La fettina che compriamo può contenere sostanze vietate?
«Non possiamo escluderlo del tutto. Anche se in Italia, come nel resto dell’UE, la legge è molto rigida e vieta, per esempio, il ricorso a ormoni, anabolizzanti e antibiotici a scopo preventivo, le indagini dei Nas e della Guardia di Finanza mostrano che le regole non sono sempre rispettate», commenta Silvia Biasotto, del Movimento Difesa del Cittadino. Quando i farmaci sono impiegati in modo lecito, nella carne che mangi rimangono zero tracce (o quantità minime, non pericolose per la salute) perché si aspetta che vengano smaltiti dall’animale prima della macellazione. «E comunque gli eventuali residui vengono generalmente distrutti dalla cottura», aggiunge Diana Scatozza, medico nutrizionista.
Dobbiamo preferire i prodotti italiani?
«Sì, abbiamo una legge tra le più restrittive e un sistema di controlli che, benché non sia infallibile, è il più efficiente in Europa. Anche per questo vengono scoperte le frodi (come dimostra il caso dei vitelli dopati del cuneese)», spiega Giorgio Donegani, tecnologo alimentare. «Se la filiera è più corta, inoltre, la tracciabilità e la sicurezza sono maggiori», aggiunge Biasotto. Controlla l’etichetta: quella sulla carne bovina già da anni deve riportare per legge il Paese di nascita, ingrasso, macellazione e sezionamento dell’animale (meglio se è “Italia” per tutte le fasi). Dal 1° aprile c’è l’obbligo di indicare la provenienza anche su pollame (dai noi veniva già fatto), suini, ovini e caprini. Attenta però a non confonderti: «La dicitura “Origine Italia” indica carne 100% nazionale, mentre “Allevato in Italia” non significa che l’animale sia anche nato da noi», chiarisce Biasotto. Per conigli e cavalli, invece, non esiste al momento alcuna regola: se ti piace questo tipo di carne, rivolgiti a macellai di fiducia che sappiano darti garanzie sulla provenienza.
Quali sono gli animali più “contaminati”?
Quelli allevati in maniera intensiva, ammassati in spazi chiusi e angusti, senza accesso all’esterno né alla luce naturale. «Praticamente quasi tutti i conigli e i suini italiani e l’80% del pollame dell’UE», precisa Annamaria Pisapia, direttore di CIWFCompassion in World Farming Italia (per saperne di più leggi il libro-inchiesta Farmageddon, di Philip Lymbery, Nutrimenti, 19 euro). «Se non è rispettato il suo benessere, l’animale si ammala più spesso e l’uso di farmaci aumenta: vale in particolare per pollame, conigli e maiali», spiega Donegani. «Chi ricorre a ormoni e sostanze dopanti lo fa invece con gli animali (come i bovini) che impiegherebbero troppo tempo per raggiungere il peso ottimale per la macellazione».