di Valeria Ghitti
Tokyo è il posto migliore dove mangiare, almeno secondo l’edizione 2016 della prestigiosa Guida Michelin. La capitale del Giappone, infatti, è la città con più ristoranti segnalati, ben 217, di cui 13 con le ambite tre stelle e 51 con due. Però non serve certo prendere l’aereo e volare dall’altra parte del globo per gustare un menu jap: sushi e tempura hanno conquistato i consumatori e gli indirizzi dove assaggiarli aumentano a vista d’occhio. Ma come individuare i migliori posti che propongono la cucina del Sol Levante?
In Italia si contano non più di una cinquantina di veri ristoranti giapponesi. «A Milano, su circa 400 insegne nipponiche, quelle davvero tali sono più o meno 20. Un’altra decina si trova nella Capitale e il resto è sparso qua e là, a Torino, in altre metropoli e in alcune località turistiche», rivela Annalena De Bortoli, coordinatrice dell’Associazione italiana ristoratori giapponesi (Airg). Prima di prenotare, controlla che il locale scelto (niente “all you can eat”, che sono un’invenzione occidentale) abbia queste caratteristiche. Così sarai sicura di assaggiare piatti autentici.
Cuoco e titolare preparati
«Non occorre che siano giapponesi, ma devono conoscere perfettamente la tradizione culinaria nipponica, saper selezionare le materie prime tipiche, in base a qualità e stagionalità, e utilizzare sapientemente le tecniche di preparazione e presentazione», continua l’esperta. «Alla base della cucina nipponica ci sono prodotti freschi: pesce, verdure, riso e altri cereali, meno la carne. Questi vengono lavorati con 5-6 ingredienti base fermentati (come salsa di soia, miso, mirin), usati in dosi, combinazioni e modi diversi, per dare differenti caratteristiche ai piatti». Per scegliere a colpo sicuro controlla che il ristorante esponga la vetrofania con un pesciolino arancione che nuota in un mare azzurro (è il logo dei veri locali jap aderenti all’Airg).
Cura nei dettagli, non solo a tavola
«È un buon segno trovare avventori di Tokyo e dintorni (se un giapponese è in Italia e vuole sentire il sapore di casa sceglierà i locali autentici)», spiega De Bortoli. «Ed è normale che il personale, così come il menu, sia bilingue. Attenzione però: non devi trovare sulla carta errori di traduzione. Per esempio, un tipico dolce è il Dorayaki (non Doraiachi né Dorayaky) e deve venire specificato che si tratta di un pancake farcito, non di un generico pasticcino o frittella. Sembrano dettagli, ma per la cucina nipponica non sono da trascurare. Altro particolare importante: le pietanze, da quelle dei ristoranti stellati a quelle delle trattorie più popolari, sono sempre presentate in stoviglie a tema stagionale e di forma e colore in armonia con gli ingredienti».
Niente ricette di altre cucine orientali
«Un locale tradizionale non proporrà mai specialità cinesi o thai, anche se hanno ingredienti comuni come la soia, il riso o il sakè», afferma Annalena De Bortoli. «Quindi, evita i posti che hanno nel menu pollo con le mandorle, maiale in agrodolce o spaghetti di soia. Nessun problema, invece, se accanto ai grandi classici (come sushi, tempura, sashimi) trovi una lista di piatti “sconosciuti”, variabili secondo la stagione». Per esempio, adesso che è inverno, zuppe e stufati a base di radici come il taro o il renkon e portate con patate dolci.
Sushi fatto al momento
«Questo piatto simbolo può essere proposto in molti modi, ma quello vero è preparato con pesce tagliato dopo l’ordinazione per ogni bocconcino, abbinato al riso e all’alga all’ultimo e servito subito, così i sapori non si mescolano e l’alga resta croccante», spiega la nostra esperta. Meglio ancora se il “sushiman” (in giapponese “itamae”) lavora sotto i tuoi occhi (come si usa in Giappone) e se dispone di molti tipi di pesci, anche interi e poco conosciuti. Il salmone, da noi molto usato, è invece poco apprezzato in Estremo Oriente. E ricorda che anche le verdure utilizzate devono essere varie e di stagione.
Costo adeguato al menu
In un buon ristorante spendi in media 30-50 € a persona, se pasteggi con il solo sushi. Ma ci sono locali più “in”, dove puoi arrivare anche a 20 € a bocconcino, e quelli più semplici, dove una cena con più portate ti costa meno di 30 € e a pranzo, con menu consigliati, mangi bene anche con 20 €. «Uno chef di formazione nipponica si fa pagare come un cuoco italiano e la spesa per gli ingredienti (esclusi i pochi di importazione), non è necessariamente più elevata», conclude l’esperta.
E al super c’è il take away
Al supermercato spopolano i banchi-frigo che propongono sushi pronto. Dal punto di vista della sicurezza puoi stare tranquilla: il pesce è stato portato a -20 °C per almeno 24 ore in modo da eliminare eventuali larve di parassiti come l’anisakis (è un obbligo di legge che vale anche per i ristoranti). Sulla confezione puoi trovare indicate anche la data di confezionamento e di scadenza. Leggile sempre e, al momento dell’acquisto, controlla che la fettina di pesce non presenti parti più secche e scure, segno di un’esposizione all’aria e quindi di una non perfetta conservazione. «Non illuderti però di gustare così il vero sushi, perché non è preparato espresso. Assomiglia a quello che puoi mangiare nei locali non autentici più che a quello dei veri ristoranti tradizionali», avverte Annalena De Bortoli.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n.1 di Starbene 2016 in edicola dal 22/12/2015