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Parlare troppo di sé: che cos’è l’oversharing e cosa fare

Ci sono persone che tendono a monopolizzare le conversazioni oppure condividono mille post sui social, raccontando troppo di sé. L’oversharing, fornire un eccesso di informazioni personali, può nascondere un atteggiamento disfunzionale, che rischia di rovinare le relazioni con gli altri



Sei in fila alla posta e una perfetta sconosciuta attacca bottone, raccontandoti che sta divorziando, che il marito la tradisce con la segretaria, che insieme hanno due figli, che la cognata è un essere spregevole, che sabato andrà a cena con un nuovo spasimante e che non sa proprio cosa indossare per l’occasione. Questo atteggiamento viene chiamato oversharing ed è la tendenza di alcune persone a condividere informazioni private in maniera eccessiva, spesso con interlocutori che non dovrebbero (né vorrebbero) conoscere quei dettagli. «Oggigiorno l’oversharing è diffuso soprattutto sui social network, come Facebook, Instagram o TikTok, dove molti condividono aneddoti della propria vita in maniera eccessiva e inopportuna», spiega la dottoressa Gloria Godioli, psicologa e psicoterapeuta a Pavia.


Che cos’è l’oversharing
Chi fa oversharing non si rende conto di oltrepassare il limite e si approccia agli altri come un libro aperto: sente l’irrefrenabile desiderio di raccontare ogni dettaglio della propria vita, scende in particolari non richiesti e si sente autorizzato a esprimere un’opinione su qualsiasi argomento, anche quando non ne sa nulla. Il suo è un lungo monologo, spesso noioso, quindi non è raro che gli interlocutori restino in silenzio, rispondano a monosillabi, consultino l’orologio o si guardino intorno, come per cercare una via d’uscita.

«Un semplice sorriso di approvazione da parte di chi ascolta o, sui social, eventuale risposta positiva dei follower stimolano il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che attiva i centri del piacere presenti nel nostro cervello», riferisce la dottoressa
Godioli. «Più diciamo o pubblichiamo, più prolunghiamo questo senso di benessere, per cui perpetuiamo il nostro atteggiamento “egocentrico” in tutte le occasioni a disposizione».


Quali sono le cause dell'ovesharing
Se è vero che l’uomo è “un animale sociale”, come diceva Aristotele, e tende a condividere con gli altri esperienze e bisogni, un comportamento disfunzionale come l’oversharing può essere legato al desiderio di ottenere approvazione sociale oppure a una difficoltà nel contenere le proprie emozioni.
«Queste persone desiderano che gli altri le vedano sotto una luce positiva e pensino che la loro vita sia interessante ed emozionante», riferisce l’esperta. «Oppure possono aver interiorizzato degli stati ansiosi piuttosto importanti o aver accumulato rabbia dopo un brutto litigio, per cui cercano una valvola di sfogo attraverso la comunicazione», riferisce l’esperta. Altre volte, invece, può esserci
alle spalle un’infanzia complicata, trascorsa a fianco di genitori anaffettivi: la frustrazione reiterata fa sì che da adulti continuino a ricercare attenzione con un’altissima frequenza di informazioni personali, di solito fornite a estranei, percepiti lontani da quella famiglia di origine “chiusa” a livello emotivo.


Quali sono le conseguenze dell'ovesharing'

L’oversharing crea uno squilibrio nelle relazioni interpersonali e rischia di danneggiarle, perché gli interlocutori si sentono sopraffatti o addirittura imbarazzati, a causa della quantità e della tipologia di informazioni ricevute. «Inoltre, si può ottenere l’effetto opposto rispetto a quello sperato: l’oversharing può attirare critiche e commenti negativi da parte degli altri con un impatto negativo
sull’autostima», tiene a precisare la psicologa.


Come mettere uno “stop” all'ovesharing

Se ci accorgiamo che una persona cara tende all’oversharing, possiamo agire così:

  • facciamola riflettere con calma sulla sua tendenza a monopolizzare i discorsi oppure a eccedere
    con i post personali sui social;
  • aiutiamola a capire qual è lo scopo delle sue pressanti comunicazioni. Sono davvero
    necessarie? Cosa si aspetta dopo averle condivise?
  • mettiamola in guardia sugli eventuali rischi, come il fatto di esporsi a critiche e commenti
    negativi che potrebbero intaccare l’autostima;
  • invitiamola a condividere le informazioni più intime solamente con alcune persone, senza
    mettersi alla mercé di tutti e in qualunque contesto sociale;
  • consigliamole di allenarsi a riconoscere il suo “trigger”, ossia ciò che scatena il bisogno di
    raccontarsi. Ansia? Stress? Rabbia? Noia? Saperlo, la aiuterà a mettere confini sani;
  • suggeriamole delle modalità alternative per la gestione delle emozioni, come delle tecniche di
    respirazione da adottare nel momento in cui avverte il bisogno impellente di comunicare.


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