L'attenzione è sempre alta quando si tratta di nei, ma non sono le uniche formazioni da controllare sulla pelle. Ci sono anche le cheratosi attiniche, chiamate anche senili perché sono più frequenti con l’avanzare dell’età. Secondo dati recenti, ne sono colpiti circa il 34% degli uomini e il 20% delle donne.
«Vanno asportate o trattate, perché potrebbero degenerare in una forma tumorale», spiega Mariuccia Bucci, specialista in dermatologia e segretario scientifico Isplad (International Italian Society of Plastic-Aesthetic Regenerative and Oncologic Dermatology). «Questo non accade sempre, per fortuna. Ma dal momento che non c’è modo di saperlo prima, meglio intervenire tempestivamente», avverte l’esperta.
Come si presentano
Nelle fasi iniziali la cheratosi attinica si presenta come una macchiolina rossa con delle crosticine ruvide al tatto che non guariscono. Le zone più a rischio sono il cuoio capelluto, il viso, il décolleté, gli avambracci e il dorso delle mani. Vale a dire, le zone che sono cronicamente esposte all’azione dannosa dei raggi Uv.
«I raggi solari, se presi in modo sconsiderato, possono danneggiare il Dna delle cellule e nell’arco di 20-30 anni provocare la cheratosi attinica», aggiunge l’esperta. «La stessa azione è svolta dalle lampade solari, e proprio il loro uso esagerato sta abbassando l’età di insorgenza di questo problema della pelle, che non è più una prerogativa degli over 50».
Come si rimuovono
I trattamenti delle cheratosi attiniche sono efficaci e non lasciano antiestetici segni sulla pelle.
«Se le chiazze sono piccole e superficiali si prescrive una cura topica», chiarisce la dottoressa Bucci. «L’unguento, oppure gel, va applicato con un leggero massaggio su ogni lesione, un paio di volte al giorno, per un tempo che varia tra uno e tre mesi».
I principi attivi sono di tre tipi diversi con azione differente e si possono utilizzare sia in monoterapia, sia in associazione. «Il primo si chiama 5-fluorouracile ed è un antitumorale», continua la dottoressa Bucci. «Attiva localmente uno stato infiammatorio importante che provoca la morte delle cellule degenerate della cheratosi. L’altro principio attivo si chiama Imiquimod e stimola il sistema immunitario a produrre una sostanza in grado di distruggere le cellule malate. Il terzo è il Diclofenac, un antinfiammaorio non steroideo che viene utilizzato quando gli altri due farmaci non vengono tollerati. Entrambi infatti possono provocare forti rossori e ipersensibilità».
Se il numero di cheratosi è minimo, si preferisce invece la crioterapia. Sulla lesione viene applicato l’azoto che congela e brucia la parte. Si forma una crosticina che nell’arco di un paio di settimane si stacca da sé, lasciando la pelle libera dalla chiazza.
Quando serve la luce
Nei casi più importanti si ricorre alla terapia fotodinamica. Si applica sulle cheratosi un principio attivo fotosensibilizzante, quindi si espone la zona a lampade Led a banda stretta (con lunghezza d’onda di 630 nm) per circa 8-10 minuti. In questo modo, si distruggono selettivamente solo le cellule “malate”.
«Oggi questo tipo di trattamento può essere effettuato sfruttando la luce solare», spiega la dottoressa Bucci. «Si chiama Day-Light: le zone colpite vengono trattate con un farmaco a base di metil-aminolevulinato. Quindi il paziente viene invitato a esporsi per un paio d’ore all’aria aperta, anche se è nuvoloso, l’importante è che non piova. Servono al massimo un paio di sedute e si hanno meno effetti collaterali, quale bruciore e ipersensibilità della pelle, rispetto alla fototerapia tradizionale».
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Articolo pubblicato sul n. 48 di Starbene in edicola dal 13/11/2018