Studi e ricerche mettono in evidenza che non è sempre del tutto vero che fino alla menopausa le donne possono stare tranquille. Gli ormoni femminili sono certamente un grande ombrello protettivo ma per alcune, già a 40-45 anni ci vorrebbe un check mirato alla salute del cuore. Lo rivelano nuovi studi e conoscenze sulle malattie cardiovascolari, grazie ai quali oggi sembra essere finalmente possibile mettere a punto un profilo di rischio al femminile e un programma più mirato.
«Il dato positivo è che con le nuove conoscenze, si può ottenere una prevenzione maggiore delle malattie cardiovascolari, o comunque ridimensionare le forme più drammatiche, vale a dire infarto e ictus. A cominciare dall’identificazione di quei fattori, chiamati non a caso genere-specifici, che possono aumentare il rischio di un disturbo cardiaco», sottolinea sottolinea Giovanni Battista Zito, Presidente di ARCA, Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali.
«Naturalmente, le nuove conoscenze sulle malattie cardiovascolari al femminile non mandano in solaio ciò che già si sapeva», sottolinea l'esperto. «Ipertensione, diabete e ipercolesterolemia rimangono ad esempio dei punti fermi, così come la menopausa perché con il calo progressivo degli ormoni femminili il rischio aumenta. Ma oggi sappiamo, ad esempio, che alcune malattie ginecologiche possono rappresentare una spia da non sottovalutare».
I disturbi ginecologici da non sottovalutare
Gli studi hanno evidenziato che la sindrome dell’ovaio policistico, gli aborti quando sono più di due oppure i parti pretermine sono veicolati dagli stessi processi infiammatori che possono provocare negli anni alterazioni alle pareti delle arterie coronariche, con un incremento del rischio di infarto. Non solo. Anche le malattie autoimmuni, possono essere la “miccia” che dà il via a fattori di rischio cardiovascolari, probabilmente per lo stato di infiammazione cronica sistemica associato. «Le ricerche hanno anche messo in luce aspetti diversi da considerare nello stile di vita», aggiunge il professor Zito. «Mi riferisco in particolare al fumo. Nel caso delle donne è sufficiente un terzo delle sigarette fumate dagli uomini, per raggiungere la stessa soglia di pericolo, a causa di un calibro dei vasi più piccolo e quindi più sensibili ai danni infiammatori innescati dal tabacco».
I risultati di tutti questi studi focalizzati sulla donna fanno sì che finalmente sia possibile mettere a punto un profilo di rischio al femminile e un programma di prevenzionepiù mirato. «Il dato positivo è che con le nuove conoscenze, si può ottenere una prevenzione maggiore delle malattie cardiovascolari, o comunque ridimensionare le forme più drammatiche, vale a dire infarto e ictus», racconta il professor Zito.
«Certo, ci vuole uno sforzo importante da parte di tutte le figure specialistiche coinvolte nella storia clinica della donna. Ma è necessario potenziare l’informazione al femminile, dal momento che le donne sono le prime a sottovalutare il loro rischio».
È importante, quindi, giocare d’anticipo con un check del rischio cardiovascolare a 40-45 anni. «Innanzitutto, vanno eseguite le analisi del sangue tradizionali per evidenziare i valori di glicemia, colesterolo, trigliceridi», sottolinea il professor Zito. «In più è opportuno aggiungere il controllo dei marcatori infiammatori, come omocisteina, e proteina c-reattiva ad alta sensibilità e il dosaggio della vitamina D, altro fattore utile per mettere a punto il profilo di rischio. Questi risultati, insieme al controllo del peso e della pressione arteriosa, alle informazioni relative alla storia clinica della donna e allo stile di vita, permettono di mettere a punto un piano di prevenzione mirato e di impostare anche un calendario di controlli ad hoc».
Le mosse giuste per la prevenzione
Ecco che cosa le donne possono mettere in pratica per prevenire i problemi cardiaci:
- Smettere di fumare
- Attenzione all’alcol e non superare la dose consigliata di un bicchiere di vino al giorno, dal momento che è sufficiente la metà di quanto beve l’uomo per causare problemi
- Dedicare almeno 20 minuti di attività fisica al giorno, come consiglia l’Organizzazione mondiale della sanità. «Lo stile di vita ha un ruolo importante per molte ragioni», dice il professor Zito. «Innanzitutto, aiuta a migliorare gli stati di stress e di ansia, condizioni che colpiscono maggiormente le donne e che sono implicate in un maggior pericolo per il sistema cardiovascolare, sia mediante meccanismi biochimici diretti, sia indirettamente perché comportano una maggior tendenza a stili di vita poco salutari e di conseguenza ad un aumento di problemi di peso, diabete mellito e ipercolesterolemia».
E in caso di disturbi? «La donna ha la tendenza a sottovalutarli», conclude il professor Zito. «Abbiamo fatto grandi passi avanti con l’infarto per fortuna, ma il lavoro da svolgere nell’ambito dell’informazione è ancora immenso. Basti pensare all’insufficienza cardiaca, che è più grave nel sesso femminile, con un pericolo maggiore di complicanze. Spesso è la donna stessa a perdere tempo prezioso e ad arrivare tardi dal cardiologo perché ha solo difficoltà respiratoria che molto spesso liquida come problemi di ansia».
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