Casa e natura: riscopriamo i luoghi familiari per sentirci bene

La pandemia ci ha costretto a vivere in spazi limitati e ora tutti sogniamo di fuggire lontano. Eppure, quegli spazi ridotti, i luoghi familiari, hanno il potere di farci stare bene. Un nuovo saggio scritto dallo psicoterapeuta Paolo Inghilleri ridisegna le potenzialità degli ambienti più familiari



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Dopo oltre un anno di lockdown, più o meno stringenti ma sempre pesanti, non serve aprire una finestra sull’universo mondo. Basta spalancare gli occhi sul paesaggio circostante, fossero solo le quattro pareti del nostro appartamento, i due metri quadrati del balcone fronte cortile o il solito parco dei quattro passi quotidiani. Per stare neglio e sentirci bene, insomma, riscopriamo i luoghi familiari

252531Lo propone Paolo Inghilleri, medico, psicologo e ordinario di psicologia sociale all’Università degli Studi di Milano, dipartimento di beni culturali e ambientali, nel suo saggio I luoghi che curano (Raffaello Cortina Editore, 17 €). L’invito esplorativo si muove su percorsi sicuri, concreti e accessibili, in un’ottica di benessere alla portata di tutti. Ecco cosa ha detto a Starbene.


Professore, inizia il suo libro parlando del disagio che attraversa la società. E non solo per colpa del Covid-19...

Sì, c’è da anni uno stato di malessere diffuso, insoddisfazione, insicurezza, timore per il futuro, perché abbiamo troppe possibilità di scelta, dai consumi al tempo libero, alla cultura. Bombardati da mille opportunità, però, alla fine viviamo sul filo dei sensi di colpa. Prigionieri di quella perenne incertezza di non aver mai scelto abbastanza bene, visto che le possibilità di confronto sono infinite; pungolati da quel continuo fremito al fare che, all’ultimo, ci porta verso oggetti (o situazioni) di cui non abbiamo reale bisogno o che non ci appartengono. Poi, siamo sempre più avvolti da un’aura di solitudine: sentiamo che non abbiamo più garanzie sociali che ci proteggono. Un punto centrale, ora sovrastante: stiamo facendo tante rinunce, ma in cambio non abbiamo un sostegno adeguato né alla salute né all’economia. E ciò crea angoscia, disperazione. L’uomo, infatti, rispetta norme e divieti se riceve qualcosa indietro.


Ma cosa può fare l’ambiente per combattere questa insoddisfazione?

L’ambiente è fatto di luoghi (la natura, la casa, il quartiere, le piazze, le vie, gli edifici, i monumenti, la città) che sono oggetti e, come tali, hanno una funzione psicologica: diventano parte di noi stessi, cioè sono psichici, dal momento che si riempiono di emozioni di ogni genere. Belle come brutte, beninteso... Ma se siamo capaci di recuperare quei posti che attivano in noi percezioni positive diamo una forte mano al nostro equilibrio psicofisico


Allora i luoghi hanno una funzione terapeutica sulla mente...

Sono un fattore protettivo dell’essere umano contro i mali contemporanei: se riusciamo a scegliere i nostri luoghi prediletti e a utilizzarli per darci identità, compensiamo in piccolo la mancanza generale di tutele statali e sociali. Il beneficio è di avere più risorse psichiche a nostra disposizione.


Non è contemplabile adesso, però, cercare nuovi orizzonti paesaggistici...

No, anche perché non si tratta di evadere a tutti i costi dal nostro microcosmo. Negli anni, si è verificata una grande spinta a conoscere sempre di più, a proiettarci verso emisferi lontani a discapito di quelli vicini. Si è ridotto l’attaccamento verso tutto ciò che costella i nostri scenari abituali.


Quali sono i posti capaci di suscitare impressioni favorevoli?

Non ce n’è uno specifico, qualsiasi luogo deve attivare tre funzioni emotive. Una è quella viscerale, primitiva e con una reazione corporea di piacevolezza immediata. L’altra è legata all’uso, cioè ci permette di avere un’esperienza positiva mentre faccio una certa cosa: penso a un posto familiare, il palazzo dove abito, che mi permette di muovermi con disinvoltura e sveltezza. Il terzo livello è riflessivo, connesso a un significato complesso: la nostra casa ma anche la scuola o la palestra, quel luogo che mi dà una certa immagine, m’identifica come appartenente a una classe sociale o a un gruppo di persone con gli stessi valori o passioni. È qualche cosa che ci dà piacere in quanto ci permette una fisionomia specifica rispetto alla società.


E la natura cosa offre di buono?

L’ambiente vegetale ha un grande vantaggio su tutti gli altri luoghi: fa bene per pura esposizione, come dicono tanti studi. Negli ospedali, a parità di condizione, i pazienti reagiscono meglio se hanno la vista del verde, per una risposta superiore del sistema immunitario. In linea più generale, la natura fa rigenerare dallo stress in maniera automatica. Basta uno sguardo a un albero perché il corpo funzioni di più e la mente s’attivi senza sforzi. Si verifica, infatti, un risparmio dell’energia psichica, in particolare dell’attenzione, che ci rende più performanti nelle nostre azioni. L’habitat naturale, poi, è spesso motore di bei ricordi, dal gioco dei bambini in un giardino alla passeggiata nel bosco, durante il tempo libero. Richiama attimi di benessere.


Come mettiamo in moto questa macchina rasserenante?

Ora, in una fase di chiusura, riflettiamo sui luoghi che ci piacciono davvero e ci fanno (o hanno fatto) stare bene, da soli o in compagnia. Gli eventi non avvengono nel vuoto, ma in contesti specifici. Ecco sono da recuperare quelli teatro di buone esperienze, connessi alla natura, alla casa, alla città dove abitiamo. Però, non basta ammetterlo a noi stessi, facciamolo presente anche a partner, figli, amici. L’intento è sottolineare reciprocamente il bello “emotivo” di certi spazi. I luoghi sono promotori di relazioni, l’importante è dirlo a noi stessi e agli altri.


Non sempre possiamo scegliere dove stare e andare, però...

Certo, nella nostra vita ci sono percorsi obbligati, come il tragitto casalavoro, casa-scuola, casa-supermercato. Ma anche loro possono essere piacevoli dal punto di vista ambientale, se rispettano alcuni criteri strutturali. Devono essere contesti che conosciamo bene ma che riservino un po’ di mistero, ci facciano scoprire qualcosa di imprevisto. Come? Passare per vie alberate aiuta ma è utile anche, talora, deviare dal solito giro per vedere un angolo sconosciuto. Idem, all’ipermercato: c’è sempre un lato che ci è sfuggito, andiamoci. Come dire: i “nostri” luoghi non sono mai troppo diversi ma neppure sempre uguali. Alla sicurezza, gradevole, va aggiunta la novità, incoraggiante.


C’è qualcuno che ci può fare da guida?

I bambini: sono attenti ai luoghi che danno piacere, in genere quelli in cui giocano con i coetanei. Per i genitori si tratta di scoprirli e dargli valore. Ne guadagnano tutti: il legame affettivo si rinforza e la famiglia crea la sua (indispensabile) mappa del cuore.



I tre cardini di una casa bella

«Deve dare piacevolezza immediata (con colori, profumi, ordine); essere comoda (qui entrano in gioco elettrodomestici, l’organizzazione di arredi e stanze); rispecchiare valori e relazioni della famiglia», spiega Paolo Inghilleri. «Riguardo all’ultimo punto, fa scuola la ”teoria della costruzione” dell’architetto cileno Alejandro Aravena: la casa va fatta secondo scelte condivise da tutti perché diventi fonte di legame». In pratica: ok arredare la camera di nostro figlio, ma poi facciamogliela personalizzare in santa pace. Anche se non è il massimo del gusto per noi!



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Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbene in edicola e digitale dal 18 maggio 2021



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