Panni elettrostatici: i 4 migliori
Con una sola passata catturano polvere, capelli e peli di animali. Ne abbiamo testati 12 e questi 4 sono risultati i migliori
I panni elettrostatici rappresentano uno strumento efficace, rapido e soprattutto super pratico contro la polvere. Morbidi ma resistentissimi, realizzati con fibre ad altissimo potere d’attrazione, sono in grado di catturare con una sola passata anche il pulviscolo più sottile, capelli e briciole senza alcuna dispersione nell’ambiente.
Per arrivare a indicare i 4 che vedi nella gallery qui sotto, ne abbiamo testati 12 con l’aiuto di Antonella Liistro di laretedellemamme.it. «Ho dato voti più alti a quelli che soddisfano due requisti importanti: la dimensione sufficientemente grande che impedisce al panno di sganciarsi dalla scopa durante l’uso, e la trama più spessa e tridimensionale che permette di trattenere molto meglio lo sporco, anche quello più grossolano», dice la tester.
Dove smaltirli per rispettare l’ambiente
Sono ecologici o no? Ha chiarito il nostro dubbio il professor Giovanni Fochi, chimico della Scuola Normale di Pisa (fochi.altervista.org). «Sono panni monouso, non si lavano e dopo l’impiego possono essere buttati via. Di per sé il materiale con cui sono composti rispetta l’ambiente, ma bisogna avere l’accortezza di gettarlo correttamente tra i rifiuti indifferenziati», dice il professore. «Hanno una trama di tessuto-non-tessuto composta da fibre in poliestere in alcuni casi mixate a fibre di polipropilene che agiscono efficacemente secondo il principio fisico di attrazione elettrostatica. Quando vengono strofinati sul pavimento, cioè, acquisiscono una carica elettrica, diventando capaci di attirare lo sporco, come fa una calamita con i materiale metallici. L’azione imprigionante della polvere è maggiore se il panno ha texture in 3D perché l’intreccio delle fibre forma una sorta di rete a rilievo che facilita la raccolta di particelle anche più grosse, come per esempio le briciole, intrappolandole definitivamente», conclude il professore.
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Articolo pubblicato sul n. 50 di Starbene in edicola dal 27/11/2018
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