«Siamo fragili come vasi di porcellana: possiamo anche romperci ma abbiamo tutte le potenzialità per rimettere insieme i pezzi, forti dell’esperienza appena vissuta e consapevoli del nostro valore». Questo è in sintesi ciò che sostiene lo psicoterapeuta Massimo Giusti nel suo ultimo libro Piccole ferite grandi rinascite (Mondadori, 18,50 €): un percorso di crescita interiore che ci insegna a ripartire proprio dai nostri punti deboli.
Come? «Il nostro cervello è una complessa rete costituita da miliardi di connessioni neurali. Immaginiamo un’immensa ragnatela che si modifica costantemente, permettendoci un continuo adattamento: si chiama plasticità cerebrale. In pratica, il nostro sistema nervoso periferico, dopo avere mappato l’ambiente circostante, costruisce modelli di reazione appropriati. Attraverso un fenomeno detto neurocezione, che attiva il sistema di difesa o di ingaggio sociale, capiamo se dobbiamo difenderci o se possiamo rilassarci», prosegue l’esperto.
Rinascere dopo un trauma
È proprio questa meravigliosa capacità di adattamento che ci permette di ripartire sempre. «È una caratteristica che viene definita crescita post-traumatica: siamo costruiti per rialzare la testa anche dopo la più difficile delle esperienze ma non reagiamo tutti allo stesso modo. Per semplificare, nel libro ho distinto 3 diversi modi di affrontare le difficoltà in base al carattere: sensibile, razionale ed egocentrato. Ognuno di noi possiede questi tratti ma tende a mostrare in modo più spiccato uno di questi aspetti della personalità», conclude lo psicoterapeuta.
- SENSIBILE
È concentrata sulle sensazioni e sulle emozioni che prova e sullo stato d’animo di chi le sta vicino. È sempre pronta a dare supporto emotivo agli altri perché trae autostima dall’avere ottime relazioni
Come si comporta di fronte al trauma: in generale, essendo molto abile nel comprendere e sentire le proprie emozioni, non evita il dolore, ma lo percepisce in tutta la sua ampiezza. Questo, se inizialmente è il suo tallone d’Achille, diventa poi la sua arma più potente perché è in grado di accettare la sofferenza e rielaborarla. Dato il suo alto grado di emotività, è facilmente manipolabile all’inizio di una relazione, sentimentale o professionale, perché subisce facilmente il fascino altrui. Ma siccome è in grado di costruire reti sociali molto forti con amici, parenti e con il mondo in genere, riesce a superare il trauma più velocemente delle altre due tipologie.
Come lo rielabora: la prima mossa vincente per questo tipo di personalità è rinforzare il proprio ego e identificare i propri bisogni come legittimi. Spesso tende a fondersi con l’altro e ad annullare i confini tra sé e il mondo. Deve invece imparare a rimettersi al centro, far salire a galla quell’Io sommerso, senza aver paura di perdere l’altro. Deve porsi queste domande: quali sono le mie esigenze più autentiche? Cosa mi fa stare davvero bene?
L’esercizio che aiuta
Se ti sei resa conto che sei una persona che si appiattisce sugli altri, adottandone abitudini e stili di vita, sei già a buon punto. Aspetti sempre che il cambiamento arrivi dall’esterno ma è necessario che tu prenda in mano la situazione. Prendi carta e penna e scrivi il problema in modo molto specifico. Inizia con il porti questa domanda: come si può modificare questa situazione affinché le cose vadano come desidero? Di seguito elenca cosa vorresti andasse in modo diverso, senza preoccuparti se questo è possibile o meno. Non essere avara di dettagli: specifica fin nei minimi particolari quello che vorresti che accadesse, facendo un’analisi obiettiva in modo che tutto vada nella direzione auspicata.
- RAZIONALE
Utilizza la logica per gestire il suo mondo emotivo. È abituata ad analizzare tutto attraverso schemi rigidi e compartimentati, è molto efficiente ma si muove sempre all’interno di una gabbia di regole
Come si comporta di fronte al trauma: è una personalità ipercontrollante, sembra algida e glaciale ma in realtà teme le emozioni più di ogni altra cosa perché non sa gestirle e ha paura di esserne sopraffatta. Di fronte a un evento traumatico tende a essere evitante: cerca di non dargli importanza o lo scompone in minimi dettagli in modo da viverlo da fuori, come se non stesse accadendo a lei. Si confronta con gli altri per obiettivi e risultati perché è un atteggiamento che la rassicura, ma così facendo non riesce a costruire una rete sociale protettiva e si isola. Se poi un evento imprevisto scompagina il suo universo interiore, il mondo le crolla addosso.
Come lo rielabora: il primo step è lavorare sul riconoscimento delle emozioni, in modo che riesca a integrarle all’interno del suo funzionamento cognitivo. Non avendo a disposizione un grande vocabolario emotivo, si deve iniziare dal corpo: osservare le sensazioni che arrivano (e che spesso sono determinate da emozioni incontrollate) serve al razionale a entrare in contatto non solo con il suo mondo interiore, ma anche con quello degli altri. In questo modo sarà in grado di sviluppare empatia e cura verso chi gli sta intorno.
L’esercizio che aiuta
Ripesca dalla memoria un episodio in cui hai avvertito una forte emotività e hai perso il controllo. Mettiti comoda e chiudi gli occhi. Pensa di avere davanti una Tv molto grande e sullo schermo visualizza l’immagine che hai appena ricordato, guardandola come se fossi uno spettatore. Ora mettiti in ascolto delle sensazioni che arrivano, e se avverti fastidio, prova a rimpicciolire l’immagine e a trasformarla in bianco e nero o ad allontanarla. Impara a rimanere in compagnia di questa visualizzazione e delle sensazioni che arrivano nel corpo. Poi cerca di osservare le emozioni che via via si producono nella mente, senza provare a controllarle o reprimerle. Infine, prova a trasferire questa esperienza nel mondo reale, quando ti capita qualcosa di inaspettato.
- EGOCENTRATA
L’autorealizzazione e l’autoaffermazione sono il suo scopo di vita. I suoi bisogni arrivano prima di tutto il resto e per soddisfarli usa qualunque mezzo senza sensi di colpa perché è incapace di provare empatia
Come si comporta di fronte al trauma: vive il fallimento come una catastrofe personale, per cui fa in modo di non trovarsi mai di fronte a quello specchio rotto. Questa personalità, che può sfociare nel narcisismo, in realtà nasconde un bambino ferito, non visto e non riconosciuto dai genitori. Per uscire da questa gabbia emotiva che le crea enorme sofferenza, ben presto impara a costruirsi un altro sé, un ego sganciato dal mondo emotivo dove esercita pieno controllo e niente e nessuno può più farle del male. Per questo, di fronte al dolore costruisce un muro invalicabile tra il vero sé e gli altri e recita sempre la parte dell’anaffettivo indifferente.
Come lo rielabora: di fronte a un insuccesso importante, professionale o sentimentale, il falso sé si scioglie come neve al sole e l’egocentrata è obbligata a riprendere contatto con quelle emozioni dolorose, come un profondo senso di vergogna e di inadeguatezza, che fa di tutto per evitare. Solo costretta a osservare quella parte fragile e ferita può rielaborare la sconfitta di un sé ideale irraggiungibile e rientrare in contatto con la realtà.
L’esercizio che aiuta
Chiudi gli occhi e visualizza una casa antica. Lì dentro sai che ci sei tu bambina, e stai piangendo. Devi entrare, cercarla e poi sederti di fianco a lei, in silenzio. Dopo che sei andata a trovarla parecchie volte, invitala a fare una passeggiata con te: al mare, in montagna, in un luogo che ami. La prima volta camminerai con lei senza parlare, la seconda inizierai a tenerla per mano, poi potrai abbracciarla. Nelle sessioni successive immagina quella bambina nella tua stanza, sul letto o in piedi. Ora vai esattamente dove l’hai immaginata e accoglila dentro di te. Metti le mani dove avverti maggiormente la sua presenza, sul petto o sulla pancia per esempio e rimani in ascolto delle sensazioni che arrivano.
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