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6 regole per far funzionare l’antibiotico

Contro i batteri resistenti vince l’uso corretto




Siamo circondati da batteri sempre più aggressivi, che ormai non riusciamo sempre a uccidere con i "normali" antibiotici. Risultato? Un secondo giro di farmaci e, nei casi più sfortunati, il ricovero in ospedale e una cura ancora più invasiva. Ma i supergermi sono anche un prodotto dei nostri errori, perché nascono dall'abuso che facciamo di questi medicinali, che ha creato il cosiddetto fenomeno dei batteri resistenti, cioè immuni all'attacco di molecole che una volta erano sufficienti per debellarli.

Tutto il mondo scientifico sta studiando questo fenomeno perché i ceppi resistenti stanno pericolosamente aumentando, seguendo l’incremento dell’utilizzo degli antibiotici (più 30% in 10 anni). La novità è che vinceremo questa guerra non tanto mettendo a punto farmaci nuovi (e costosi), ma imparando a gestire senza abusi ed errori quelli che abbiamo già.

Lo sottolinea il Report "The state of the world's antibiotics" pubblicato dal Center for Dymìnamics, Economics and Policy di Washington (CDDEP). La ricerca ha mappato il tasso di resistenza agli antibiotici per 12 tipi di germi molto comuni in 39 paesi, e l’uso di questi farmaci in 69 nazioni negli ultimi 10 anni.

Risultato: secondo gli esperti occorre concentrare l’80% delle risorse globali sulla gestione degli antibiotici, e non più del 20% sullo sviluppo di nuove molecole. Insomma, la soluzione è limitarne l’uso eccessivo e improprio. Come? Ce lo spiega in 6 punti Pasquale Ferrante, professore di Microbiologia all’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Clinico Città Studi (MI).

 1 Hai febbre, mal di gola o uno dei malanni tipicamente stagionali? Non prendere, senza aver visto il medico di base, l’antibiotico usato “l’altra volta”, quello che hai avanzato nell’armadietto dei medicinali di casa. «Nel 50% dei casi, in questo periodo, i nostri disturbi sono provocati da virus (e non da batteri), contro i quali l’antibiotico non può nulla», sottolinea il professor Ferrante. «Se si tratta di virus, di solito i problemi passano in tre giorni utilizzando solo farmaci sintomatici, come gli antinfiammatori».


2 Spesso i medici, in presenza di disturbi importanti, prescrivono una terapia antibiotica senza fare un esame specifico, la cultura con antibiogramma, che serve a individuare senza ombra di dubbio il germe responsabile dell’infezione, ma anche a scegliere la molecola più adatta per sconfiggerlo. «Non c’è tempo di fare l’esame e aspettare l’esito, magari con un bambino che ha il febbrone», commenta Ferrante. «Però la procedura ideale è quella, immediatamente prima di iniziare la terapia, di effettuare i prelievi necessari per l’esecuzione dell’esame colturale. Contemporaneamente si usa un antibiotico ad ampio spettro e si controlla costantemente il paziente. Una volta ottenuti i risultati dell’esame colturale e l’antibiogramma, in assenza di miglioramento si procede ad adottare l’antibiotico più indicato».


3 A volte i medici prescrivono l’antibiotico anche se, verosimilmente, la tosse e il mal di gola sono provocati da un virus, con l’obiettivo di evitare una sovrainfezione batterica (i batteri approfittano dell’infiammazione locale già in atto per fare danno ulteriore). «Una procedura che in alcuni casi ha senso se il paziente è una categoria a rischio (bambini, anziani) o è “debole” (sta subendo l’ennesima ricaduta), ma in questi casi sarebbe meglio essere prudenti. Nel caso della tosse, per esempio, è fondamentale che il medico verifichi prima il colore dell’espettorato. Se è giallo o verde, l’infezione è batterica», ribadisce l’esperto.


4 Attenzione a che cosa si beve per inghiottire l’antibiotico: il latte, per esempio, può interferire con la sua efficacia. Meglio mandar giù la pastiglia sempre con acqua, informando bene il medico di eventuali altre cure che si stanno facendo (integratori ed erbe compresi).


5 L’antibiotico è un abito su misura: quello che ha guarito la tua amica, anche se hai gli stessi sintomi, potrebbe non andare per te. Non fate il “passa-pastiglie”.


6 La cura ha una posologia e una durata precise. «Molte persone, che temono gli effetti tossici della cura, appena scompaiono i sintomi o dimezzano le dosi o smettono di curarsi», spiega Ferrante. «Questo è il modo migliore per creare batteri resistenti, perché non si uccidono tutti e quelli che restano diventano più forti e cattivi».


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