Sul termine “sensibilità” si giocano opinioni, considerazioni e, soprattutto, orizzonti di vita diversi. Se è troppa, è un potenziale elemento di vulnerabilità personale ma, riconosciuta e calmierata, può trasformarsi in una super qualità, a favore sia di chi la possiede sia di chi, indirettamente, ne beneficia come amico, genitore, partner o collega. Una speciale risorsa che la dottoressa Francesca Santamaria Palombo, psicologa dello sviluppo, dell’educazione e del benessere, psicoterapeuta cognitivo comportamentale e autrice della pagina Instagram psicobenesserealfemminile, ha sviscerato nel suo libro Il potere delle donne sensibili (Red Edizioni).
Perché l’ipersensibilità è considerata più un difetto che un pregio?
L'essere troppo sensibili viene vissuto, spesso, come debolezza, eccentricità, fragilità. Ma questo è solo la deriva di una natura altamente sensibile, una maschera che indossiamo come difesa. Noi ipersensibili siamo persone con la “pelle sottile”, che sentiamo tutto e sempre, in profondità. Non ci sfugge niente: captiamo subito una certa energia in un ambiente nuovo, catturiamo il non detto degli altri, percepiamo ogni minimo dettaglio di una relazione e avvertiamo i sentimenti e le emozioni altrui.
Che succede da quest’impatto?
Ogni dinamica umana ci trova profondamente partecipi, e le sollecitazioni esterne hanno un effetto sovrastimolante e un'eco amplificato su di noi. Nella nostra mente si affastella un’enorme quantita di pensieri che crea un “sovraccarico mentale”, difficile da arginare. Abbiamo, infatti, una tendenza a riflettere e rimuginare troppo su quello che dicono e fanno gli altri.
Qual è il vostro peggiore nemico?
Noi stesse. Il conflitto principale che si genera in chi possiede troppa sensibilità è proprio questo: siamo in grado di “sentire” perfettamente la pelle altrui ma non la nostra perché quello che proviene da “fuori” irrompe con una tale forza in noi da farci vacillare e dubitare di noi stesse. C’è un continuo scontro tra il nostro modo di pensare e agire e quello degli altri, che ci fa mettere la testa sotto la sabbia. Diventiamo insicure, abbiamo paura di reclamare i nostri diritti e aspettative, perdiamo di vista noi stesse.
Si crea una condizione di sofferta sudditanza nei confronti degli altri, perciò...
Specialmente da bambino, chi possiede troppa sensibilità si muove in un terreno ideale: c’è una sorta di mitizzazione della vita, come se il mondo fosse un luogo perfetto. E quando si scontra con le prime delusioni, ha due possibilità: o si ritira in se stessa o si mette nelle condizioni di dare tanto nella speranza di ricevere lo stesso. Quando invece, troppo spesso, si ha poco o niente in cambio. Difficile, però, vivere così sbilanciate sull’esterno... Certo, le donne con questa sensibilità peccano in determinazione e concretezza: si fanno mille domande, confrontano mille risposte e si perdono in una determinata questione, trascurando la concretezza. Altro problema: tendono a idealizzare troppo, correndo cosi il rischio di privilegiare ambizioni e progetti del tutto utopistici a scapito della realtà.
Ma dove sta, allora, il potere della sensibilità, che è la premessa del suo libro?
Nella capacità di scoprire i vantaggi che una natura troppo sensibile, se ben amministrata, ci dà. Arricchisce dal punto di vista personale perché avere una visione così ampia e analitica del mondo porta a godere più intensamente di ogni sfumatura del vivere. È una marcia in più nella socialità in quanto una persona sensibile porta calore, empatia e comprensione all’interno delle relazioni. Sa capire meglio e subito gli altri, sa riconoscerne pregi e difetti in modo più obiettivo, sa dove far leva per motivarli. L’ipersensibile, consapevole e addomesticato, è un ottimo leader negli ambienti di lavoro, per esempio.
Ma come ci si arriva a questa inversione di rotta?
È una sfida complessa che dura tutta la vita, ma non è impossibile. Semplificando, servono tre iniziative. Concentrazione su noi stesse, per capire i nostri reali pensieri e se ci comportiamo in modo da tenere fede alle persone che siamo e ai nostri valori. Accettazione dei pensieri, sia nostri che degli altri, per quello che sono: semplicemente pensieri che non possono ”compromettere” la vita. Ridefinizione degli altri: non siamo al mondo per sentirci in colpa se non soddisfiamo tutto e tutti. Anzi, accontentiamo per prima noi stesse, dicendo chiaramente ciò che vogliamo. Altrimenti, quel silenzio carico di aspettative (smentite) sarà sempre il nostro peggior detrattore.
Lo stress: il tallone d'Achille di chi ha troppa sensibilità
Una caratteristica delle persone altamente sensibili (Pas) è che sono molto reattive agli stimoli sensoriali. Perciò, percepiscono suoni, luci, colori, odori e anche sbalzi climatici (soprattutto se le temperature s’alzano) in maniera amplificata rispetto al resto degli individui. «E in una società come la nostra, così caotica, rumorosa e impegnativa, l’ipersensibile ha un vistoso tallone d’Achille: lo stress, pronta a colpirla in dosi massiccie, per stancarla e svuotarla con un semplice giro in un centro commerciale», puntualizza la dottoressa Palombo. «Ma se vogliamo uscire dal loop della vulnerabilità e irritazione, dobbiamo prendere atto di questa facile stancabilità. A parte dormire almeno 7 ore per notte, facciamo una cosa (e non due) per volta, stiamo lontane dai bagni di folla nelle ore di punta, evitiamo le inutili corse per accontentare Tizio e Caio e, soprattutto, difendiamo con le unghie e denti i nostri, necessari momenti di solitudine e relax, meglio in mezzo alla natura».
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 10 di Starbene in edicola e sulla app dal 14 settembre 2021