VIVERE DAY BY DAY
Convivere con la malattia vuol dire anche imparare a vivere giorno per giorno. Affrontando, di volta in volta, i crolli emotivi oppure quelli fisici. «Non si deve risolvere tutto in un colpo solo,ma si può procedere un passo e un respiro per volta», scrive la Sabbage.
«Ce la sto mettendo tutta con il cancro ma, nonostante l’esperienza che ho nello sbarazzarmi della paura, quando attecchisce ci sono ancora giorni in cui penso di non farcela. Avere il cancro è come essere in un campo minato psicologico, in cui ogni passo può sembrare sia provvidenziale sia letale.
Ecco perché serve un forte sistema di supporto medico ed emotivo, professionale e personale. Oncologi, amici fidati, amori. Io vivo per i momenti unici con mia figlia. Vado avanti grazie all’amore per mio marito e la mia famiglia e al loro amore per me». Questa è la migliore medicina. Perché crea le condizioni ideali che, nonostante il dolore, le terapie, le medicine da prendere ogni giorno, innescano questa ristrutturazione positiva del sé.
«Tutte le ricerche dicono che la solitudine aggrava la malattia e i suoi sintomi. Avere accanto famigliari e amici, qualcuno che ascolta e continua a trattarci con affetto, è fondamentale», spiega Sergio de Luigi, psiconcologo. «Anche perché va messo in conto che certe malattie sono come uno spartiacque: non tutti sono in grado di restare accanto all’amica gravemente ammalata.
Alcuni restano, altri si defilano. La vicinanza degli altri, invece, è fondamentale. Anche non chiudersi in casa e continuare a studiare o lavorare, se e quando si può, andare al cinema o in biblioteca, frequentare la parrocchia, aiuta a restare in una rete sociale che tiene alla larga la depressione».
E se chi ha una fede religiosa ha una risorsa in più, secondo gli esperti anche la cultura dà molta forza. «Scambiare con gli altri consigli musicali o di lettura, frequentare un corso di disegno o di storia dell’arte, scrivere la propria autobiografia, sono medicine preziosissime per la mente e lo spirito.
Ma anche antenere la dignità e un minimo di libertà di scelta, come quella di offrire un caffè a un amico o di comprarsi una nuova camicia: è quando siamo privati di una storia di cui, nel bene o nel male, siamo protagonisti, che cominciamo davvero a morire».