Molti consumano lo zucchero di canna pensando che si tratti di un alimento più sano dello zucchero bianco e perfino dotato di proprietà benefiche. Ma le cose stanno davvero così? Facciamo chiarezza con Luca Speciani, medico e alimentarista a Oreno di Vimercate (Monza e Brianza).
Quello grezzo è raffinato
La gran parte dello zucchero di canna in commercio è accompagnato dalla dicitura “grezzo”, che potrebbe far pensare a un prodotto non raffinato.
«Invece, proprio come lo zucchero comune, viene sottoposto a procedimenti industriali per schiarirlo, rendere omogenei i granelli e migliorarne il gusto. Calorie, indice glicemico e impatto sull’organismo sono gli stessi.
Il colore ambrato è dovuto ai residui di melassa o a un colorante sintetico, il caramello ammoniacale (E150), la cui presenza deve essere segnalata sulla confezione», dice il nostro esperto.
Puta sull'integrale, più naturale
Come riconoscere allora lo zucchero di canna di qualità? «È quello che presenta il claim “integrale”: vuol dire che si tratta di un alimento non raffinato. Si acquista nei supermercati più forniti, nei negozi bio e in quelli del commercio equo e solidale.
La dicitura relativa al tipo di zucchero fornisce un ulteriore conferma: sono grezzi il Demerara e il Golden Caster, mentre sono integrali il Panela e il Mascavo.
Rispetto a quello “grezzo”, l’integrale è scuro con sfumature più o meno intense, i granelli sono grossi, irregolari, un po’ appiccicosi e si sciolgono lentamente. Il sapore ricorda quello della liquirizia ed è meno dolce dello zucchero bianco», dice Speciani.
Il rischio di abusarne
Non essendo raffinato, lo zucchero di canna integrale conserva i nutrienti della pianta e ha meno calorie: «Ci sono minerali come calcio, fosforo, potassio, zinco, fluoro e magnesio oltre a vitamine A, del gruppo B e vitamina C.
Ma, è bene sottolinearlo, questo non vuol dire che se ne possa abusare perché si tratta comunque di uno zucchero che, come tale, impatta sulla glicemia, è pro infiammatorio e abitua al sapore dolce creando dipendenza. Tra l’altro poiché dolcifica meno, c’è il rischio di usarne molto di più» conclude il dottor Speciani.
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Articolo pubblicato sul n. 36 di Starbene in edicola dal 21/8/201