorso), tutti i consigli utili di stile di vita ed eventuali farmaci o altri accertamenti da fare o programmabili periodicamente. Insomma, in mezza giornata tiri un respiro di sollievo, archivi la pratica fino al prossimo controllo, hai nuovi punti di riferimento e un programma di benessere per proteggere concretamente il tuo futuro. Al netto del Covid.
Il nuovo tutor della salute
Già prima della pandemia il trend della medicina in generale non era proprio favorente una prevenzione ottimale, screening e altre lodevoli iniziative a parte. Il sovraccarico, non solo burocratico, dei nostri medici di famiglia è noto. In più, i grandi ospedali hanno visto piano piano ridursi il ruolo del medico internista, quello specialista che dovrebbe avere la visione generale del paziente e aiutarlo a scegliere gli specialisti giusti per il suo problema, un vero supervisor della nostra salute o, se preferite, il triage per eccellenza a livello specialistico.
«Da noi qualsiasi check è coordinato da un medico internista che svolge proprio la funzione di tutor», spiega l’esperto. «Gli specialisti sono preziosissimi, ma nella maggior parte dei casi, giustamente, si concentrano sui loro distretti. Ci vuole una persona che veda la mappa dell’intera città e non solo dei singoli quartieri “a rischio”. Sarà l’internista quindi a programmare gli accertamenti preliminari e, al termine, tirare le somme in un riassunto che sarà la fotografia “satellitare” del nostro stato di salute, più le indicazioni su cosa va fatto per il futuro, ponendo delle priorità rispetto a quello che hanno detto i singoli specialisti».
QUANDO FARE UN CHECK-UP
- 18 anni
Per i maschi
Non essendoci più la visita militare, quella che intercettava tanti problemi urologici (e non solo) fino a portare all’infertilità, un controllo generale va fatto intorno ai 18 anni. «È un Check semplice, con pochi accertamenti mirati soprattutto alla funzionalità del cuore (tenendo conto dell’attività fisica) e dell’apparato riproduttivo», spiega Restelli. «I testicoli sono in salute? C’è un varicocele, cioè una dilatazione anomala delle vene nella zona dello scroto? Una visita internistica generale e fatta bene permette di ottenere le principali risposte».
- 25 anni
Per le donne
Per le donne il primo Check è raccomandabile intorno ai 25 anni. «Oltre ai controlli personalizzati, sarà in questi casi il ginecologo a guidare il percorso diagnostico, compresi eventuali problemi relativi all’infertilità», spiega l’esperto.
- 40 anni
Per tutti
In testa l’accertamento di eventuali malattie cardiovascolari, seguite dai tumori polmonari, all’intestino e, per le donne, il seno e l’apparato riproduttivo. Attenzione al fumo: espone a più rischi, in particolare per gli uomini al tumore della vescica, oltre al polmone.
- Dopo i 50 anni
Per tutti
Dopo i cinquant’anni per gli uomini è strategico il Check urologico, mentre per le donne il cuore diventa un organo a rischio come nell’uomo. «Nessuna particolarità invece legata alla menopausa, perché non si tratta di una patologia e, ancora una volta, ogni donna risponde a questa fase in modo diverso: c’è chi non ha nessun sintomo e chi ha le vampate. In questi casi soccorre la figura del ginecologo endocrinologo».
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Articolo pubblicato sul numero n° 9 di Starbene in edicola dal 10 agosto 2021