Non gustiamo più nulla
Quello che viene a mancare, paradossalmente, è proprio la realtà, il momento vissuto fino in fondo, la capacità di cogliere e godere dell’attimo dedicato a noi e al nostro pasto. Senza rendercene conto, anziché ampliare i nostri orizzonti, rischiamo di rimpicciolire la nostra vita.
È chiaro, infatti, che l’uso eccessivo dei social fa parte delle cosiddette new addictions. Dipendenze considerate “nuove”, in quanto non più legate a sostanze (alcol, tabacco, droga), ma a qualcosa di più impalpabile, come le scommesse, gli acquisti irrefrenabili, il nutrirsi in maniera compulsiva, l’incapacità di staccare dal lavoro o lanecessità di stare 24 ore su 24 in rete.
Si tratta di comportamenti che rischiano di diventare gravemente patologici, se non gli mettiamo un freno. Anche se sembra banale, il fatto di non riuscire a “staccare” nemmeno per un attimo non è indice di socialità, ma di paura: della solitudine, di non essere considerate, di non valere abbastanza, di non essere capaci di sopportare il silenzio, di vedere quello che siamo e come ci sentiamo.
Allora mangiare con il telefonino in mano, perché non si può non rispondere o non sapere chi chiama, oppure collegate a internet, per non lasciarsi sfuggire l’ultimo aggiornamento, diventa un modo per scappare da noi, dal nostro pranzo e dal significato che ha la scelta di consumare questo o quel cibo, in compagnia (o meno) di una determinata persona.