Arriva l’estate e le cronache cominciano a raccontare di casi come quello accaduto nelle scorse settimane a Pescara, dove circa 140 bambini di una scuola elementare hanno avvertito dolori addominali, diarrea, vomito e crampi dopo aver mangiato alla mensa. «Con tutta probabilità si trattava di cibo mal conservato, una delle cause principali di problemi gastrointestinali quando arriva la stagione calda», osserva il dottor Angelo Zullo, gastroenterologo dell’ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma e membro del Consiglio direttivo nazionale dell’Associazione italiana gastroenterologi ospedalieri (Aigo).
Ma oltre alle tossinfezioni alimentari, più frequenti perché le alte temperature favoriscono la proliferazione batterica, i problemi “di pancia” durante la bella stagione compaiono spesso anche per altri motivi. «D’estate si tende a consumare più cibi capaci di agire sul nostro apparato gastrointestinale provocando gonfiori, irregolarità, talvolta stipsi, spesso diarrea», fa presente il dottor Zullo.
Qualche esempio? «I gelati, la frutta molto zuccherina, ma anche altri alimenti che si ama consumare quando fa caldo, come i pomodori e la mozzarella». Altra tipica causa? Le bevande gelate: «L’intestino reagisce male al cambio improvviso di temperatura, la sua motilità si altera e scatta la diarrea», fa notare il nostro esperto.
Qualcosa di molto simile accade quando ci si espone senza protezioni all’aria condizionata: «Basta lasciare l’addome scoperto per rischiare una scarica diarroica già nel giro di 15-20 minuti, e ciò succede soprattutto ai soggetti che hanno già disturbi intestinali o ne sono spesso vittima», avverte Zullo.
DOVE SI ANNIDANO I GERMI
Torniamo ai batteri: «Il rischio di contaminazioni non riguarda solo cibi crudi come il pesce, ma anche piatti molto diffusi come la pasta fredda o i dolci con la crema pasticcera. Così, quando per esempio si pranza fuori casa, se gli ingredienti non sono stati ben conservati, hanno un’alta probabilità di contenere batteri capaci di causare una gastroenterite». Si tratta del tipico disturbo intestinale dell’estate, che si manifesta con nausea e conati di vomito, accompagnati da diverse scariche di diarrea.
«Tra i batteri più pericolosi ci sono la Salmonella, l’Escherichia coli o il Campylobacter (il responsabile dell’intossicazione dei bambini della scuola di Pescara - ndr). Una gastroenterite di questo tipo si può contrarre anche facendo il bagno al mare, se l’acqua non è pulita e contiene alte concentrazioni di colibatteri, cioè quei microrganismi derivati dalle feci umane, e il clima è molto caldo», precisa il dottor Zullo.
A VOLTE È COLPA DI UN VIRUS
La gastroenterite estiva può anche essere virale: «Con il caldo, gli enterovirus si moltiplicano facilmente. Diventa dunque più facile prendersi la classica influenza intestinale, perché questi microrganismi abitano gli stessi ambienti dei batteri, cibo e acqua in particolare, e si trasmettono nello stesso modo», sottolinea il nostro esperto.
LE CURE SONO SEMPLICI
Come difendersi da una gastroenterite? «Se le scariche di diarrea non sono più di due o tre al giorno e non ci sono altri sintomi, siamo quasi certamente di fronte a un problema che si risolverà da sé senza bisogno di farmaci. È il caso per esempio di un colpo di freddo o di un virus: al paziente basterà aspettare un paio di giorni o poco più, avendo cura di idratarsi, bevendo almeno due litri d’acqua al giorno per compensare la dispersione di liquidi, e seguire un’alimentazione leggera per non aggravare l’intestino già sotto stress», osserva il dottor Zullo.
«Se invece, oltre alle scariche, sono presenti dolore, febbre e tracce di sangue nelle feci, con molta probabilità potrebbe trattarsi di un’infezione batterica. In questo caso, il medico di solito prescrive un antibiotico specifico come la ciprofloxacina, da prendere per 5 giorni ogni 12 ore».
ATTENZIONE AGLI ANTIDIARROICI
I farmaci antidiarroici vanno usati con cautela e solo se strettamente necessario: «La loro funzione consiste nel bloccare la peristalsi intestinale, ma questo movimento è in realtà una difesa naturale dell’organismo per facilitare l’espulsione di elementi nocivi. In caso di virus o batteri, dunque, bloccarne la fuoriuscita vorrebbe dire favorirne la proliferazione nell’intestino, complicando la situazione», spiega il nostro esperto.
«Diverso è il discorso per la diarrea da colpo di freddo, in cui il responsabile non è né un virus né un batterio. Ma in questo caso, le scariche non sono mai molte, e si verificano peraltro nel giro di 20-30 minuti, a breve distanza l’una dall’altra. Ecco quindi che l’antidiarroico diventa sostanzialmente inutile», chiarisce il dottor Zullo.
Questi farmaci sono dunque da considerarsi una buona soluzione soltanto per le emergenze: «Possono essere utili se, per esempio, siamo in vacanza e dobbiamo prendere un traghetto o un aereo a breve, oppure se bisogna affrontare un impegno importante entro poco tempo e non possiamo entrare in bagno continuamente. In ogni caso, gli antidiarroici non vanno presi per più di due giorni consecutivi. E se il problema persiste, bisogna sempre rivolgersi al medico», spiega il nostro esperto.
OCCHIO A QUESTI ERRORI
Sulla diarrea persistono falsi miti duri a morire: «Molti sono convinti, per esempio, che il limone abbia effetti astringenti. Invece è vero il contrario: contiene infatti acido ascorbico che facilita la peristalsi, dunque è molto più probabile che bere tanto succo di agrumi accentui il problema, piuttosto che bloccarlo», sottolinea Zullo.
«Un altro luogo comune riguarda il consumo di riso o di patate lessate: di per sé questi alimenti non hanno alcun effetto antidiarroico. Il loro beneficio, casomai, sta nel fatto che rappresentano perfetti ingredienti di una dieta leggera ideale per l’intestino infiammato da una gastroenterite. A differenza di pasta, frutta e verdura, il cui passaggio lascia invece residui che affaticano il colon già sotto stress».
E poi ci sono gli errori che commettiamo mantenendo alcune abitudini cui siamo molto affezionati: «Quando si ha la diarrea bisognerebbe eliminare del tutto il fumo e il caffè. La nicotina e la caffeina stimolano la peristalsi, così come fanno anche la teina del tè e la teobromina del cacao, seppure in misura inferiore», spiega l’esperto.
Un altro errore? A volte ci si allarma inutilmente: «Troppe persone si rivolgono al medico solo perché hanno notato che la consistenza delle feci è più morbida del solito. In realtà questo può accadere anche in assenza di gastroenterite o problemi al colon: ad esempio per un farmaco che si assume o per un cibo che si è mangiato. Di diarrea si deve parlare solo quando si va più di 3 volte al giorno in bagno, e si espellono feci non formate», conclude il dottor Zullo.
PER LA STIPSI NON PRENDERE LASSATIVI
In vacanza modifichiamo le nostre abitudini alimentari e gli stili di vita, perché ci troviamo a vivere in luoghi e ambienti nuovi. Risultato: l’intestino può diventare irregolare soprattutto in coloro che già soffrono del problema ma anche in chi di solito è preciso come un orologio.
«Innanzitutto ricordiamo che la stitichezza è davvero tale solo quando si verificano meno di tre evacuazioni alla settimana. E deve mettere in allarme solo se si presenta all’improvviso in un paziente over 50, ci sono tracce di sangue evidenti nelle feci e si ha familiarità per il tumore al colon, perché potrebbe esserne un sintomo. Negli altri casi si può gestire e risolvere senza difficoltà», avverte il gastroenterologo Angelo Zullo.
L’ultima novità nel trattamento rende superati i lassativi: «Oggi i gastroenterologi preferiscono usare le cosiddette sostanze osmotiche: la più diffusa è il macrogol, una molecola che serve a richiamare acqua nell’intestino, favorendo la peristalsi e quindi l’evacuazione. Si tratta di sostanze che hanno la forma di minuscole palline di gomma che non vengono assorbite dall’organismo, ma espulse con l’evacuazione. Queste “gommine” si prendono a metà pomeriggio con un bicchiere d’acqua naturale, a cui ne devono seguire altri due o tre nell’ora successiva. Già nei primi giorni di trattamento si hanno dei miglioramenti», conclude il dottor Angelo Zullo.
SE TI COGLIE IN VACANZA
I problemi intestinali che compaiono in vacanza finiscono spesso sotto la generica definizione di “diarrea del viaggiatore”. Con riferimento, dunque, alle situazioni spesso complicate dal punto di vista igienico-sanitario che si incontrano nelle mete esotiche, soprattutto in Asia e in Africa.
In realtà le cose non stanno proprio così: «Quasi nessuno sa, infatti, che la flora batterica potenzialmente responsabile di questi disturbi si trova già poco distante dall’ambiente in cui di solito viviamo», fa notare il dottor Zullo. «Vuol dire che i batteri normalmente presenti in una città come Milano saranno diversi da quelli che si trovano ad esempio a Roma o a Palermo. Gli oggetti che tocchiamo, gli stessi cibi e bevande che consumiamo quando siamo lontani da casa, sono potenziali fonti di contaminazione per un organismo che non è abituato a loro». Insomma, non serve viaggiare in altri continenti per ritrovarsi con disturbi gastrointestinali, perché basta allontanarsi dalla città in cui si vive abitualmente.
«Di fronte ai batteri locali diversi dal solito il corpo potrebbe risentirne», precisa Zullo. Che fare? «C’è chi usa i probiotici, come i fermenti lattici, in funzione preventiva, cominciando ad assumerli già da qualche giorno prima di partire, a prescindere dalla meta finale. Può funzionare, ma il vantaggio non è così rilevante: nel caso in cui dovesse arrivare una diarrea, il problema si risolverebbe in 4 giorni rispetto ai 5 necessari, se non si sono presi i probiotici», osserva l’esperto. «Se il problema non rientra in 2 giorni, o se ci sono febbre, dolori e tracce di sangue nelle feci, la soluzione è un antibiotico specifico».
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Articolo pubblicato sul n. 27 di Starbene in edicola dal 19/6/2018