“Noi gente moderna ci siamo creati intorno un’immensa palude, che alimentiamo ogni giorno. Eppure, ci stupiamo nel vedere comparire sempre più rospi. Ci innervosiamo nel sentirli gracidare”.
L’incipit del nuovo libro Gli insopportabili di Martin Wehrle (Urra Feltrinelli, 17 €), coach aziendale e giornalista, considerato il “numero uno dei consulenti professionali tedeschi”, è la premessa di quell'intricata giungla di nervosismo, suscettibilità e risentimento che contraddistingue, sempre di più, le nostre relazioni in qualsiasi ambito della vita. Dove c’è sempre qualcuno che non sopportiamo proprio. Dobbiamo darci sotto per distruggerli? No, dice Wehrle, anche con loro c’è un margine di (costruttiva) tolleranza.
Viviamo in un’epoca in cui tutti ci sembrano “insopportabili”. Giusto?
Sì, la nostra società favorisce comportamenti eccessivi, spesso intollerabili. Siamo costantemente sotto pressione, anche nella vita privata: abbiamo meno tempo l’uno per l’altro, siamo in forte competizione con il mondo intero. Le persone si proiettano all’esterno, si fanno grandi e attaccano il prossimo, pur di non essere costrette a guardarsi dentro. A peggiorare questa lotta sociale è che mai come ora il futuro appare incerto, ci vediamo sempre sull’orlo del baratro.
Le persone “terribili” esistono davvero o è una percezione individuale?
Di sicuro, ci sono tipi impossibili per chiunque perché controllano male i propri impulsi, sono privi di empatia o preservano spietatamente il proprio vantaggio. In molti altri casi, però, una persona è intollerabile per noi, e non per gli altri...
Da dove nasce la differenza?
Da come guardiamo l’altro. I soggetti completamente diversi da noi ci sembrano sempre “difficili”. Non sono necessariamente peggiori, sono solo diversi. Nella valutazione, poi, pesa il fattore “ombra”, descritto dallo psicologo Alfred Adler: condanniamo negli altri un comportamento che fa parte anche di noi, ma che ci neghiamo. Perciò, quando vediamo che c’è chi lo vive con disinvoltura, ci arrabbiamo. Vorremmo essere più liberi, ma per non ammetterlo a noi stessi, critichiamo.
Anche noi siamo responsabili della nostra “allergia”...
Nessuno ha il potere di mandarci in bestia, a meno che non siamo noi a permetterglielo. In psicologia si sostiene che l’autoefficacia – la sensazione di poter dominare una situazione – ci faccia vivere meglio. Quello che vince davvero è la fiducia, nel senso più letterale. Quando siamo consapevoli del nostro valore, non siamo così facilmente attaccati o messi alle strette dagli altri. Perché se qualcuno mi chiama “stupido” l’insulto non mi rende “scemo”. Dobbiamo solo stare bene con noi stessi per avere meno problemi relazionali.
Allora, come imparare a sopportare certi personaggi?
Possiamo cambiare solo un tizio in questo mondo: noi stessi. Con i detestabili, vince un’altra tattica, più sfumata: se non ci scomponiamo e non gli andiamo addosso, cambiano anche loro come effetto indiretto del nostro comportamento così composto. Molti soggetti difficili vogliono solo istigarci. Se non abbocchiamo a questo gioco al massacro, smettono rapidamente.
Qualche consiglio pronto all’uso?
Primo: vediamo sempre le persone nel loro insieme e chiediamoci quanto per loro è importante agire così. La comprensione può costruire un ponte sulle trincee. Secondo: diamo al nostro interlocutore un feedback, un segno d’orientamento su ciò che ci aspettiamo da lui e di cui c’è bisogno per costruire un contatto migliore. È una mossa a sorpresa: gli “insopportabili” non sono abituati, certo, a essere accolti!
COME GESTIRE LE PERSONE DIFFICILI
Martin Wehrle ha individuato sette categorie di individui pronti a farci arrabbiare, un giorno sì e l’altro pure. Ecco come affrontarli
La narcisista: "Sono il centro del mondo"
Ha un bisogno continuo degli applausi del pubblico. Se li merita, dice: in fondo, è un concentrato di soli pregi! Le sue parole preferite sono “successo” (le spetta di diritto) ed “eccezione” (pensa che per lei valgano leggi differenti).
- Cosa non fare Con una che si sente Dio, la voglia di dirgliene quattro è forte. Ma mai entrare in competizione né cercare di ridimensionarla: se ci agitiamo, avrà ancora una volta l’attenzione che cerca a tutti i costi, e si sentirà confermata nelle sue (errate) convinzioni.
- Cosa fare È lei che dipende in tutto e per tutto dai nostri complimenti per esaltare il proprio ego, altrimenti si sente nessuno. Elogiamola pure, meglio se in anticipo: se il suo egocentrismo è ben nutrito, riusciamo a farcela amica. E, di sicuro, più rispettosa e attenta a noi.
La perfezionista: "Io non sbaglio mai!"
Non è mai contenta, convinta di poter fare sempre meglio; non vede mai quello che funziona, ma solo quello che non va; non smette mai di controllare, indagare e riordinare daccapo. Un acchiappafantasmi che aspira alla perfezione, senza mai riuscire a raggiungerla.
- Cosa non fare Inutile dirgli che ha pretese impossibili da soddisfare. Quando incontra ostacoli e resistenze, la perfezionista si accanisce per ottenere ciò che vuole. In fondo, vive in un divario tra ideale e realtà, che è la fossa comune delle sue paure.
- Cosa fare Terrorizzata da eventuali errori, pensa di doversi assumere ogni responsabilità. Però, se le garantiamo prevedibilità (dati precisi, puntualità, affidabilità) si sente presa sul serio e nelle condizioni di poter procedere. Senza troppi se e ma.
La catastrofista: "Oddio, andrà tutto male"
Per la catastrofista la vita è un enorme peso che grava sulle sue spalle, pieno zeppo di pericoli. Vede drammi ovunque, anche perché non ha fiducia in se stessa e, per mettersi al sicuro, rinuncia a ogni speranza. Meglio pensare il peggio che avere una delusione!
- Cosa non fare Classica guastafeste, affossa il morale a chiunque con il suo pessimismo contagioso. Superfluo convincerla che certi rischi non esistono, precipiterà di più nel panico: è una sfiduciata che usa le sue insicurezze nell’illusione di vivere tranquilla.
- Cosa fare L’unica strada percorribile è accettare le sue angosce, ipotizzando anche noi gli scenari peggiori: farla ragionare su rischi ”concreti” e non su paure diffuse, le permette di crearsi una rete di sicurezza, pronta all’uso, e abbassare l’ansia.
L'arrivista: "Sono meglio di te"
L’arrivista non smette mai di misurarsi con il mondo; non le basta essere brava, vuole essere la migliore. Ogni incontro per lei è un duello che intende vincere a tutti i costi, senza riguardi. Chi ostacola il suo percorso è un nemico: ha il miraggio di imporre il suo volere su tutto.
- Cosa non fare Prenderla sul personale. L’arrivista vive di attacchi a destra e manca e, perciò, farci colpire dalle sue parole può generare in noi una forte reazione di sottomissione o rabbia. Che poi è quello che lei vuole con la sua strategia sopra le righe: dominare il mondo.
- Cosa fare Contro il suo minaccioso delirio d’onnipotenza ci vuole sangue freddo, e aplomb emotivo. Per farle capire che il conflitto è sbagliato: danneggia il suo totem, il potere, che senza l’appoggio degli altri non esiste.
L'insicuro: "Non so cosa fare"
Di reggersi da solo sulle proprie gambe non è capace, per cui s’aggrappa a tutti quelli che incontra. Il suo “buco nero” è che non riesce a prendere una decisione, come se al posto della sua volontà ci fosse un vuoto che riempie con l’opinione altrui. Per avere protezione, tende a sminuirsi.
- Cosa non fare Non va bene consolarlo: altrimenti lui si adagia. Nemmeno dargli subito un consiglio, sennò si sente motivato a continuare così. E non rendiamoci ricattabili, accettando i suoi continui favori pro benevolentia.
- Cosa fare Le paure (di sbagliare, di non piacere, di non riuscire) dominano la vita di un insicuro. Esistono certo, ma insieme a qualità che ha solo lui: sottolinearle è uno sprint a fargli capire che così com’è è già in grado di fare tanto con le proprie forze.
L'ostruzionista: "Non voglio ordini"
È un’insoddisfatta: si sente trascurata, per cui cova rancore, che sfoga con continue frecciate o spettegolando. Tutto fa meno che cercare un confronto a viso aperto. Poi, se obbligata a fare qualcosa mette in atto piccoli atti di sabotaggio.
- Cosa non fare Gli ordini, gli aut aut... Evitiamoli con l’ostruzionista: non ci dirà di no, ma poi, sotto costrizione, rema ancora più contro: l’unico strumento di ribellione che ha è creare intralci e porre ostacoli, incapace com’è di fare valere i suoi diritti.
- Cosa fare La parola d’ordine è: concederle più spazio possibile per darle l’impressione di poter decidere per se stessa e che non sia in balia degli altri. Sentirà che tra noi e lei c’è quell’ascolto attivo, che placa la preoccupazione di non essere compresa e apprezzata.
L'esibizionista: "Mi piace farmi notare"
Si sente perso se per un attimo non vede i riflettori puntati su di lui. Convinto com’è che tutti debbano amarlo, teme ogni rifiuto e, quindi, è seduttivo. La sua vita è dominata dalle emozioni, e guai a non considerarlo: allora sì che drammatizza, così da generare negli altri i sensi di colpa.
- Cosa non fare Di fronte ai suoi cambi di idea, alle promesse non mantenute e al suo stra-parlare non funziona agitarsi e mettersi a urlare. Sarà ancora più accanito nei suoi comportamenti e contento di suscitarci forti emozioni.
- Cosa fare L’esibizionista vive tutto al massimo per essere certo che gli altri lo ascoltino, lo vedano, lo apprezzino. Ma più lui alza i toni, più noi dobbiamo minimizzare: solo l’indifferenza sposta l’attenzione da lui, e dalla sua smania di pubblico.
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Articolo pubblicato sul numero n° 8 di Starbene in edicola e in digitale dal 13 luglio 2021