Piccola e complessa, l’articolazione della mandibola è fatta per aprirsi e chiudersi scivolando in avanti, indietro e lateralmente. Inoltre è sempre in movimento: anche quando siamo in silenzio e a bocca chiusa è impegnata nella deglutizione della saliva, che eseguiamo una volta al minuto.
Tutto questo lavoro la rende anche delicata e, considerato il suo ruolo essenziale per masticare e parlare, è facile comprendere i problemi con cui ci si trova a fare i conti se comincia a far male, aprirsi e chiudersi in modo imperfetto, “scricchiolare” o addirittura a bloccarsi.
Ecco, quindi, una guida per scoprire i disturbi più frequenti a carico della mandibola e come risolverli.
LO STRESS: UN NUOVO NEMICO
Avverti dolore a bocca, zigomi e davanti all’orecchio ma anche alle tempie e alla testa, tanto che sbadigliare risulta impegnativo e masticare un chewing-gum è proibitivo? Potrebbe essere disordine temporo-mandibolare. «È una riduzione della funzionalità della mandibola che può, per esempio, non aprirsi a sufficienza, o farlo deviando su un lato, associata a dolore. A lungo è stato ritenuto una conseguenza delle malocclusioni dentali, che possono essere presenti, ma il loro ruolo non è chiaro. Risulta sempre più cruciale invece, il fattore stress», spiega il dottor Daniele Tonlorenzi, odontoiatra gnatologo a Carrara (Massa Carrara).
“Stringere i denti” in momenti di tensione fisica ed emotiva è normale, ma c’è chi tende a farlo in continuazione, inconsciamente: «I muscoli masticatori finiscono così costantemente contratti in una morsa, si accorciano, si riduce la cosiddetta dimensione verticale (la distanza fra la punta del naso e quella del mento) e scompare lo spazio libero occlusale, quello che a riposo c’è tra le due arcate dei denti chiuse», continua l’esperto.
«La muscolatura masticatoria comincia a far male e, con essa, anche quella di collo, testa e schiena. Inoltre, in questi casi si verifica una maggiore sensibilità al dolore in tutto il corpo, che con il tempo può diventare cronico». Inoltre, è spesso presente anche il bruxismo, il digrignamento notturno che logora i muscoli, aumenta la stanchezza e danneggia il sorriso.
PRIMA SI RILASSA, POI SI CORREGGE
Come intervenire? «Bisogna permettere all’articolazione di ritrovare la fisiologica posizione di riposo che consente ai muscoli di decontrarsi. Questo si ottiene realizzando un bite su misura, una specie di placca di resina trasparente da indossare tutte le notti sull’arcata inferiore, in modo da ricreare lo spazio libero occlusale», spiega Daniele Tonlorenzi. «Per la realizzazione del dispositivo si prendono le impronte delle arcate dentarie, ma prima occorre rilassare la muscolatura con alcuni minuti di stretching mandibolare, eseguito dallo specialista con specifiche manovre manuali».
Il bite personalizzato va portato tutte le notti per non meno di 4-5 mesi, affinché il sistema neuromuscolare (i muscoli ma soprattutto il cervello che li comanda) venga decondizionato e, in un certo senso, “riprogrammato”. «Poi, una volta riequilibrata l’articolazione ed eliminato il dolore, si può intervenire sui denti, per riparare eventuali danni da usura e correggere i difetti di occlusione che potrebbero favorire la ricomparsa del disordine. Di solito, i denti posteriori risultano più bassi o consumati, quindi vanno portati all’altezza di quelli anteriori», specifica l’odontoiatra.
QUANDO UN COLPO LA MANDA IN TILT
La mandibola fa click? «È il classico segnale della cosiddetta incoordinazione condilo-discale, spesso conseguenza di un trauma (per esempio un colpo di frusta o una botta mentre si fa sport). Ma in chi presenta un’articolazioni già poco equilibrate può anche essere colpa di un’estrazione, soprattutto dei denti del giudizio», spiega il dottor Tullio Toti, responsabile clinico Gnatologia della Smart dental clinic, Gruppo ospedaliero San Donato, e Direttore medico Unità di odontoiatria della Clinica San Carlo di Paderno Dugnano (Milano).
L’articolazione temporo-mandibolare è costituita dalla parte finale dell’osso della mandibola, il condilo, che si inserisce nella cavità corrispondente, nella zona inferiore del cranio; tra queste 2 strutture si trova un disco che agevola i movimenti dei capi articolari.
«Il problema si verifica nel momento in cui il disco non si trova nella sua posizione naturale ma, nei casi più frequenti, scivola in avanti rispetto al condilo quando la bocca è ancora chiusa, diventando un ostacolo durante l’apertura; poi torna al suo posto, a bocca aperta. Il “click” che si avverte è dato proprio dal condilo mandibolare che si trova a dover scavalcare il disco», continua l’esperto. «Se non si corre ai ripari, con il passare del tempo il suono può scomparire ma solo perché il disco è scivolato ulteriormente e non torna più a posto». Di conseguenza non è più possibile aprire completamente la bocca, che tende anche a deviare verso il lato bloccato: all’inizio questa situazione può anche non creare disagi, ma con il tempo diventa dolorosa.
L’ACCOPPIATA VINCENTE: BITE ED ESERCIZI DI FISIOTERAPIA
«Dopo l’eventuale ricorso a antidolorifici e miorilassanti per contrastare il dolore e la contrazione muscolare, basta imparare alcuni esercizi di mobilizzazione dell’articolazione. Si tratta di una sorta di fisioterapia che viene insegnata dallo gnatologo, da ripetere a casa quotidianamente, utile per allungare i legamenti e fare in modo che superino il disco senza che questo scivoli ulteriormente in avanti. Sono sufficienti 4 ripetizioni per 4 volte al giorno», specifica Tullio Toti.
Quando si è già arrivati al blocco articolare con deviazione, la fisioterapia aiuta a rinforzare la mandibola e i legamenti: «Ma a questo punto occorre anche riposizionarla correttamente, per restituirle stabilità ed evitare recidive. Perciò si ricorre a una placca in resina realizzata su misura, che funziona un po’ da “tutore”. In genere si porta, sull’arcata inferiore sia di giorno, sia di notte, e va tolta solo durante i pasti, finché nell’arco di qualche mese il trauma non si è risolto completamente. Soltanto dopo si valuta se stabilizzare l’occlusione con protesi dentali o correzioni ortodontiche», precisa l’esperto.
SE RESTI A BOCCA APERTA
Sbadigliare e non riuscire più a chiudere la bocca, con la mascella deviata lateralmente e che fa male? «È il risultato di una lussazione articolare. Il condilo della mandibola fuoriesce dalla cavità in cui è inserito e non è più in grado di rientrare», specifica il dottor Tullio Toti. «Il problema può essere dovuto a un trauma, ma tende a verificarsi con più facilità in chi ha i legamenti temporomandibolari cedevoli, tanto da soffrire di un’ipermobilità della mandibola. Si tratta per lo più di giovani donne dalla corporatura esile, con un’apertura della bocca che arriva anche a 6-7 cm quando, mediamente, dovrebbe essere di 3,5-4 cm. In queste persone anche un banale sbadiglio può portare alla lussazione», mette in guardia lo specialista.
SUBITO AL PRONTO SOCCORSO
Il blocco dell’articolazione temporomandibolare in apertura è molto doloroso perché i muscoli si contraggono con forza e si infiammano. Non solo: questa situazione spaventa molto chi ne è colpito (se non riusciamo a chiudere la bocca, non siamo in grado di deglutire la saliva) e richiede un intervento d’urgenza al pronto soccorso.
«Il medico esegue una specifica manovra di sblocco, mettendo i pollici in bocca, sopra i molari inferiori, e il resto delle dita sotto la mascella. Quindi, spinge verso il basso e all’indietro, finché l’articolazione non rientra in sede», descrive il dottor Tullio Toti. «Vengono poi suggeriti degli esercizi da fare quotidianamente, 4 ripetizioni per 4 volte al giorno ciascuno, utili per contenere l’apertura mandibolare e stimolare una maggiore tensione dei legamenti. Per esempio, viene suggerito al paziente di mettere la punta della lingua dietro gli incisivi e aprire la bocca senza staccarla. Questi movimenti vanno eseguiti soprattutto durante le prime 4-6 settimane che seguono la lussazione, affiancati ad altri consigli utili per contenere l’apertura della bocca come sminuzzare il cibo in piccoli bocconi, evitare gli alimenti che richiedano una masticazione impegnativa e, quando si sta per sbadigliare, mettere un pugno sotto il mento», specifica l’esperto.
Di solito, contando sulla collaborazione del paziente, nel giro di pochi mesi si riesce a ottenere un buon controllo dell’apertura dell’articolazione, evitando il rischio di nuove lussazioni e altri interventi.
GLI ESAMI UTILI PER LA DIAGNOSI
Per diagnosticare un disturbo alla mandibola lo gnatologo esegue prima una visita, controllando come e quanto si apre la bocca, lo stato dei denti e indagando su eventuali difficoltà incontrare quando si parla o si mastica. In genere l’esperto può anche suggerire altri esami, fra cui le radiografie dell’articolazione temporomandibolare.
«È possibile ricorrere anche a una Tac o a una risonanza magnetica, a bocca chiusa e in massima apertura: la prima per controllare le strutture ossee, la seconda in modo da valutare le parti molli. Spesso, inoltre, si esegue un’elettromiografia, per misurare la funzionalità dei muscoli masticatori e il grado di tensione, anche in vista della realizzazione di un bite», precisa il dottor Tullio Toti.
«Personalmente, ritengo più utile misurare le variazioni della frequenza cardiaca. Questo parametro si ottiene con un saturimetro, un piccolo apparecchio applicato sul dito, e permette di valutare anche il grado di dolore e stress del paziente. Quindi risulta valido sia prima, sia dopo il trattamento del disordine mandibolare, per misurare i risultati ottenuti. Quando si serrano i denti, infatti, la frequenza cardiaca aumenta, mentre si abbassa con il rilassamento indotto dallo stretching mandibolare», sottolinea il dottor Daniele Tonlorenzi.
TUO FIGLIO DEGLUTISCE BENE?
Di solito, quando si inghiottisce, la lingua va a toccare un punto del palato posto dietro gli incisivi superiori (spot palatino), le arcate dentali si toccano e le labbra si chiudono senza sforzo. «Se, invece, quando si “manda giù” i muscoli intorno alla bocca si contraggono per chiuderla e la lingua non si posiziona sulla spot palatino, si ha una deglutizione atipica», mette in guardia il dottor Daniele Tonlorenzi.
I bambini possono manifestarla già in età prescolare e, nel caso, è bene portarli dallo gnatologo o un logopedista specializzato in deglutologia: «Intervenire permette di prevenire un possibile sviluppo scorretto della bocca e una malocclusione che, con il tempo, potrebbe creare problemi», avverte l’esperto. «Allo scopo si usano dei particolari apparecchi di gomma in grado di far assumere alla lingua una posizione corretta e rieducare la muscolatura della bocca. Vanno posizionati fra le labbra, spesso anche solo 15 minuti al giorno, per alcuni mesi».
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Articolo pubblicato sul n. 38 di Starbene in edicola dal 4/9/2018