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Acrofobia, cos’è la paura dell’altezza: sintomi e trattamento

Alcune persone manifestano una paura intensa e irrazionale in situazioni non realmente pericolose, arrivando a evitare luoghi elevati come scale, balconi o ponti. La diagnosi di acrofobia si basa sull’osservazione clinica e sull’esclusione di altre condizioni, come i disturbi dell’equilibrio

Foto: iStock



“Dall’alto sembra tutto più chiaro”. È un modo di dire piuttosto comune, usato per descrivere la prospettiva che si guadagna salendo, in maniera letterale o metaforica. Tuttavia, per chi soffre di acrofobia, guardare dall’alto diventa pressoché impossibile, perché solo affacciarsi da un balcone o salire su una scala per cambiare la lampadina può generare ansia, vertigini e senso di panico.

«La paura dell’altezza non si manifesta soltanto nelle esperienze dirette, come trovarsi su una terrazza panoramica o su un ponte sospeso, ma a volte può essere innescata dal semplice pensiero di dover affrontare una situazione in quota», spiega il dottor Igor Graziato, psicologo del lavoro e psicoterapeuta a Torino.


Cos’è l’acrofobia

L’acrofobia (dal greco antico “ákron”, che significa “cima, sommità”, e “phóbos”, cioè “paura”) è una forma intensa e irrazionale di paura legata alle altezze e ai luoghi elevati, che colpisce circa il 3% della popolazione mondiale.

«Con il tempo, chi ne soffre tende a evitare situazioni molto comuni, come salire le scale, fare un’escursione in montagna, usare un ascensore panoramico o guardare un film con scene ambientate in alta quota, ma anche scelte di vita più importanti, come abitare ai piani alti di un palazzo o accettare un lavoro in un grattacielo», evidenzia il dottor Graziato.

«Questo progressivo evitamento rischia di trasformarsi in una condizione cronica che limita sempre di più la libertà personale e riduce le occasioni di svago, socializzazione e realizzazione professionale».


Quali sono le cause dell'acrofobia

Da un punto di vista evolutivo, la paura (compresa quella dell’altezza) ha rappresentato un meccanismo di difesa fondamentale: evitare i luoghi pericolosi ha aumentato le probabilità di sopravvivenza della nostra specie, sin dalla notte dei tempi. Tuttavia, se questa paura diventa sproporzionata rispetto al contesto reale, si trasforma in fobia.

«Nello specifico, l’acrofobia può manifestarsi a qualsiasi età, anche se tende a insorgere durante l’infanzia», evidenzia l’esperto. «In alcuni casi è il risultato di un evento traumatico, come una caduta accidentale o uno spavento legato all’altezza, mentre altre volte può essere alimentata da un ambiente familiare caratterizzato da ansia, iperprotettività e mancanza di supporto emotivo. Quando le paure naturali dei bambini non vengono accolte con empatia e rassicurazione, ma ignorate, amplificate o trasmesse inconsciamente dagli adulti, queste possono radicarsi e assumere forme più intense e durature».

Quali sono i sintomi dell'acrofobia

Chi soffre di acrofobia può manifestare sintomi fisici, cognitivi ed emotivi, che si attivano quando una persona si trova in un luogo elevato o, in alcuni casi, semplicemente immaginandolo. Fra quelli fisici ci sono tachicardia, vertigini, sudorazione delle mani, tensione muscolare, difficoltà respiratorie, nausea, tremori e, nei casi più severi, una sensazione di svenimento imminente.

Sul piano cognitivo, invece, emergono pensieri catastrofici, come la paura incontrollabile di cadere, di essere spinti o di perdere il controllo del proprio corpo, mentre a livello emotivo si sperimenta un’intensa ansia, spesso accompagnata da panico, senso di impotenza e terrore irrazionale.

Come si diagnostica l'acrofobia

La diagnosi di acrofobia viene effettuata da uno psicologo o uno psichiatra attraverso colloqui clinici e strumenti specifici. Dopo aver distinto l’acrofobia da altre condizioni, come i disturbi dell’equilibrio che possono generare sintomi simili ma hanno origini fisiologiche, il professionista raccoglie informazioni dettagliate sulla storia personale e familiare del paziente, sugli episodi in cui si manifesta la paura e sulle strategie adottate per affrontarla.

«In genere, la sintomatologia è piuttosto riconoscibile, ma si possono utilizzare dei test psicodiagnostici o interviste strutturate per confermare la valutazione», assicura il dottor Graziato.

Come si cura l'acrofobia

Per affrontare l’acrofobia, il primo passo utile è la psicoeducazione, che consiste nel fornire al paziente informazioni chiare e comprensibili riguardo al disturbo e ai meccanismi psicologici che lo sottendono. «Si spiega come funziona il cervello di fronte alla paura, perché questa si attiva in determinate situazioni e perché, nella giusta misura, è utile», riferisce l’esperto. «Inoltre, si aiuta il paziente a capire che il coraggio non implica l’assenza di paura, ma piuttosto la capacità di affrontarla in modo equilibrato».

A quel punto, si inizia a lavorare sulla parte cognitiva per modificare i pensieri disfunzionali che alimentano e perpetuano la paura. «In particolare, le persone con fobie tendono a interpretare le situazioni in modo distorto, spesso dando per scontato che il pericolo sia maggiore di quanto non lo sia in realtà», sottolinea il dottor Graziato. «Si vanno quindi a scardinare i pensieri anticipatori, quelli che si hanno prima di affrontare una situazione temuta, come “Sicuramente mi sentirò male se salirò su quella torre”. Lo stesso si fa con i pensieri catastrofici, tipo “Se mi trovo in alto, perderò il controllo e crollerò”, ma si lavora anche per non temere il giudizio altrui, riducendo il peso che si dà alla valutazione esterna».

A livello più emozionale, invece, si utilizzano delle tecniche di rilassamento per insegnare alla persona a rasserenarsi, ma certamente uno degli approcci terapeutici più efficaci è la desensibilizzazione sistematica, nota anche come terapia dell’esposizione. «Questa tecnica prevede un’esposizione graduale e controllata alla situazione temuta, sempre sotto la guida di un professionista, con l’obiettivo di ridurre progressivamente la risposta ansiosa», illustra il dottor Graziato.

Un’alternativa moderna e tecnologicamente avanzata è rappresentata dalla Virtual Reality Therapy (VRT): «Questo metodo utilizza la realtà virtuale per simulare ambienti elevati, offrendo al paziente la possibilità di affrontare le proprie paure in modo sicuro e controllato», conclude l’esperto. «Indossando un visore, dapprima seduto in poltrona e successivamente in piedi, il paziente viene gradualmente esposto a scenari che riproducono l’altezza in modo virtuale, ma realistico».

Il passo successivo consisterà nell’esporsi dal vivo alle situazioni che mettono a disagio, ma sempre in maniera graduale e applicando tutto quello che si è appreso in studio.

Quanto tempo occorre per ottenere risultati? Di solito sono sufficienti poche sedute, ma il successo del trattamento dipende anche dal lavoro che il paziente svolge a casa: spesso, il terapeuta fornisce esercizi pratici e compiti da eseguire quotidianamente, che aiutano a disinnescare la paura e a rinforzare le competenze acquisite durante la terapia. La coerenza e l’impegno nel mettere in pratica queste tecniche sono cruciali per ottenere risultati duraturi e per migliorare la gestione dell’acrofobia.


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