Il tè nero è il più consumato nel nostro Paese. «A differenza del tè verde, viene sottoposto a un periodo più o meno lungo di fermentazione durante il quale si formano i tannini: pigmenti colorati che variano dal giallo, all’arancio, al bruno, e che hanno un’azione antiossidante», spiega Diana Scatozza, medico dietologo. Il consumo quotidiano di tè è dunque salutare, a patto che non sia aggiunto troppo zucchero.
«Ecco perché nella selezione ho tenuto conto in particolare del grado di amarezza e acidità, premiando quelli dal gusto “morbido”, che si possono bere così come sono».
C’è confezione e confezione
I tè esaminati in questo lab erano tutti in bustina. «Una soluzione pratica, anche se non garantisce i livelli di eccellenza dei prodotti in barattolo», osserva il tecnologo alimentare Giorgio Donegani.
Che ci racconta passo a passo come è arrivato a scegliere i vincitori: «Innanzitutto ho valutato le caratteristiche delle bustine, penalizzando quelle quadrate (o rotonde), sigillate su tutti i lati e prive di cordino e targhetta di cartoncino, perché oltre alla cellulosa contenevano una parte di fibre polimeriche che servono per poter “incollare“ a caldo i due fogli di filtro. Ho invece dato un voto più alto a quelle con cordino e targhetta, perché è meno probabile che abbiano al loro interno materiali plastici, in quanto chiuse da un punto metallico oppure (ancora meglio) da un doppio nodo fatto con lo stesso filo di cotone del cordino».
Miscele sotto la lente
«Ho quindi controllato le varietà dei tè, dando un voto alto ai prodotti che specificavano in etichetta qual era quella prevalente (nelle bustine, infatti, si trovano in genere miscele di più tipi di tè)», prosegue il nostro esperto.
«Infine, ho osservato il grado di sminuzzamento: ho aperto una bustina di ogni concorrente per osservarne il contenuto, privilegiando i prodotti nei quali le foglie si presentavano triturate non troppo finemente. Il motivo è presto chiarito: tanto più è polverizzato il tè contenuto nelle bustine, tanto più velocemente vengono rilasciati in infusione i tannini, che sono responsabili sia del colore (come abbiamo visto) sia delle sensazioni astringenti e amare. E quando la miscela è finissima, diventa difficile dosare il tempo corretto dell’infusione: si rischia di protrarla troppo a lungo, ottenendo una bevanda dal sapore eccessivamente intenso, amaro, astringente, poco articolato, che spinge ad aggiungere spontaneamente dello zucchero».
L’assaggio in dettaglio
Dopo aver scrupolosamente analizzato i diversi prodotti, il dottor Giorgio Donegani è passato alla preparazione degli infusi. «Ho utilizzato acqua non bollente (sugli 80-85 °C), rispettando i tempi indicati sulla confezione e versando le bevande nelle classiche tazze da tè in porcellana bianca», precisa il tecnologo alimentare.
«All’assaggio ho tenuto conto dell’impressione visiva: ovvero del colore, che in alcuni casi era decisamente troppo scuro; della limpidezza, conseguenza anche dell’acqua utilizzata (che dovrebbe essere poco salina, motivo per cui ho preferito usare una oligominerale); e dell’eventuale presenza di polvere di miscela fuoriuscita dalle bustine (è accaduto in un solo caso).
Mi sono successivamente soffermato sull’impressione olfattiva e gustativa. Ho valutato le prime note (quelle di testa), che si avvertono con il naso portando il tè alla bocca: devono essere gradevoli, percettibili senza essere troppo intense, e non devono comunicare sensazioni anomale, come un sentore di vecchio o di terra. A queste seguono in bocca quelle dette “di cuore”, nelle quali il tè si apre a tutta la sua ricchezza, rivelando sentori che a seconda delle varietà possono essere agrumati, fruttati, floreali, speziati…
Ciò che più conta, comunque, è l’armonia dell’insieme, che non deve avere punte eccessive di amaro e acidità e non deve comunicare una sensazione di esagerata astringenza (in altre parole, il tè non deve “legare in bocca”). Le note di coda, infine, sono le ultime a essere percepite e sono quelle più persistenti, che rimangono in bocca più a lungo e possono in questo caso esaltare eventuali difetti, come per esempio l’eccessiva amarezza».
Questione di personalità
«Considerato che i campioni testati non rappresentavano delle eccellenze per intenditori, alla prova assaggio ho premiato i prodotti che, nel rispetto di un piacevole equilibrio e senza difetti evidenti, esprimevano comunque una loro personalità. In uno, per esempio, si percepivano bene le note di rosa, in un altro un sentore di cioccolato, in un altro ancora di frutta secca.», conclude Donegani. «Infine, come sempre, ho valutato il prezzo rapportandolo alla qualità complessiva».
TÈ NERO IN BUSTINE, I 4 MIGLIORI
I nostri lab tester: Dott. Giorgio Donegani, tecnologo alimentare a Sesto San Giovanni (Milano); Dott.ssa Diana Scatozza, medico specialista in Scienza dell’alimentazione a Milano.
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Articolo pubbicato nel n° 15 di Starbene, in edicola e nella app dal 24 marzo 2020