Pesce: mini guida al consumo

È un alimento ricco di nutrienti, facilmente digeribile e poco calorico. Ecco come sceglierlo



di Francesca Soccorsi

Malgrado la crisi, il consumo di pesce è in aumento: ne mangiamo circa 19 kg a testa ogni anno. Un’ottima notizia, visto che si tratta di un cibo super sano dal punto di vista nutrizionale: «Il contenuto elevato di acidi grassi polinsaturi come gli Omega 3, di importanti sali minerali (iodio e fosforo) e di vitamine liposolubili (A e D) ne fa un alimento prezioso in tutte le fasi della vita. In più è facilmente digeribile e, fatta eccezione per alcune specie particolarmente ricche di lipidi, apporta poche calorie», chiarisce il biologo Luciano Atzori, esperto in sicurezza degli alimenti e in tutela della salute (alimentiesicurezza.it). E tu, quanto ne sai sul pesce? Metti alla prova le tue competenze con il nostro Vero/Falso.


Fai la tua domanda ai nostri esperti

1. I pesci piccoli sono più sani

VERO E FALSO

«Privilegiare le varietà più piccole (come alici, triglie e sardine) riduce il rischio di assumere metalli pesanti, in particolare il mercurio », spiega la dottoressa Cinzia Longobucco, biologa nutrizionista.

«La ragione? Quelle più grandi e longeve occupano i vertici della catena alimentare, quindi ne immagazzinano quantità maggiori. Ma dal punto di vista nutrizionale, tutti i pesci forniscono all’organismo sostanze preziose, sebbene in proporzioni differenti».

Il suggerimento, quindi, è di non limitarsi a consumare solo alcune varietà. «Meglio alternare le diverse specie, per beneficiare delle proprietà di ciascuna ed evitare accumuli di inquinanti», come consiglia la dottoressa Valentina Tepedino, medico veterinario e direttrice del periodico Eurofishmarket.

2. Se viene cotto troppo si “impoverisce”

VERO

«La cottura, soprattutto se prolungata, ne danneggia i nutrienti e, in particolare, gli Omega 3 e le vitamine. I sali minerali non si alterano, ma una parte si disperde nel liquido di cottura, quindi è meglio evitare la bollitura e preferire metodi come il vapore. Anche il contenuto proteico diminuisce, però aumenta la digeribilità», chiarisce la nutrizionista.

In linea di massima, per salvaguardare il più possibile le sostanze presenti, conviene puntare su cotture veloci e che non prevedano il contatto con l’acqua (come quelle in padella o alla piastra). 


3. Meglio evitare il cefalo, perché viene pescato vicino ai porti

FALSO

«Questi pesci vivono in acque costiere ma possono penetrare anche in lagune ed estuari salmastri o raggiungere fiumi e laghi. La qualità dipende soprattutto dalla specie: nel nostro mare se ne possono pescare sei differenti. I cefali più pregiati sono il dorato, la bosega e la volpina (da cui si ottiene l’ottima bottarga di cefalo). Hanno carni semigrasse, simili a quelle del branzino: bianche, sode e saporite», dice la dottoressa Valentina Tepedino. 

4. Quello di mare è molto più salato

FALSO

«È generalmente più saporito di quello d’acqua dolce, ma non perché “assorba” il sale contenuto nel mare», osserva Cinzia Longobucco. «La concentrazione di sodio è analoga (43 mg in un etto di tonno fresco e 40 mg nella stessa quantità di trota) e sempre inferiore all’uno per cento: quantitativi superiori impedirebbero la sopravvivenza di quella specie ittica.

I pesci riescono a regolare il livello di sale presente nel loro corpo, accumulando nelle cellule aminoacidi, in particolare la glicina e l’acido glutammico, insieme al glutammato, un sale che ha il potere di esaltare i sapori. Sono queste sostanze, e non il cloruro di sodio, a rendere il pesci di mare più sapidi».


5. Il tonno in scatola ha lo stesso profilo nutrizionale di quello fresco

FALSO

«Le tecniche di conservazione consentono di mantenere inalterato il contenuto di proteine nobili, vitamine (in particolare del gruppo B) e sali minerali (soprattutto iodio, potassio, ferro e fosforo)», nota la dottoressa Longobucco.

Ma il discorso cambia se parliamo di grassi preziosi per la salute. Basta guardare le Tabelle sulla composizione degli alimenti (nut.entecra.it): 100 g di tonno fresco forniscono 3 g di Omega 3 contro gli appena 0,36 g di quello in scatola.

6. Il prodotto d’allevamento è di qualità inferiore

FALSO

«Negli ultimi dieci anni il settore dell’acquacoltura si è profondamente innovato. I pesci vengono tenuti in gabbie galleggianti in mare aperto, nel loro habitat naturale, e con ampio spazio per muoversi. Ecco perché molti prodotti ittici di allevamento sono simili al pescato sia per valore nutrizionale sia per gusto», rassicura Valentina Tepedino.

Se costa meno spesso dipende dal fatto che di selvaggio se ne trova in commercio poco. Inoltre, i prodotti di acquacoltura hanno il vantaggio di essere tracciati in tutte le fasi della produzione». Certo, è importante che il pesce d’allevamento arrivi da aziende serie: se sono italiane, puoi fidarti, perché nel nostro Paese la filiera è supercontrollata. Come verifichi la provenienza? L’indicazione è obbligatoria, sia sull’etichetta sia sui banchi della pescheria.


7. Quello surgelato è meno nutriente 

FALSO

«Con la surgelazione, i nutrienti si mantengono inalterati per periodi variabili a seconda della specie e della taglia: i pesci piatti come la sogliola e i tranci si conservano più a lungo, mentre i pesci grassi, per esempio il salmone e lo sgombro, hanno una durata più limitata, a causa dell’elevato contenuto di acidi polinsaturi, che possono irrancidire», precisa Cinzia Longobucco. «L’importante è controllare la data di scadenza e decongelare il prodotto in modo corretto: in frigorifero e senza passarlo sotto l’acqua calda», raccomanda la veterinaria.

8. Il merluzzo è molto magro, quindi contiene pochi Omega 3

VERO

«Un etto ne ha 0,18 g contro 2,17 g del salmone. Però, contiene tante proteine nobili e vitamine del gruppo B, oltre a minerali tra cui iodio, fosforo, ferro e calcio. Infine, è poco calorico, quindi vale la pena consumarlo spesso, concedendosi porzioni generose, per assicurarsi più Omega 3», osserva la nutrizionista.


9. Il pesce è un alimento adatto anche a chi è allergico al nichel

VERO

«Quello fresco (a eccezione delle aringhe) ne contiene solo tracce trascurabili: trota, rombo e spada sono quelli che ne hanno meno. Attenzione invece al pesce in scatola (il nichel potrebbe venire rilasciato dai contenitori in metallo), ai molluschi come le ostriche e ai crostacei», puntualizza la dottoressa Longobucco.

10. Vale la pena spendere di più per il salmone selvaggio dell’Alaska

VERO

«Ma solo se si sceglie il prodotto affumicato: il pregiatissimo salmone reale o salmone argentato ha un gusto inconfondibile», dice Valentina Tepedino. «Per il fresco conviene invece puntare su quello Atlantico. Dall’Alaska, infatti, arrivano varietà diverse, alcune di qualità, altre meno, e quelle vendute in Italia vengono per lo più commercializzate congelate o conservate».

NON TEMERE SOLO L'ANISAKIS

«È il parassita responsabile della maggior parte delle infezioni alimentari dovute al consumo di pesce crudo», spiega il biologo Luciano Atzori. «Ma non è l’unico nemico dal quale difenderti. Devi fare attenzione anche al Diphyllobotrium latum: un verme piatto che si può trovare nel pesce persico, nel luccio e nella trota». «Provoca disturbi gastrointestinali, ma anche perdita di peso, astenia e carenza di vitamina B12, con conseguente anemia».

Mangiando pesce crudo d’acqua dolce rischi anche l’Opistorchiasi, dovuta all’ingestione di larve di trematodi del genere Opisthorchis presenti in particolare in tinche e carpe. «L’infezione può essere asintomatica o manifestarsi con dolori addominali, difficoltà digestive, febbre, ittero, cefalea e stanchezza», spiega l’esperto.

Come possiamo difenderci? L’unico metodo davvero efficace è l’abbattimento termico: nei ristoranti viene effettuato con appositi macchinari. In casa, invece, devi congelare il pesce per almeno 96 ore a -18 °C prima di portarlo in tavola», conclude Atzori.

Articolo pubblicato sul n. 13 di Starbene in edicola dal 15/03/2016

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