Nella mitologia greca, Penia era la personificazione della povertà e del bisogno, per cui tutte le condizioni mediche che utilizzano quel suffisso indicano qualche forma di carenza patologica. È il caso dell’osteopenia, dove le ossa sono più deboli del normale a causa di una bassa densità minerale, ma non ancora così tanto da poter parlare di osteoporosi.
«In realtà, le due condizioni sono pressoché sovrapponibili, anche a livello diagnostico, per quanto la seconda sia più severa in termini di intensità», precisa il dottor Federico Guermani, ortopedico presso il Centro Medico Chiros di Torino. «A livello radiologico, entrambe si presentano con delle rarefazioni a livello osseo, che possono essere approfondite con l’esame dell’assorbimetria a raggi X a doppia energia, nota anche come DEXA, e magari con delle indagini sul sangue per controllare alcuni parametri, come calcemia o fosforemia, oppure per valutare i livelli dei marcatori di turnover osseo, indicatori biochimici che misurano il processo di formazione e riassorbimento della massa ossea».
Qual è la differenza tra osteoporosi e osteopenia
Cugina della più famosa osteoporosi, l’osteopenia rientra nel normale processo di invecchiamento dell’organismo, le cui strutture – fra cui il tessuto osseo – subiscono una progressiva riduzione quantitativa e qualitativa nel corso degli anni. Se entro certi limiti questo processo è del tutto normale, superata una certa soglia può diventare patologico e va corretto. «Mentre nell’osteopenia si riduce l’attività degli osteoblasti, ovvero delle cellule responsabili della formazione di nuovo tessuto osseo, nell’osteoporosi il danno è già avanzato e le ossa si presentano porose, più fragili e sensibili alle rotture», spiega il dottor Guermani. «In parole semplici, mentre nell’osteoporosi c’è una carenza di calcio, nell’osteopenia sono carenti le cellule che lo trattengono».
Quali sono i sintomi
Le zone dello scheletro più soggette a osteopenia sono quelle sottoposte a maggiore carico, come i corpi intervertebrali o la testa e il collo del femore, dove si riscontrano i maggiori danni strutturali. «Non è sempre facile arrivare a una diagnosi tempestiva, perché all’inizio l’osteopenia è silente, priva di sintomi evidenti, mentre nel tempo possono insorgere fratture ossee», descrive il dottor Guermani. «L’unico segno a cui bisogna prestare attenzione è il dolore generalizzato, perché le ossa più fragili e maggiormente sottoposte alle sollecitazioni meccaniche ci “avvisano” del loro disagio attraverso una dolenzia diffusa».
A chi rivolgersi
L’osteopenia si manifesta con maggiore frequenza nelle donne, soprattutto dopo la menopausa, ma può essere presente anche in giovane età quando le ossa non raggiungono una densità ottimale. «Già il medico di base può accorgersi del problema grazie a qualche esame di controllo sullo scheletro, consigliato a partire dai 45-50 anni, mentre l’eventuale trattamento può essere affidato a ortopedici o fisiatri», illustra il dottor Guermani. Saranno loro a impostare la terapia più corretta, che passa innanzitutto attraverso una correzione dello stile di vita.
Come si cura
Il primo passo da compiere per trattare l’osteopenia (ma anche per prevenirla) è condurre uno stile di vita sano, che comprenda una corretta alimentazione, un’attività fisica quotidiana e un’astensione da alcol e fumo di sigaretta. «La dieta deve essere ricca di calcio, ma in generale varia ed equilibrata, mentre l’attività fisica va praticata ogni giorno, perché il tessuto osseo è sensibile agli stimoli provenienti dall’esterno e risponde ai carichi meccanici a cui viene sottoposto modificando la sua architettura», conclude l’esperto.
Se poi la situazione è conclamata e rischia di degenerare in osteoporosi, il medico può prescrivere alcuni integratori (per esempio a base di vitamina D3, silicio o vitamina K) per coadiuvare la fissazione del calcio a livello osseo oppure dei farmaci specifici (bifosfonati) nelle situazioni più gravi.
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