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Come fare per gestire la rabbia al volante

C’è chi si infiamma ruggendo a suon di clacson e chi procede come una lumaca per la paura. Ma riprendere il controllo e gestire la rabbia al volante si può. Ecco come

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Rabbia al volante? Uno studio condotto dal Computational Physiology Lab dell’Università di Houston (Usa) dice che chi perde facilmente le staffe al volante soffre di “rabbia da strada”. I ricercatori l’hanno ribattezzata accelerousal, accelerazione, e gioca sul termine arousal, usato in psicologia per indicare uno stato di eccitazione del sistema nervoso di fronte agli stimoli, anche piccoli.

Di contro, ci sono persone che alla guida hanno i riflessi rallentati o addirittura bloccati dalla paura. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Anna Scelzo, psicologa e psicoterapeuta a Chiavari, Genova, è stata responsabile terapeutico di una comunità per il recupero di tossicodipendenti. Ora si occupa di disordini alimentari, attacchi di panico, ansia, problemi di coppia, depressione e problemi della sfera sessuale.


Dottoressa, perché ci innervosiamo al volante?

Ogni volta che saliamo in auto, abbiamo un obiettivo ben preciso: raggiungere un certo luogo nel minor tempo possibile. Peccato che a “rallentarci” ci siano molteplici ostacoli. Un parcheggio rubato, un pedone che sbuca all’improvviso, una mancata precedenza, l’auto dietro che lampeggia perché vuole superare ci fanno perdere le staffe perché avvertiamo questi comportamenti come una mancanza di rispetto nei nostri confronti. In macchina, poi, è più facile lasciarsi andare alla rabbia: chiusi dentro l’abitacolo dell’auto, ci sentiamo protetti, al sicuro da qualsiasi controffensiva.


Però, qualcuno è più suscettibile di altri

Sì, conta molto la personalità. È più soggetto all’aggressività chi fatica a controllare gli impulsi, è impaziente, intollerante. In queste persone possono addirittura emergere forme di pregiudizio, per esempio se l’auto di fronte è condotta da una donna, da sempre oggetto di scherno quando si trova al volante. Senza contare che il mondo è pieno di perfezionisti, incapaci di accettare un evento che possa farli arrivare in ritardo e metterli in cattiva luce.


I ricercatori di Houston sostengono che anche la genetica conta. Possibile?

Più che la genetica pura, è la sua interazione con l’ambiente a fare da molla. Se un soggetto predisposto all’aggressività cresce con un genitore che tende a sbottare mentre si trova alla guida, svilupperà più facilmente lo stesso atteggiamento da adulto. Conta anche il proprio vissuto: spesso l’aggressività al volante nasconde delle frustrazioni, per cui dobbiamo impegnarci a riconoscere quali sono i reali motivi della “furia” che ci portiamo dentro.


Altre cause?

Non è colpa solo del carattere. Nel nostro cervello è presente una piccola struttura a forma di mandorla, l’amigdala, che regola le emozioni. Se avverte situazioni di stress, questo “sensore” si accende e innesca una serie di risposte fisiologiche per scaricare la rabbia: iniziamo a stringere il volante, ci protendiamo in avanti, assumiamo una postura rigida.


Ma con l’età si può migliorare?

In generale, sì. Alla rabbia da strada sono più soggetti i giovani neopatentati, però non ne sono esenti neppure quegli adulti che hanno mantenuto aree di immaturità a livello di competenza sociale, cioè non sono abili a risolvere i conflitti senza la prevaricazione.


Quanto pesa il traffico?

Molto. Il caos attiva l’amigdala, che invia al nostro cervello un segnale di allerta continua. Ciò significa che la nostra guida nel traffico non è mai rilassata.


Talvolta dietro l’aggressività si nasconde un ulteriore problema, la paura di guidare. Di cosa si tratta?

È la cosiddetta amaxofobia: in Italia, riguarda il 36% degli uomini e il 64% delle donne. Una problematica che può diventare invalidante, dal momento che spostarsi in auto è spesso indispensabile per andare al lavoro, fare la spesa, accompagnare i figli a scuola. Averne timore, dunque, rappresenta un disagio.


Cosa teme, di preciso, chi ne soffre?

Di creare incidenti o subirli, fare manovre sbagliate, avere un malore mentre sta guidando. Le motivazioni cambiano da individuo a individuo. L’amaxofobia potrebbe essere la conseguenza di un incidente vissuto in prima persona, subito da persone care oppure di cui si è sentito raccontare. Ma alla base può esserci altro: c’è chi teme l’abbandono, chi ha paura di crescere, chi non si sente mai all’altezza delle situazioni.


Ad alimentare la fobia possono essere le circostanze?

Sì. Ci sono persone, per esempio, che si sentono sicure in città ma hanno paura di guidare in tangenziale o autostrada: in questo caso, c’è un conflitto interiore fra il desiderio e l’incapacità di essere indipendenti, perché guidare su strade a scorrimento veloce è simbolo di libertà, responsabilità, potere di muoversi. Simbolicamente, la paura di guidare rappresenta il desiderio di mantenere un rapporto di dipendenza nei confronti della famiglia d’origine o di un partner che è “costretto” a fare da autista. Dimostra anche una certa resistenza ad assumersi delle responsabilità.


C’entra l’autostima?

Sì. Dietro la preoccupazione di guidare male c’è la paura del giudizio sociale. Non crede troppo in se stesso neppure chi percorre sempre le stesse strade: evita di affrontare il “nuovo” anche negli altri settori della vita. Chi invece teme di attraversare i tunnel, nasconde l’angoscia di non potersi liberare da una situazione fastidiosa; al contrario, chi va nel panico se deve percorrere un ponte proietta su quel viadotto lo sgomento che possa mancargli la terra sotto i piedi.


Lo stato emotivo è sempre un pericolo?

Certo, più si è tesi maggiore è il rischio di guidare male o in modo pericoloso. Senza contare che lo stress può provocare negli automobilisti gastriti, mal di testa frequenti e dolori muscolari.


Come migliorare il rapporto con la guida?

Durante la giornata, ripetiamo spesso degli esercizi di respirazione per placare l’ansia. In macchina, ascoltiamo musica per creare uno stato di benessere e accostiamo ogni volta in cui ci sentiamo sopraffatti dalla rabbia oppure dall’angoscia. Facciamo due passi e riprendiamo il controllo. Altro consiglio: se il nostro problema è soprattutto la paura, evitiamo di sfidarla. In auto può essere pericoloso. Piuttosto, facciamo esercizi di visualizzazione. A casa, in relax, chiudiamo gli occhi e immaginiamoci alla guida. Percorriamo una strada nuova, attraversiamo un ponte, entriamo in galleria. Il cervello non distingue la realtà dalla fantasia, per cui ci basta fantasticare su una situazione per attivare quella serie di processi fisiologici che si avvierebbero se ci trovassimo veramente al volante. Alla lunga, aiuta a superare gli ostacoli.


Ulteriori consigli?

Percorriamo le strade che ci innervosiscono o che temiamo prima da passeggeri. Oppure studiamo precedentemente il percorso su Google Maps. Chi ha un problema con il volante deve innanzitutto sentirsi a suo agio, sicuro di quello che sta facendo. Soltanto così avvia con calma (e bene) il motore.


Quando si è ansiosi da passeggeri

E se ci assale la paura quando guidano gli altri? Di solito, capita a chi è ansioso con manie di controllo, non prova fiducia nelle capacità altrui e trascorre la vita ad assicurarsi che tutto vada bene in famiglia, sul lavoro, con gli amici. Se succede, conviene parlarne con il conducente, esporgli il problema e cercare rassicurazioni da lui. Ma se proprio non riusciamo a salire sull'auto degli altri, un aiuto specialistico può aiutarci a superare il senso di vulnerabilità, impotenza e debolezza che proviamo quando ci mettiamo in mani non nostre.


Questione di evoluzione

Alcuni studiosi definiscono l’aggressività in auto come l’effetto di un sovraccarico cognitivo, che subiamo quando guidiamo: per farlo, infatti, dobbiamo elaborare tanti input simultaneamente. Questi stimoli attivano nel cervello le stesse aree che, migliaia di anni fa, s’innescavano nei nostri antenati di fronte a un predatore, consentendo una risposta alla minaccia e, di conseguenza, la sopravvivenza della specie.


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Articolo pubblicato sul numero n° 8 di Starbene in edicola dal 13 luglio 2021


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