I NUMERI VERDI DELLE REGIONI ITALIANE PER CHIEDERE INFORMAZIONI
«Nelle prossime 2-3 settimane capiremo se, con i provvedimenti adottati, il grande “incendio” Coronavirus è stato contenuto o dobbiamo aspettarci un allargamento non solo in numeri di contagiati, ma anche in molte altre Regioni», dichiara Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano, direttore sanitario e superesperto di Starbene, con cui abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Ecco come ha risposto ad alcune delle domande arrivate in redazione.
Professor Pregliasco, le misure prese per contrastare il Coronavirus sono giuste?
Per ora sì. Si cerca di contenere la diffusione del virus senza bloccare tutte le attività sociali e produttive. Però non possiamo aspettarci che si fermi subito perché, come l’influenza classica, ha la potenzialità di arrivare a colpire molte persone (il virus tradizionale, che ora è nella sua fase calante, ha messo a letto circa 5 milioni di italiani), ma le misure di prevenzione con le aree rosse e la quarantena a casa per malati e familiari servono per far sì che la sua diffusione sia ostacolata, graduale e diluita nei mesi, non tutta concentrata in poche settimane. Se evitiamo questo, il Paese non solo non si bloccherà, ma il Coronavirus diventerà come una delle tante influenze, diventando più “buono”.
È vero che il caldo e la bella stagione lo spazzeranno via?
Non è sicuro. Il virus avrà di certo una parabola discendente che durerà qualche mese, arrivando probabilmente alle soglie dell’estate, ma non è sensibile al caldo o particolarmente “aiutato” dal freddo. Ovviamente, chi si prende il mal di gola classico o ha infezioni alle vie aeree è più esposto degli altri perché ha meno difese.
Perché risultiamo fra primi al mondo per diffusione?
Un po’ per sfortuna (il famoso paziente zero è capitato da noi), un po’ perché siamo stati efficienti. Abbiamo fatto tantissimi tamponi, e quindi diagnosi di massa. Ma non durerà a lungo: l’epidemia è destinata a diffondersi, propagandosi in altri Paesi.
Il tampone dà falsi positivi?
Sì. Non sono tanti e comunque non sfuggono al doppio controllo di routine. Quello dell’ospedale che fa la prima visita viene, infatti, sempre seguito da quello dell’Istituto Superiore di Sanità, che lo deve verificare e confermare.
Chi ha fatto il vaccino antinfluenzale è più protetto?
No. Il Covid-19 non è un virus influenzale ed è totalmente nuovo: quindi nessuno, compresi i vaccinati per l’influenza, ha anticorpi protettivi specifici. In più, proprio perché nuovo, non abbiamo ancora un vaccino anti-Coronavirus o farmaci mirati.
È più contagioso dell’influenza?
Un po’ di più ma, per fortuna, è poco resistente al di fuori dell’organismo. Quindi, se non ha un’altra persona a portata di mano, nell’ambiente muore abbastanza velocemente. Il contagio, dunque, non è “automatico”: lo provano anche i tanti tamponi negativi fatti su persone che hanno vissuto a contatto e a lungo con i malati.
È più pericoloso dell’influenza?
No, anche se produce più polmoniti come complicanza, perché il virus influenzale si sviluppa prevalentemente nelle alte vie aeree, e il Coronavirus tendenzialmente in quelle più profonde. Però i sintomi più frequenti sono i soliti: febbre, tosse e raffreddore. In ogni caso, solo il 10% dei pazienti richiede il ricovero, il 5% la terapia intensiva e la mortalità è del 2% circa.
Cosa succede se si è incontrata una persona che lavora a contatto col pubblico e risulta positiva?
In questi casi la prassi è fare il tampone per verificare la presenza del virus nelle persone che sono state più a lungo e a stretto contatto con il contagiato. Innanzitutto i parenti e i suoi collaboratori più stretti. Se chi ha lavorato con il paziente per giorni interi o vissuto con lui non è stato contagiato, è molto probabile che coloro che hanno avuto solo un contatto limitato nel tempo non lo siano affatto. Possiamo quindi tranquillizzarci in questo senso perché, per essere contagiati, non basta “incontrare” una persona positiva al virus.
A chi serve davvero la mascherina?
La mascherina serve soprattutto a chi è malato, per diminuire la capacità di contagio facendo barriera a saliva, tosse e starnuti. E poi al personale sanitario in genere, perché è quello che sta più a contatto con tutti i tipi di malati in un ambiente di ricovero.
Il disinfettante è l’unico modo per eliminare il virus dalle mani?
No. Quello che conta è lavarsele bene (unghie comprese), almeno per qualche minuto (non abbiate fretta) e ripetere l’operazione spesso (per esempio ogni volta che si entra e si esce da casa o dal lavoro), anche con un sapone qualsiasi.
I bambini sono più protetti?
Non sono immuni, ma il loro sistema di difesa li protegge più degli adulti e, quando si infettano, si ammalano in modo più lieve. Però sono contagiosi: ecco perché è stato necessario chiudere le scuole.
Che cosa deve fare una persona che pensa di avere il virus o di essere stata contagiata da qualcuno?
Non deve recarsi all’ospedale (a meno che non stia male, per esempio ha una crisi respiratoria) ma chiamare il proprio medico curante o la linea verde del ministero della Salute 1500, o i numeri verdi regionali (il link è all'inizio dell'articolo). Non chiamate il 112 che va tenuto libero per le forze dell’ordine e le emergenze.
A che punto è il vaccino?
Lo stanno mettendo a punto in vari Paesi (per esempio Cina e Stati Uniti) ed è pronto per essere testato sull’uomo: i risultati preliminari sembrano incoraggianti, ma non possiamo contarci a breve, perché anche se il vaccino fosse pronto dovrebbe passare tutta la trafila di sicurezza che ogni farmaco deve superare prima di essere messo sul mercato.
Se hai ancora dubbi e domande puoi chiamare il professor Fabrizio Pregliasco tutti i martedì e giovedì dalle 13 alle 14 al telefono al numero messo a disposizione da Starbene 02-70300159.
Articolo pubblicato sul n. 12 di Starbene, in edicola dal 3 marzo 2020 aggiornato il 4 marzo 2020