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Carpe diem: non perdere le occasioni, il tempo non è illimitato

Schiacciati dalla routine e dall’ansia, si rimanda. Per poi rimpiangere le occasioni perse. Ma bisogna invertire la rotta

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“Adesso non posso permettermelo, devo costruirmi un futuro”. “Ci penserò quando andrò in pensione”. Quanti di noi non riescono a vivere in pienezza perché credono che non sia il momento giusto? E quanti rinunciano a realizzarsi nel qui e ora, convinti di avere l’eternità a disposizione, salvo poi trovarsi a rimpiangere le occasioni mancate?


A volte, però, succede qualcosa che ci sprona a prendere in mano le redini dalla nostra esistenza. Ma perché ci limitiamo a “galleggiare” nella vita e, soprattutto, come possiamo cambiare rotta prima che sia troppo tardi? Ne parliamo con Roberta Guzzardi, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo strategico.


Tutte le facce della paura
«La paura è l’emozione che più ci trattiene dal vivere con leggerezza, entusiasmo, autenticità e dall’essere liberi di esprimerci fino in fondo», spiega la psicologa.

«Ha varie declinazioni: può essere legata alla poca stima di sé e manifestarsi come paura di non farcela (“Vorrei licenziarmi e mettermi in proprio, ma non ho la stoffa per essere autonomo”), oppure riguardare l’aspetto sociale e presentarsi come paura di non ricevere approvazione e/o di non essere all’altezza delle aspettative altrui (“Se mollo l’università deluderò tutti”).

C’è poi quella che si sposa in maniera subdola con l’orgoglio: è la paura di fare errori (“Potrei autopubblicare il romanzo che ho nel cassetto, ma se poi non vende mi sotterro dalla vergogna”). Quest’ultima è forse la più potente di questi tempi in cui uno sbaglio è sinonimo di fallimento e di punto di non ritorno anziché di allenamento e di ricerca della propria strada».


Come superare la paura

«Per fortuna», rivela l’esperta, «ogni paura ha il suo antidoto». Per quella di non farcela è necessario lavorare sull’autostima, cioè diventare consapevoli della nostra unicità, accettarla, amarla e, di conseguenza, riconoscere che abbiamo il diritto di esserci e di valere “semplicemente” per ciò che siamo.

Tutto questo ci aiuta anche ad affrontare la paura del giudizio altrui: la fiducia in noi stessi unita alla motivazione a raggiungere gli obiettivi ci dà la forza di tollerare la disapprovazione del prossimo e la delusione delle sue aspettative, eventi che - per inciso - non portano sempre
alla fine della relazione familiare, sentimentale o amicale. Più in particolare, se il nostro cambiamento è graduale e non repentino, chi ci sta accanto non si sente spaesato ma ha modo di abituarsi al nostro nuovo io e di ricalibrare il modo di rapportarsi con noi.

Per quanto riguarda lo spauracchio degli errori, poi, guai a concentrarci solo sul non ripetere quelli già commessi in passato: rimarremmo sterilmente ancorati a ciò che è stato, alle chance sfumate, ai treni persi. Il segreto per progredire, invece, è mettere a tacere l’orgoglio, che non è fonte di sana ambizione ma di presunzione paralizzante, e attivarci per arrivare a risultati perfettibili (non perfetti!).


Le trappole della mente
«Anche le convinzioni autolimitanti hanno il potere di appiattirci nella routine», approfondisce l’esperta. «Prima fra tutte, quella secondo cui la vita è pronta a “fregarci” non appena cerchiamo di realizzarci in libertà. Secondo quest’idea, la sicurezza è una necessità prioritaria e va soddisfatta sacrificando la spinta vitale a coltivare i talenti, le inclinazioni, le passioni. Una seconda credenza è che un desiderio o un sogno siano raggiungibili solo possedendo tutti gli strumenti e le risorse a priori, cioè che non sia possibile reperire gli “ingredienti” necessari strada facendo».

«Anche per le credenze autolimitanti esistono dei rimedi», rassicura l’esperta. Per il primo pregiudizio, ispiriamoci alle persone che si disinteressano della sicurezza: si comportano spontaneamente, non giocano in difesa ma in attacco e hanno fiducia in se stesse, nel prossimo e nella vita in generale, dunque attivano una serie di “casualità” che le portano a fiorire. Per la seconda convizione: immaginiamo che il cammino verso la meta sia un tunnel buio da percorrere con una torcia. Anche se non vediamo tutto il percorso, incamminiamoci lo stesso. Procedendo, illumineremo i passi che ci attendono, ci accorgeremo degli ostacoli e li eviteremo, individueremo scorciatoie inedite. Una volta arrivati alla fine, non solo avremo demolito un’idea errata e conquistato un obiettivo, ma ci saremo anche caricati di energie. E potremo partire per un’altra avventura all’insegna del “carpe diem”.


Il libro da leggere
Resasi conto di aver perso i grandi sogni della gioventù e di essere stata fagocitata da un vortice di quotidianità, abitudini e totale mediocrità, la scrittrice tedesca Alexandra Reinwarth si imbarca in un esperimento surreale: immaginare che le resti solo un anno su questa Terra. Nel suo recente libro La vita è troppo corta per rimandare. Scegli solo ciò che conta per vivere davvero (Urra Feltrinelli, 13 €) racconta le sue esperienze, le scoperte, le riflessioni e ci stimola  a imitarla nell’apprezzare e sfruttare il presente.


Il film da vedere
«In ogni momento scriviamo la storia della nostra vita: facciamo in modo che sia una storia piena di significato o, almeno, interessante». L’esortazione arriva da Richard Brown, docente universitario interpretato da Johnny Depp, protagonista di Arrivederci professore di Wayne Roberts. La trama? Dopo aver appreso di avere solo sei mesi di vita per un tumore, Brown manda all’aria le convenzioni accademiche e sociali e supera il distacco emotivo che gli impediva di esprimere affetto a famigliari e amici.


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