di Roberta Camisasca
Le chiamiamo sensazioni “a pelle” e proprio sulla pelle lasciano un’insospettabile traccia. Lo dimostra uno studio del dipartimento di Neuroscienze sociale della Sapienza università di Roma, realizzato in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia.
Attraverso una termocamera ad altissima sensibilità, i ricercatori hanno rilevato un’associazione tra i cambiamenti di temperatura facciale e il modo in cui percepiamo chi ci sta attorno.
L’emissione di calore, cioè, cambia se a prima vista un estraneo ci risulta più o meno affine a noi. Ma che peso dobbiamo dare a queste sensazioni? È possibile che basti il colpo d’occhio per decidere che una persona non diventerà mai nostra amica?
È l'inconscio che parla
«Le sensazioni immediate sono valide alleate ed è sempre utile ascoltarle quando ci trasmettono un segnale, negativo o positivo, che arriva dall’esterno», commenta Chiara Venturi, psicologa e psicoterapeuta a Milano e Rimini.
«L’inconscio coglie aspetti della persona che ci troviamo di fronte prima che queste sensazioni arrivino alla parte consapevole della mente. Ma per decidere in modo opportuno se approfondire la conoscenza o meno, deve subentrare la parte razionale di sé».
Osserva, ascolta e decidi
Per evitare di prendere decisioni dettate solo dall’istinto, quindi, è indispensabile darsi del tempo. La dottoressa Chiara Nardini, psicologa e psicoterapeuta a Milano, suggerisce tre step.
1. «Il primo è osservare la nostra reazione. Quando incontriamo qualcuno, le sensazioni epidermiche si riagganciano a memorie emotive antiche: quelle positive ci consentono con immediatezza di aprirci alla relazione con l’altro, quelle negative di ritrarci», spiega l’esperta.
2. «Una volta che è affiorata la sensazione, accogliamola e ascoltiamo cos’ha da dirci», prosegue. «Chiediamoci cosa ci ricorda del nostro passato, a cosa o a chi è legata. Questo passaggio ci assicura di non scambiare la persona che abbiamo di fronte con un “fantasma” della nostra storia.
Chiarita la somiglianza, ma anche la differenza con il prima, passiamo a un’analisi più dettagliata, facciamo un elenco ragionato delle luci e delle ombre di chi abbiamo di fronte».
3. Chiediamoci quanto ci interessa avere a che fare con chi ci suscita tali sensazioni: se l’interesse è nullo, una sensazione epidermica “sbagliata” non crea troppi danni. Se siamo costretti a relazionarci, per esempio sul lavoro, è fondamentale prendersi del tempo per analizzare con attenzione chi abbiamo di fronte.
Infine, è buona cosa “avvicinarsi” all’altro a piccoli passi, aprendosi un po’ alla volta, senza trincerarsi dietro muri insormontabili, bloccati dalla paura di farsi male».
Quando ci attrae il negativo
Talvolta sono proprio le caratteristiche sgradevoli ad attrarci. «Succede quando gli aspetti negativi dell’altro ci ricordano qualcuno del passato o della nostra infanzia», sottolinea la dottoressa Venturi.
«Se per esempio abbiamo avuto un genitore distante o poco accudente, la mente, che tende a ripetere le esperienze trascorse e le reazioni emotive passate, può sentirsi affascinata dalle persone che mostrano le stesse attitudini».
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Articolo pubblicato sul n. 45 di Starbene in edicola dal 24/10/2017