Quando si parla di “lividi”, la prima cosa che viene in mente è quella macchia bluastra, più o meno grande, che compare sul corpo subito dopo aver urtato uno spigolo o fatto un capitombolo.
E invece le ecchimosi, come le chiamano i medici, non sono tutte uguali e hanno cause diverse. Ma soprattutto, possono essere il segnale di malattie anche serie. Abbiamo chiesto ai nostri esperti di chiarire quali sono i tipi principali, perché si formano e come si affrontano.
Ghiaccio e arnica se è colpa delle contusioni
La forma più conosciuta e frequente di ecchimosi consiste in una dispersione di sangue sotto la pelle: «Il trauma provoca la rottura di piccoli vasi sanguigni superficiali e il successivo accumulo nella zona colpita», spiega Riccardo Testa, chirurgo plastico e ricostruttivo a Milano.
Le sue dimensioni dipendono dal punto del corpo dove hai subito la contusione: «Se è una parte morbida come l’addome, l’elasticità della cute riesce ad attutire il colpo e il livido non si forma, oppure resta molto piccolo. Nel caso di braccia o cosce, invece, la comparsa è quasi certa.
Subito sotto la pelle e i muscoli c’è la superficie dura dell’osso, contro cui vengono compressi i vasi sanguigni in seguito al a contusione. Inoltre, se la zona interessata è molto ricca di vasi come nel caso di palpebre o zigomi, sarà più facile la formazione di lividi anche vistosi».
Come intervenire? «Se ha dimensioni contenute (2- 3 cm circa), avvolgi un po’ di ghiaccio in un panno e applicalo sulla parte per 10-15 minuti», suggerisce il medico: l’effetto vasocostrittore diminuisce o blocca del tutto la fuoriuscita del sangue, limitando l’ecchimosi, che sparirà da sola entro 5-6 giorni.
Se però hai molta fretta c’è un’alternativa: «Massaggia delicatamente sulla parte un gel a base di eparina, escina e dietilamina 2 volte al giorno, aiuta a riassorbire il versamento superficiale», consiglia il chirurgo plastico.
«Quando la contusione è stata molto forte, il livido che si forma sarà più grande (anche 10 cm), aumenta gradualmente le sue dimensioni e può portare con sé un gonfiore che fa male, anche senza toccarlo», mette in guardia l’esperto.
Per correre ai ripari fai così: «Applica subito del ghiaccio ma evita il gel, che sarebbe meno efficace perché non riuscirebbe a penetrare in profondità, dove c’è il ristagno di liquidi.
Per facilitare il riassorbimento puoi affidarti a una terapia naturale per bocca: assumi quotidianamente tra i 5 e i 7 granuli di arnica, per 7-10 giorni», suggerisce Riccardo Testa. Se dopo qualche giorno noti che, invece di ridimensionarsi, il livido continua a crescere, vai dal medico: l’emorragia potrebbe non essersi fermata.
Vene fragili: calze elastiche
Alcune persone hanno una maggiore predisposizione alla formazione di piccoli lividi di colore violaceo molto scuro, tendenti al nero, sugli arti inferiori: «Si chiama flebopatia ipotonica costituzionale ed è una particolare fragilità di minuscole vene del corpo, spiega il dottor Giacomo Mangiaracina, flebologo ambulatoriale a Roma.
Ma non si tratta dei capillari, come spesso si tende a pensare: «Questi misurano circa 10 micron (millesimi di millimetro), quindi sono troppo piccoli per essere visibili a occhio nudo, anche se si rompono. È più corretto parlare di rottura di una o più venule che percorrono soprattutto la parte inferiore del corpo».
A chi soffre geneticamente di questo problema, basta poco per assistere alla formazione spontanea dei piccoli lividi: «Può essere innescata dagli scompensi ormonali in gravidanza oppure in menopausa, quando aumenta la pressione sulle venule periferiche, soprattutto quelle vicino alle caviglie. Ma anche dall’uso di farmaci come i cortisonici.
Oppure da sforzi fisici (compresi quelli per evacuare in caso di stipsi) o, nei casi più seri, perfino da semplici colpi di tosse». Spesso il problema si risolve da sé: «I tempi variano da pochi giorni a 6-8 settimane, in particolar modo negli anziani.
Il flebologo valuta se è il caso che il paziente corregga la sua alimentazione, aumentando le dosi di frutta e verdura, e beva di più (2 litri d’acqua al giorno). Molto spesso prescrive l’uso di una calza elastica, soprattutto nei mesi freddi (da ottobre a maggio) per contrastare l’aumento di pressione nella circolazione sanguigna», specifica il dottor Giacomo Marracina.
I controlli vanno fatti almeno una volta l’anno dopo l’estate, a ottobre, con un semplice esame Doppler venoso degli arti inferiori (test indolore e non invasivo che serve a valutare il flusso sanguigno dei principali vasi).
Ma se gli episodi di ecchimosi sono ricorrenti bisogna rivolgersi a un ematologo per controlli più approfonditi.
Problemi di coagulazione? Serve un prelievo
Gli ematologi le chiamano petecchie: «Sono puntini di colore rosso vivo del diametro di 3-4 mm, appena più grandi e visibili se collegate tra loro.
La loro comparsa è collegata a una carenza di piastrine, elementi del sangue che contribuiscono alla coagulazione: in una persona sana dovrebbero essere tra 150 mila e 400 mila, se ce ne sono di meno potrebbe trattarsi di piastrinopenia autoimmune (detta anche porpora idiopatica)», spiega il professor Fabrizio Pane, docente di ematologia e direttore dell’Unità operativa di ematologia e trapianti di midollo all’Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli.
Questi particolari lividi si formano spontaneamente e su tutto il corpo: «I vasi si “stirano” anche in seguito a un banale movimento di un braccio, dunque la circolazione cutanea e quella dei muscoli è continuamente esposta al rischio di rottura, con la conseguente formazione di singole petecchie o di diverse macchie insieme. Gli anziani sono i più esposti perché, con l’avanzare dell’età, i tessuti si impoveriscono di fibre elastiche».
La presenza delle petecchie può dipendere anche da diverse patologie: «Una malattia autoimmune come il Lupus eritematoso sistemico, ma anche anemia, mononucleosi, varicella e alcuni tumori del sangue», elenca il medico.
Il primo passo è la diagnosi: «Basta un prelievo, l’emocromo, con cui si misura la quantità di piastrine nel sangue.
Per una conferma definitiva l’ematologo può prescrivere anche una biopsia del midollo; indolore, si effettua in ambulatorio, in anestesia locale, attraverso uno speciale ago che viene inserito nella parte posteriore del bacino».
Le petecchie si formano e scompaiono di continuo: non danno dolore né prurito e, appena la quantità di piastrine torna ad aumentare, vanno via. La terapia: «Si comincia con il cortisone a dosaggio pieno (1 mg per kg di peso del paziente) e, in certi casi, immunoglobuline per endovena.
Dopo circa 6 mesi si ricorre a farmaci analoghi agli ormoni che stimolano i precursori delle piastrine. Se la malattia non risponde al cortisone, l’ematologo valuta la possibilità di un intervento per asportare la milza», conclude il professor Fabrizio Pane.
Il colore rivela la sua "età"
Se l’ecchimosi dipende da una contusione, è possibile capire quando si è formata e quanto ancora sarà presente sul corpo dal tipo di colorazione.
1 Se è rosso intenso Il livido si è appena formato e dal trauma è passata qualche ora. Questa tinta dipende dall’emoglobina (sostanza presente nei globuli rossi) che si è accumulata subito sotto la pelle
2 Se è viola-bluastro Già il giorno successivo all’impatto che lo ha provocato, il livido assume la sua tinta più tipica: questo accade perché l’emoglobina si è ossidata. Se l’ecchimosi è di media grandezza (circa 4-5 cm), resterà di questo colore per altri 3-4 giorni prima di cominciare a schiarirsi. Se invece è più rande i tempi si allungheranno di poco.
3 Se è giallastro - A una settimana dalla contusione, il livido si schiarisce in maniera graduale, fino a raggiungere tale colorazione. Entro 24-48 ore scomparirà del tutto.
Fai la tua domanda ai nostri esperti