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Disturbo borderline di personalità: cos’è, sintomi, cause, trattamenti

È caratterizzato da instabilità affettiva, paura dell’abbandono, bassa autostima e comportamenti autolesivi. L’esperto spiega l’importanza di un approccio multidisciplinare per il paziente



Caratterizzato da un’intensa instabilità emotiva, il disturbo borderline di personalità interessa milioni di persone in tutto il mondo. Chi ne soffre vive le sue giornate come a bordo di una giostra, con alti e bassi vertiginosi che lasciano senza fiato.

«Presente nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, pubblicato dall’American Psychiatric Association, il disturbo borderline di personalità è codificato: significa che i professionisti della salute mentale possono identificarlo, diagnosticarlo e certificarlo in modo chiaro e standardizzato», spiega il dottor Vassilij Di Giorgio, psichiatra, direttore sanitario di Villa Armonia e Villa S. Alessandro KOS a Roma.

Tipicamente, inizia a manifestarsi nella tarda adolescenza, intorno ai 15-16 anni, e poi evolve nel corso del tempo in comportamenti sempre più accesi e rilevanti.

I tratti distintivi del disturbo borderline di personalità

Rispetto alla schizofrenia o ad altre patologie psichiatriche, la peculiarità del disturbo borderline di personalità è che il paziente presenta dei tratti sintomatologici e non dei veri e propri sintomi: «In psicopatologia, il termine “tratti” indica delle caratteristiche stabili e durature della personalità di un individuo, che influenzano il modo in cui percepisce, pensa e si comporta», descrive l’esperto.

«Il paziente crede e dice di “essere fatto così” e di dover essere accettato com’è, del tipo “prendere o lasciare”. I tratti sono considerati egosintonici, cioè non sono vissuti come disturbanti o come qualcosa da dover cambiare. Sono gli altri ad accorgersi di certi comportamenti abnormi e, spesso, a subirli».


Le macro aree influenzate dal disturbo borderline di personalità

Le macro-aree più influenzate dal disturbo sono principalmente tre: affettiva, cognitiva e comportamentale.

Nelle relazioni affettive, le persone con disturbo borderline di personalità mostrano una marcata instabilità, perché idealizzano l’altro, ma subito dopo lo svalutano. I loro rapporti oscillano continuamente fra “ti amo” e “ti odio”, fra tutto va bene e tutto va male. E questo accade rapidamente, nell’arco di poche ore o giorni.

«Questa instabilità si accompagna a scatti di ira e momenti di rabbia che, talvolta, possono sfuggire al controllo ed esitare in gesti violenti», avverte Di Giorgio.

A livello cognitivo, invece, c’è una scarsa autostima, ma soprattutto c’è la difficoltà nel costruire un’identità personale: «Spesso i pazienti riescono a creare un’immagine di sé che varia in base alla situazione di vita, in modo da raggiungere scopi secondari o conquistare determinati obiettivi con una sorta di manipolazione», racconta l’esperto.

Infine, dal punto di vista comportamentale, c’è un’impulsività che può determinare atteggiamenti aggressivi non solo verso gli altri, ma anche verso se stessi con atteggiamenti autolesionistici, come l’abuso di sostanze, l’assunzione di pasticche o l’infliggersi dei tagli sulla pelle (cutting).

«Di solito questi gesti non tendono mai al suicidio, ma sono un modo per attirare l’attenzione altrui, soprattutto quando i pazienti pensano che qualcuno stia per abbandonarli», ammette lo psichiatra. «Il problema è che a volte le persone non valutano bene il rischio e finiscono al pronto soccorso».

Quali sono le cause del disturbo borderline di personalità

Nel disturbo borderline di personalità non esiste un’unica causa. «Di base, anche se non è verificabile, potrebbe esserci una tendenza genetica a manifestare delle risposte patologiche a condizioni di vita stressanti», commenta il dottor Di Giorgio.

«Ci sono poi alcuni eventi che possono favorire l’insorgenza del quadro, come abusi fisici, separazione dei genitori vissuta in maniera traumatica, morte o allontanamento di un genitore con un conseguente senso di perdita della figura di riferimento».

Come si diagnostica il disturbo borderline di personalità

La diagnosi del disturbo borderline di personalità è un processo complesso, che si basa su una valutazione clinica da parte di un professionista della salute mentale, come uno psicologo o uno psichiatra.

«Non esistono test specifici e definitivi, per cui occorre sempre un colloquio approfondito con il paziente che ne esplori la storia personale, i tratti sintomatologici, l’evoluzione del quadro nel corso del tempo e il tipo di manifestazioni nelle varie situazioni di vita», specifica il dottor Di Giorgio.

Questo consente anche di porre una diagnosi differenziale rispetto ad altri disturbi psichiatrici, come il disturbo bipolare, la depressione o il disturbo post-traumatico da stress, con cui il disturbo borderline di personalità potrebbe condividere sintomatologia e caratteristiche. «La differenza sta nell’intensità, nella durata e nella combinazione di questi sintomi», tiene a precisare l’esperto.

Come si cura il disturbo borderline di personalità

Il trattamento del disturbo borderline di personalità è multidisciplinare e deve coinvolgere diverse figure professionali, come psichiatra, psicoterapeuta e tecnici della riabilitazione psichiatrica. Il primo può prescrivere dei farmaci (come antidepressivi, stabilizzatori dell’umore o antipsicotici) che possano contenere le manifestazioni patologiche gravi, il secondo deve lavorare sulla ricostruzione dell’identità personale e sull’instabilità relazionale, gli ultimi aiutano a sviluppare abilità pratiche e sociali per migliorare la vita quotidiana e i rapporti interpersonali.

«Il grande scoglio da superare è la mancanza di consapevolezza del problema, che non porta mai il paziente a chiedere un aiuto specialistico», spiega l’esperto. «Di solito arriva ai sanitari se c’è un famigliare che lo ha costretto oppure quando il quadro ha raggiunto elevati livelli di gravità e magari lo ha condotto in ospedale per un atto autolesionistico finito male».

Purtroppo, però, l’instabilità delle relazioni che caratterizza il disturbo si ripercuote anche nel rapporto con il terapeuta: inizialmente i pazienti possono idealizzarlo ed elogiarne la capacità di ascolto, ma nell’arco di breve tempo lo svalutano, fino a interrompere la relazione clinica.

Quali sono i risultati

Anche se il percorso viene seguito correttamente, in psichiatria non si parla mai di guarigione completa, ma piuttosto di “recovery”, cioè di un recupero delle proprie capacità di adattamento alla vita all’interno della società.

«In altre parole, si insegna ai pazienti ad avere maggiore controllo sulla quotidianità e sulle proprie decisioni», conclude il dottor Di Giorgio. «È il cosiddetto “empowerment”, che consente anche a chi soffre del disturbo borderline di personalità di stare bene con se stesso, in famiglia e nel proprio contesto lavorativo».


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