L’esercito degli “iperdisponibili” è nutrito ma anche variegato perché c’è più di un modo per compiacere le persone che ci stanno a fianco. Tutti, però, hanno un denominatore comune: la scarsa autostima e la paura di essere messi da parte. La psicoterapeuta Emma Reed Turrell, dirigente di “The Therapy Loft” a Winchester, in Inghilterra, che per lungo tempo ha avuto questo problema, ha messo a punto un metodo semplice ed efficace per uscire dalla gabbia dell’ansia di piacere. L'abbiamo intervistata. Ecco i suoi consigli.
Ci sono varie tipologie di super gentili?
Nella mia esperienza clinica ho individuato quattro profili. C’è il tipo Classico, che cerca attivamente di compiacere il prossimo e vive degli elogi di ritorno e della sicurezza che ne deriva. C’è la tipologia Ombra, che trascorre la vita cercando di aiutare le altre persone a raggiungere i loro obiettivi e diventa il miglior vice o l’assistente indispensabile. Ecco poi il Consolatore, meno attento a piacere ma sempre impegnato a evitare conflitti tralasciando i propri bisogni. Infine il Resistente, qualcuno che non si identificherebbe affatto come un iperdisponibile, si dichiara indifferente all’opinione altrui ma in realtà ha imparato a evitare il prossimo come difesa contro l’ossessione (la sua) di piacere.
Perché lo fanno?
In effetti le persone iperdisponibili sono considerate “tanto carine” ma spesso di poca sostanza, insomma dei sempliciotti con scarsa personalità e con un unico obiettivo: fare felici gli altri. In realtà questo comportamento è una strategia per mantenere il controllo e difendersi da una bassa autostima, scarso senso di autoefficacia e paura del rifiuto. Temono di non piacere agli altri perché in realtà non si piacciono. È un comportamento che arriva da lontano, nasce durante l’infanzia: se il bambino non è stato aiutato a riconoscere le proprie emozioni, ad accoglierle e a esprimerle, si metterà sempre in secondo piano rispetto agli altri.
Quali sono le conseguenze di questo comportamento?
Se non impara a sintonizzarsi sui propri sentimenti e bisogni, l’iperdisponibile rischia di non riuscire più a connettersi con la sua parte più autentica e inizia a perdere il senso di identità. Affida ad altri la facoltà di renderlo felice e in questo modo, spesso, concede loro la possibilità di essere ferito. Impotente e vulnerabile, può anche cominciare a soffrire di ansia e depressione, innescando una reazione a catena in cui si allontana progressivamente dalle relazioni più autentiche e nutrienti.
Si può guarire dall’ansia di piacere a tutti i costi?
La guarigione inizia quando ci si dà il permesso di ascoltare e capire cosa proviamo. Compiacere se stessi non è egoismo ma un modo responsabile e generoso di impegnarsi nelle relazioni. Non si tratta di dire “prima io”, ma “anch’io”. Il primo passo è realizzare che le emozioni sono come segnali luminosi che ci indicano cosa ci manca, cosa cercare. E cosa evitare. Ovviamente, è necessario affrontare questi cambiamenti con gradualità: se per esempio si è sempre artificiosamente gentili con le persone, non cambieremo lo schema dall’oggi al domani e, per giunta, non tutti apprezzeranno questa trasformazione. Anzi: qualcuno si lamenterà di non trovare l’iperdisponibile pronto a esaudire le solite richieste. Bingo! Questo significa aver imboccato la strada giusta.
All’inizio ci si può allenare nelle situazioni a basso rischio, magari iniziando a dire di no agli inviti di conoscenti o alle richieste di lavoro, preferendo un “Ora non riesco” o “Ci devo pensare, quando hai bisogno di una risposta?” a un semplice rifiuto. A piccoli passi, poi, si può costruire la fiducia necessaria per dichiarare i propri bisogni ad amici intimi e in famiglia, dove altrimenti il rischio di rifiuto o disapprovazione potrebbe essere troppo grande per avventurarsi nelle richieste.
Come si impara ad amare se stessi?
Quando si è in grado di capire che la felicità degli altri non dipende da noi o da quanto ci sforziamo per essere accondiscendenti. L’amore di sé concede anche agli altri di fare lo stesso e permette di creare relazioni stabili ed equilibrate. Non abbiamo più bisogno di fare affidamento sulle buone impressioni che produciamo, sui suggerimenti che offriamo, sulla piena disponibilità che ci sentiamo obbligati a dare per ottenere che il mondo ci apprezzi. Siamo finalmente in grado di mostrarci per quello che siamo. Di conseguenza, creiamo legami migliori, liberi da pulsioni ricattatorie e vincoli emotivi condizionati.
Diventa il tuo migliore alleato
Chi non rinuncia mai al consenso degli altri è spesso stato un bambino molto obbediente. Un esercizio utile è quello di iniziare a rivedere la relazione con i tuoi genitori (che siano vivi o le loro figure interiorizzate) in modo diverso.
Prendi carta e penna e stila una lista di domande che vuoi (o avresti voluto) fare sulle loro regole e su come ti sei sentita nel seguirle in modo ferreo. Poi immagina le loro risposte, scrivi le emozioni che stai provando e guarda cosa succede. Metterti nei loro panni o esprimere il tuo punto di vista ti aiuterà ad aggiornare la voce dei genitori che hai ricevuto da piccolo. E a diventare il genitore di te stesso, che sarà sempre dalla tua parte.
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