Argomento scivoloso, quella della seduzione. Ci fa cadere nel baratro dell’insicurezza (non piaccio abbastanza), nella perdita della realtà concreta (è fondamentale piacere a tutti), nel rischio di una relazione dannosa (però, com‘è seducente lei/lui). Ma anche spinoso, dal momento che il canone del pensiero comune è pure quello di quantificare la seduzione secondo una scala metrica, in misura di consensi, like e follower. E, considerato che le attribuzioni di merito scatenano confronti, critiche e mancanze, meglio ascoltare il professor Antonio Lo Iacono, psicoterapeuta e psicologo del lavoro e dell’emergenza, che nel suo libro Psicologia della seduzione (Armando Editore) dà un ritratto più intimo e sfaccettato a questo meccanismo psicologico che supera i luoghi comuni. Annullandoli.
Professor Lo Iacono, cos’è la seduzione nel senso ampio del termine?
Tradotta dal latino, questa parola significa “portare a sé, con sé, condurre in disparte, trascinare altrove, scegliere”. È un processo psicologico che implica in qualche modo – sia nel caso che si seduca, sia che si venga sedotti – di appartarsi per dedicarsi a qualcosa o a qualcuno che ci ha attirato, ci ha poi appassionato e, molto probabilmente, ci ha fatto deviare dal nostro corso abituale.
Che c’è dietro?
La seduzione non è una dote solo erotica, che serve per far colpo sui potenziali partner e ravvivare le relazioni d’amore, ma una potenzialità relazionale a tutto campo utile per entrare in contatto con gli altri e conquistare la fiducia e la disponibilità degli interlocutori, trasformandoli in alleati. Sotto questo profilo, non si esagera a dire che la seduzione dà un senso all’esistenza, è un archetipo imprescindibile in tutte le storie umane, a ogni latitudine.
La seduzione, dice, ha un raggio d’azione che va oltre l’incontro umano…
Sì, non ha solo come oggetto e/o soggetto le persone. Ci può stregare un linguaggio, un’atmosfera, un tono di voce, una casa o un luogo, magari senza che gli possiamo dare una spiegazione in modo cosciente. Ci può affascinare anche l’altrove, per esempio la voglia di esplorare il mondo come sete di conoscenza.
Allo stesso modo, sono innumerevoli le cose materiali che ci tentano e attraggono al punto tale che, spesso, c’identifichiamo con il loro possesso per sentirci più sicuri, importanti, apprezzati. Nel momento in cui compriamo degli abiti, per esempio, spesso acquistiamo anche una promessa di bellezza ed eleganza. È l’identico procedimento che spinge ad avere un’auto fuoriserie (porta con sé anche potere e prestigio sociale), e il discorso può essere applicato a qualsiasi tipo di consumo moderno.
Parlando della capacità di attrarre gli altri: sedurre vuole dire essere seduttivi?
Spesso usiamo i termini “seduttore” e “seduttivo” come se fossero sinonimi, ma c’è un errore di fondo poiché si tratta di profili (e relativi comportamenti) psicologici molto diversi tra loro. Ed è importante capire la differenza che intercorre tra l’una e l’altra figura, per il fatto che solo la conoscenza della natura di ciascuna ci mette nelle condizioni giuste per dare una valutazione alla nostra capacità attrattiva e, nello stesso tempo, nell’incoraggiare (o schivare) le aspettative altrui.
Ci spiega le differenze?
Il seduttore vuole conquistare una persona, il seduttivo il mondo intero. Il primo sente dentro di sé un grande richiamo verso un lui o una lei specifici, e sotto questo “pungolo” cerca l’incontro e poi la relazione con l’oggetto del desiderio. Le sue strategie di conquista sono, come dire, la prova concreta dei suoi “sentimenti”.
In tali frangenti, la seduzione messa in campo – siamo abbagliati e vogliamo portare l’altro dalla nostra parte – è un’esperienza genuina, profonda e intensa. Possiamo paragonarla a uno smarrimento, un turbamento dell’anima che, di fatto, ci fa deviare dal nostro cammino abituale. Perché lo sguardo, il pensiero, l’orizzonte è concentrato lì, su ciò che inebria. Il seduttivo, invece, è aperto potenzialmente a tutti poiché la vera attrazione è solo verso se stesso.
Con quali comportamenti?
La seduttività è un atteggiamento psicologico esteriore con cui affrontare diversi ambiti delle relazioni umane. Una specie di maschera della seduzione: chi la indossa si preoccupa costantemente di come mostrarsi, colpire. Cerca continuamente di abbellirsi e presentarsi bene (sono bello/a, bravo/a, buona/o) nella società, mostrando agli altri qualcosa di costruito, destinato a mettere in risalto un falso sé.
È solo il primato dell’apparire sull’essere, che mira a piacere a tutti. Ma dietro modi, parole, gesti accattivanti e lusinghieri non è detto che ci sia qualcosa di interiore, perché la seduttività è l’apparenza della seduzione. Quest’ultima è tenace nell’esplorare le sue possibilità di conquista dell’altro che interessa, mentre la seduttività è veloce, fugace e vorace, tentando di consumare tutto e subito.
Vuole dire che il narcisismo è nemico della seduzione?
Siamo chiari: in tutti noi c’è una dose auspicabile di narcisismo sano, che io chiamerei amore proprio. Se si tratta di avere una buona autostima, uno slancio verso l’auto-realizzazione, una consapevolezza della propria identità reale fatta di limiti (su cui lavorare) e risorse (da valorizzare), abbiamo in un certo senso vinto la nostra battaglia contro il dubbio di essere seducenti o meno.
La persona che sa chi è, che si accetta comunque così com’è, non ha bisogno di preoccuparsi costantemente di quanto piace al mondo anche perché, probabilmente, avrà già un intrinseco fascino collegato con la sua autenticità e spontaneità. Il problema sono i molti altri, incerti e disorientati nella società dell’esteriorità sfavillante, costantemente impegnati a trasformarsi il più possibile nel corpo e nell’anima, per convincere l’intera platea del loro charme.
Quindi, sta dicendo che la seduzione non richiede caratteristiche d’eccellenza?
Un bell’aspetto (come il potere, lo status economico o una mente prodigiosa) cattura, inutile negarlo. Questo non vuole dire che sono ammalianti solo le persone con certi standard fisici o sociali, e le altre no. Per me, la seduzione è un fatto più interiore che esteriore, legato al modo di essere, sentire, esprimersi, di attrarre e di essere attratti di una persona. Una specie di richiamo naturale, come la farfalla è attirata dai colori, dal profumo e dal sapore di un fiore.
Di cosa si nutre?
Se ci facciamo caso, tutti noi siamo stati “intrigati” da un uomo o una donna anche senza una ragione precisa; ancora, seduciamo quando siamo essenzialmente noi stessi, con i nostri pregi e difetti, e magari in un periodo no. Sì, la seduzione, attiva o passiva, è un fatto personale, intrinseco, che trae vitalità essenzialmente da spontaneità e autenticità.
Non si può neanche imparare…
Ci si può addestrare alla seduttività, poiché il consenso allargato richiede tecniche persuasive. Ma non alla seduzione, perché stabilire a priori quello che è seducente e ciò che non lo è equivale a cancellarla. In fondo, cosa provoca la magia che esercitiamo o subiamo? Nient’altro che la sorpresa di avere incontrato nell’altro (o, viceversa, di avere fatto incontrare) una bellezza (in senso lato) che cercavamo senza saperlo. E che ci trascina in quel particolare stato di grazia, che attiva la sensualità, l’emotività, i sentimenti affettivi, in un turbinio inaspettato e irrazionale di passione, entusiasmo e forza vitale. In una dimensione, insomma, quasi onirica.
Il linguaggio dell'attrazione
«Il codice della seduzione è molto legato alla sensibilità dei singoli individui, alla loro cultura e al proprio carattere», spiega il professor Lo Iacono. «In altre parole, ciascuno seduce a modo suo. Ma, in tutti i casi, a incantare (e incantarci) è soprattutto quella promessa intrinseca che la seduzione porta con sé. La promessa che dietro quella persona che ci rapisce ci sia un mondo segreto, un incantamento quasi sconosciuto, un’occasione da non lasciarsi sfuggire perché difficilmente potrà succedere di nuovo. E quando questo magnetismo si impossessa di noi, lo sveliamo con tutti i mezzi a nostra disposizione. A iniziare dallo sguardo, il sistema sensoriale più esteso nella specie umana: ci permette di individuare chi/cosa ci avvince e aiuta a convogliare l’attenzione su ciò che ci interessa. Se è ricambiato, tutto può iniziare; se è sfuggente, tutto può finire».
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