Non sempre i cattivi nascono malvagi. È il caso del colesterolo, che non è pericoloso in senso assoluto, perché si tratta di una sostanza necessaria al buon funzionamento dell’organismo: per esempio, è il principale costituente delle membrane cellulari e partecipa alla sintesi di alcuni ormoni, oltre che della vitamina D.
«Il problema nasce quando aumentano troppo i livelli di colesterolo in particolare quelli della frazione LDL, perché queste molecole tendono a depositarsi sulle pareti delle arterie fino a formare placche che ostruiscono come un “tappo” il normale flusso del sangue», racconta il dottor Roberto Volpe, medico ricercatore dell’Unità prevenzione e protezione del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. «Oltre a impedire a organi e tessuti di ricevere il giusto livello di ossigeno e nutrienti, queste placche rischiano di rompersi e i loro frammenti possono staccarsi, migrare all’interno dell’albero arterioso e occludere arterie distanti. I tre distretti più a rischio sono cervello, cuore e arti inferiori, dove possono manifestarsi rispettivamente malattie acute come ictus, infarto miocardico e ischemia degli arti inferiori, con esiti anche molto gravi».
Quando preoccuparsi del colesterolo alto
Per chi non ha mai avuto un evento cardiovascolare (come infarto, ictus o angina), il campanello d’allarme deve iniziare a suonare quando il valore di colesterolo totale supera i 200 mg/dl e, in particolare, quando i livelli di LDL oltrepassano i 130 mg/dl (ma l’asticella per una reale prevenzione dovrebbe essere posta già a 100 mg/dl).
«Minore tolleranza è concessa invece a chi ha già avuto eventi acuti o soffre di particolari patologie, come il diabete, oppure presenta un’ipercolesterolemia genetica-familiare. In questo caso, bisognerebbe mantenere i valori di LDL al di sotto dei 70 mg/dl», raccomanda il dottor Volpe.
Come calcolare il valore di LDL se non lo troviamo nelle ultime analisi del sangue?
Basta utilizzare la cosiddetta formula di Friedewald: colesterolo totale - (colesterolo HDL + trigliceridi/5). Sul web sono disponibili siti che consentono un rapido calcolo, evitandoci di fare troppe operazioni se la matematica non è il nostro forte. «Unica pecca: questa formula perde accuratezza quando i trigliceridi sono elevati, già oltre 250-300 mg/dl, perché l’LDL risulta “falsamente” troppo basso», spiega l'esperto.
Quali sono i fattori che fanno alzare il colesterolo
L’eccesso di colesterolo può essere causato da stili di vita scorretti, che includono fumo di sigaretta, sedentarietà e una dieta non equilibrata, caratterizzata dal consumo di grandi quantità di grassi saturi. «Può esistere anche una predisposizione genetica, mai da sottovalutare: circa il 16 per cento delle donne e il 36 degli uomini con ipercolesterolemia familiare ha un infarto prima dei 50 anni, perché alle spalle ci sono molti più anni di accumulo arterioso rispetto a chi manifesta il colesterolo alto in età avanzata», specifica Volpe.
«Basti pensare che la diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta già sul sangue del cordone ombelicale: se i bambini sani nascono con un colesterolo LDL sui 40 mg/dl, in quelli con familiarità potrebbe attestarsi sugli 80 mg/dl, seppure con le dovute differenze individuali». Possiamo comunque fare molto: avere il colesterolo alto sin dalla nascita non è un fatto “naturale”, ma resta un fattore negativo da contrastare fin da subito con un corretto stile di vita.
È possibile abbassare il colesterolo in poco tempo?
Chi si accorge del problema colesterolo alto vorrebbe spesso correre ai ripari in tempi brevi e senza troppi sforzi. «In realtà, il colesterolo non determina rischi da un giorno all’altro, ma sul lungo periodo: ciò significa che non è necessario dargli un’improvvisa sforbiciata, peraltro impossibile», ammette Volpe.
«L’unico modo per ottenere risultati in breve tempo, già in 15-20 giorni, è una terapia farmacologica: oggi abbiamo diversi strumenti a disposizione, come statine, ezetimibe e inibitori della PCSK9, che vanno scelti in base alla propria situazione e risposta individuale».
Spesso invece ci si affida al fai-da-te, acquistando autonomamente integratori a base di riso rosso fermentato, percepito come naturale e quindi meno “pericoloso” dei medicinali. «Si tratta di prodotti che contengono una sostanza attiva, la monacolina K, che di fatto è una statina e va a interferire con la produzione di colesterolo a livello epatico. Dunque, anche il riso rosso fermentato potrebbe provocare disturbi muscolari, rigidità e dolore che talvolta vengono attribuiti alle statine, ma che in realtà sono eventi piuttosto rari e spesso sono confusi con i dolori da artrosi». Riassumendo: deve sempre essere il medico a consigliare e poi supervisionare la terapia.
Cosa evitare a tavola
La dieta deve limitare i grassi saturi di origine animale (carni rosse, insaccati, formaggi, latte intero, panna, burro, strutto), mentre sulle uova è giusto sfatare un falso mito: «Un uovo apporta 75 calorie e contiene il 9 per cento di grassi, di cui solamente un terzo è saturo. In più contiene lecitine, che favoriscono il trasporto inverso del colesterolo “cattivo” dalle arterie al fegato, potenziando l’attività di quello “buono”, il colesterolo HDL. Questo significa che non dobbiamo accanirci contro questo alimento, tra l’altro nobilissimo e ricco di virtù. Due o tre uova alla settimana non sono dannose, l’importante è non mangiarne due insieme, peggio se fritte». Meglio evitare poi, o comunque limitare, anche i dolci, spesso correlati solamente al rischio di diabete, ma in realtà altrettanto ricchi di grassi più o meno nascosti.
Cosa mangiare con il colesterolo alto
Come iniziare la giornata? Con una tazza di latte parzialmente scremato o un tè e una fonte di cereali integrali: bastano tre porzioni di questi ultimi (l’equivalente di 50 grammi) al giorno per ridurre del 20 per cento il rischio cardiovascolare. «Una fetta di pane integrale oppure quattro fette biscottate corrispondono a una porzione, così come 80 grammi di pasta o riso. Quindi non serve molto per raggiungere la quota consigliata».
Un’altra buona abitudine mattutina può essere l’assunzione di uno yogurt addizionato con fitosteroli, molecole di origine vegetale che aiutano a diminuire l’assorbimento del colesterolo alimentare a livello intestinale (il consumo può, in alternativa, essere spostato a fine pranzo o cena), senza scordare l’importante apporto delle fibre, presenti ad esempio nella frutta. Tutte routine salutari che possono aiutarci ad abbassare il colesterolo del 5-10 per cento, un piccolo traguardo in apparenza, ma comunque importante per limitare i danni a lungo termine». Chi invece preferisce una colazione salata può abbinare al pane integrale qualche foglia di insalata e pomodoro oltre a fesa di tacchino, bresaola, prosciutto cotto o crudo (privato del grasso visibile) oppure speck.
Naturalmente, sì alla frutta che assicura un elevato apporto di fibre, che contribuiscono a ridurre l’assorbimento intestinale del colesterolo e favoriscono il senso di sazietà, aiutando anche a controllare meglio il peso corporeo. «Inoltre, la frutta contiene vitamine antiossidanti che sono fondamentali per bloccare l’ossidazione del colesterolo LDL nelle arterie, considerata il principale fattore patogeno dell’aterosclerosi», conclude l’esperto. «La stessa azione antiossidante può essere svolta da tè verde, verdura, olio extravergine di oliva, cioccolato fondente in moderate quantità e un bicchiere di vino rosso al giorno».
Quali sono i formaggi che si possono mangiare
Secondo diversi studi, i prodotti lattiero-caseari contengono acidi grassi saturi a corta e media catena che causano sì un aumento del colesterolo LDL, ma aumentano anche la percentuale di quello HDL, seppure una dieta vada sempre considerata nel complesso. Basta seguire le linee guida nazionali, che accendono il semaforo verde su 50 grammi di formaggi stagionati e 100 grammi di freschi, da consumare due volte alla settimana.
«Ovviamente, la precedenza va sempre concessa ai formaggi meno grassi, come i fiocchi di latte o la ricotta di mucca, senza lasciarsi ingannare dalla consistenza meno solida di alcune tipologie: per esempio, stracchino e robiola si aggirano rispettivamente intorno al 24 e 28 per cento di grassi».
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