di Giorgio Donegani
Fai parte di quel 54% di donne che di tanto in tanto si gusta un bicchiere di vino? Una cosa va chiarita subito: rosso o bianco che sia, bevilo perché ti piace e non perché “fa bene”: il vino contiene piccole quantità di sostanze salutari, ma la presenza di alcol non lo rende certo un alimento da consigliare. È comunque innegabile che, durante i pasti, contribuisca a dare più sapore al menu e a creare un’atmosfera conviviale.
Il problema, come sempre, è non eccedere per limitare gli effetti tossici dell’alcol che, tra l’altro, è anche nemico della linea (1 grammo fornisce 7 calorie, quasi il doppio dello zucchero). Moderazione dunque. La dose giusta per non rischiare problemi di salute? Lo ha stabilito l’Istituto Superiore di Sanita: 1 unità alcolica (pari a 12 g di alcol, come dire un bicchiere da 120- 125 ml per le donne) e 2 unità (24 g) per gli uomini. Se vuoi perdere peso, però, il discorso cambia.
LE DOSI OK
«La Dieta Libera non esclude il vino dal menu», rassicura la dottoressa Carla Lertola. «Puoi concedertene un bicchiere quando esci a cena con gli amici o se hai invitati a pranzo. Non più di due volte alla settimana però». E se te ne avanza un po’ nella bottiglia non finirlo e non buttarlo. «Utilizzalo per cucinare: con il bianco puoi dare più sapore al risotto, il rosso corposo va bene per insaporire la carne e quello più leggero per dare una nota aromatica alle lenticchie», consiglia la nostra dietologa. «Puoi perfino surgelarlo. Io faccio così. Lo scaldo sul fuoco, per ridurre un po’ l’alcol. Poi lo lascio raffreddare, lo verso in piccoli contenitori da circa 100 ml l’uno e lo ripongo nel freezer. Così non spreco nulla e ce l’ho sempre a disposizione per quando mi serve».
SCEGLI L’ABBINAMENTO GIUSTO
Meglio preferire il “rosso” o il “bianco”? Per le differenze nutrizionali guarda di seguito. Quanto al gusto: un Barolo è diverso da un Merlot o da un Pinot Nero. Così come un Falanghina non può essere paragonato a un Müller-Thurgau. Al di là del sapore, cambia anche la gradazione alcolica: in linea generale, ai piatti più delicati e light si accompagnano bene i vini leggeri, rossi se sono a base di carne, bianchi se sono di pesce. Se cerchi la bottiglia davvero azzeccata vai sul sito della Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori (fisar.org): accanto a ogni ricetta comparirà il vino giusto con cui servirla.
FAI ATTENZIONE AL MARCHIO
La denominazione di origine controllata garantisce il rispetto di un livello di qualità minimo, ma non il vero pregio di un vino: la qualità costa e c’è inevitabilmente differenza tra un Doc proposto a 3 € e lo stesso tipo di bottiglia venduto a 12 €. Scegli dunque i prodotti con il prezzo più alto e preferibilmente a denominazione d’origine controllata e garantita (Docg), che sono sottoposti a controlli più rigidi. Poco ma buono, ricorda!
PUNTA SUL TITPO GIUSTO
➔ IL ROSSO contiene più antiossidanti: resveratrolo (fino a 12 mg/l contro i 2 mg/l al massimo del bianco) e antociani, che provengono entrambi dalla buccia delle uve e svolgono un’azione protettiva nei confronti delle pareti dei vasi sanguigni.
➔ IL BIANCO, privo delle sostanze che rallentano l’invecchiamento cellulare, possiede alcuni composti attivi, come l’acido caffeico, che giocano un ruolo positivo nei confronti sia del cuore sia dei reni. Così, almeno, stando a quanto emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista
internazionale Plos One da un team di ricercatori italiani coordinati da Alberto Bertelli dell’Università degli studi di Milano.
Inoltre, è di solito meno alcolico del rosso e ha un gusto più acidulo, che si traduce in un piacevole senso di freschezza. Ma è anche quello con più solfiti conservanti che in alcune persone possono scatenare un attacco di mal di testa). La quantità massima che può essere aggiunta al vino è stabilita per legge: 150 mg/l per i rossi, 200 mg/l per i bianchi, 250 mg/l per quelli dolci e 400 mg/l per i passiti (solo i prodotti bio rinunciano quasi sempre al loro impiego).
➔ CON LE BOLLICINE Se preferisci i vini mossi a quelli fermi, non hai alcun motivo per rinunciarvi, anzi: l’anidride carbonica ha un effetto anestetico sulle mucose, che aiuta a placare la sete.
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Articolo pubblicato sul n. 8 di Starbene in edicola dal 09/02/2016