Paura di restare da soli: che cos’è l’anuptafobia

In epoca di Covid le occasioni di incontro si sono ridotte e sono aumentati i casi di anuptafobia ovvero la paura di restare da soli e di non trovare un compagno per la vita



225873

Sin da bambini cresciamo con l’idea di doverci "accasare". Ci hanno raccontato che un principe ha svegliato la bella addormentata nel bosco, abbiamo visto la Vivian di Pretty Woman cambiare vita grazie a un uomo e favole simili. Il messaggio indiretto è che, prima o poi, arriva un salvatore a cambiarci la vita. Come se la felicità andasse delegata a qualcun altro. E se l’altra metà della mela non si trova? Beh, a quel punto nasce la paura. Soprattutto in epoca di Covid, in cui le occasioni di incontro si sono ridotte e sono aumentati i casi di anuptafobia (anupta, senza nozze, e fobia, paura), ovvero la paura di restare da soli e di non trovare un compagno per la vita.


Un posto nella società

Accanto ai “fieramente single” c’è chi vive la solitudine con un’ansia esagerata, perché associa il concetto di felicità al fatto di avere una relazione sentimentale, meglio ancora se formalizzata mediante le nozze. “Seppure si scelga sempre più spesso la convivenza, nell’immaginario collettivo il matrimonio resta l’elemento fondante di un nucleo famigliare, ma anche un elemento di riconoscimento sociale”, spiega la dottoressa Anna Scelzo, psicologa e psicoterapeuta a Chiavari, Genova. “Non essere moglie o marito, così come non essere madre o padre fa sentire fuori dal clan: come ci si colloca nella società? Qual è il proprio ruolo?”. Le donne (in particolare quelle fra 30 e 40 anni) sono più inclini al problema, perché pressate dall’orologio biologico, ma ci sono anche moltissimi uomini desiderosi di creare una famiglia. “Per tutti, i momenti più critici sono le vacanze estive o le festività, in particolare il Natale, quando emerge ancora più forte il bisogno di famiglia, abbracci e buoni propositi per il futuro”.


Anuptafobici attivi e passivi

Ma gli anuptafobici non sono tutti uguali. Ci sono quelli attivi, alla spasmodica ricerca di qualcuno con cui fare coppia, e quelli passivi, che si lamentano della loro solitudine ma poi non fanno nulla di concreto per riempire il vuoto.

I primi sono ossessivi e tentano qualunque strada per trovare una persona che possa placare lo stato di ansia: mettono di mezzo gli amici, frequentano siti di incontri, si rivolgono ad agenzie matrimoniali. Per loro, l’identità personale è strettamente legata al fatto di avere un partner al proprio fianco, senza il quale si sentono indesiderati, rifiutati, emarginati, respinti”, racconta Scelzo. “Il disagio degli anuptafobici attivi è tale che, anche quando riescono nell’intento, basano le relazioni sul controllo, sulla gelosia, sulla possessività, nel continuo timore di essere abbandonati”. Spesso alle spalle ci sono dei traumi irrisolti: può essere la classica cotta adolescenziale per qualcuno che ha minato ego e autostima, proprio nel periodo della vita in cui questi due aspetti dovrebbero consolidarsi, oppure un’infanzia trascorsa all’interno di una famiglia anaffettiva e priva di calore, che ha reso bisognosi di continue rassicurazioni. “Tutto questo ha alimentato anche il timore del giudizio sociale: ‘Perché alla tua età sei ancora solo/sola?’, ‘Che problemi hai?’, ‘Devi sbrigarti, quando lo vuoi un bambino?’ e via discorrendo”. Nel frattempo, la maggior parte degli amici ha messo su famiglia e questo fa sentire ancora più inadeguati.

Dall’altra parte, invece, gli anuptafobici passivi hanno il chiodo fisso di trovare la dolce metà, ma nella pratica sono bloccati in una sorta di immobilismo. “Per loro è piuttosto facile scivolare nella depressione, anche perché credono di non valere nulla e hanno l’autostima sotto i tacchi. Di solito sono persone che sin dall’adolescenza manifestano una mancanza di fiducia in loro stesse e credono di non piacere a nessuno, di non essere brave in niente, di valere poco”.

Attivi o passivi, gli anuptafobici hanno bisogno di aiuto. Nei casi più gravi, quando il panico diventa debilitante, può essere utile un supporto psicoterapeutico che indaghi l’origine precisa del problema e aiuti poi ad affrontare la solitudine in modo costruttivo. “Così si evita che la fobia sfoci in psicosi o che comunque infici la qualità di vita, perché ci sono persone talmente concentrate sulla loro paura da diventare inconcludenti negli altri campi”. Non solo. Il fatto di cercare un partner ad ogni costo espone al rischio di incappare in conoscenze sbagliate, magari trovate su app o siti di incontri senza un minimo di selezione, o ancora peggio di cadere nella rete di presunti maghi e fattucchieri che promettono amori da favola.


Come non farsi prendere dall'ansia

Quando l'ansia è molto radicata, può non essere così facile da sedare, neppure una volta centrato l’obiettivo. “Spesso gli anuptafobici scelgono una persona per il semplice fatto di volersi sposare: sono più innamorati dell’idea dell’amore che del loro partner. Celebrano le nozze in breve tempo, senza neppure conoscere l’altro, e non è raro che cerchino di mostrare al mondo una felicità addirittura eccessiva, postando continuamente foto sui social o raccontando agli amici eventi lieti. Una sovraesposizione patologica, che non rispecchia una reale gratificazione”.

E allora che fare per interrompere questo circolo vizioso? Se la problematica non è così accentuata da richiedere l’intervento di uno psicologo, si può cominciare con qualche buona lettura (testi che parlino di autostima) e poi imparare a selezionare gli incontri. “Questo significa non buttarsi a capofitto nella prima relazione che capita, giusto per soddisfare un bisogno atavico e irrazionale, ma concedersi la possibilità di scegliere. Darsi importanza, insomma”, conclude la dottoressa Scelzo. Abbandonando l’idea che in un altro si possa trovare tutto quello che si sta cercando, si può intanto cercare di vivere al meglio a tu per tu con se stessi, trovando il coraggio di scegliere accuratamente le persone da far entrare nella propria vita.

In conclusione: impariamo ad amarci e magari cantiamo “Io che non vivo più di un’ora senza ME”. Non TE. “Iniziamo a dire no, accettiamo i nostri limiti, valorizziamo i nostri successi, perdoniamoci per gli errori commessi e soprattutto coltiviamo i nostri interessi, riscoprendo una passione o un hobby dimenticato: oltre a farci del bene, sarà più facile incontrare chi condivide un pezzetto del nostro mondo interiore. Perché l’amore arriva. E spesso lo fa nei giorni in cui non lo stiamo cercando”.


Fai la tua domanda ai nostri esperti



Solitudine dannosa come 15 sigarette al giorno

Cosa fare per vincere il senso di vuoto e di solitudine

Antonia Liskova: "La solitudine qualche volta è necessaria"

Forse le ragazze sognano ancora il matrimonio: ecco perché

Essere all'antica permette di vivere meglio il presente