La notizia è arrivata dall’Irlanda: sulle etichette degli alcolici comparirà un “health warning”, un messaggio di avvertimento, come quello che si trova sui pacchetti di sigarette, per sottolineare i rischi per la salute del consumo di bevande alcoliche. Una decisione che, in Italia, ha diviso la comunità scientifica in due schieramenti: il “partito” di chi ritiene che l’alcol vada abolito dalla dieta, per il rischio cancerogeno, il maggior indice di mortalità e i danni epatici, e quello di chi sostiene che il consumo a certe imprescindibili condizioni, con una netta distinzione tra vino e superalcolici, limiti i possibili danni dell’etanolo.
Non solo, sorseggiare un calice di rosso ai pasti può addirittura avere un effetto protettivo, in particolare sull’apparato cardiovascolare e la longevità. Per fare chiarezza, un gruppo di ricercatori italiani e internazionali si è confrontato sui risultati di 24 studi scientifici, pubblicati tra il 2010 e il 2022, arrivando alla conclusione che, se scegliamo di bere, facciamolo “alla mediterranea”, cioè preferendo il vino rosso, in quantità moderata e a tavola, nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata. Così si limitano i rischi a fronte di benefici comprovati, come ci spiegano gli esperti che abbiamo intervistato e che fanno parte del comitato scientifico dell’Istituto per la Ricerca su vino, alimentazione e salute, presieduto dal professor Luigi Tonino Marsella, Università Roma Tor Vergata.
Con una premessa fondamentale: è proibito ai minori, in particolare agli adolescenti, che dovrebbero evitare il consumo di qualsiasi bevanda alcolica perché interferisce con lo sviluppo cerebrale, producendo un danno cellulare irreversibile.
Il segreto sta nel bere “il giusto”
«Facciamo subito una precisazione: il discorso non è riferito agli alcolici in genere, ma al vino. Anche se, a oggi, non è stata definitivamente quantificata la dose della “moderazione”, gli studi dimostrano che fino a un paio di bicchieri al giorno per gli uomini, e fino a un bicchiere, per le donne, non aumenta in maniera significativa il rischio di mortalità e, di conseguenza, possono essere considerati livelli relativamente sicuri», sottolinea la professoressa Silvana Hrelia, docente di Biochimica all’Università di Bologna.
«Le donne ne devono consumare di meno perché, a differenza del sesso maschile, non hanno un enzima gastrico, l’acetaldeide deidrogenasi, che metabolizza l’etanolo e, di conseguenza, hanno una minor capacità di “smaltirlo”. La sostanza dannosa non è propriamente l'alcol, come tale, ma il prodotto del suo metabolismo, l’acetaldeide, composto associato agli effetti cancerogeni. Si forma normalmente nel corso del metabolismo epatico dell’etanolo, ma viene detossificata grazie appunto a quel particolare enzima».
Va da sé che se consumiamo alcol in eccesso, di qualunque tipo, il meccanismo si inceppa per tutti, le capacità metaboliche risultano sature e il nostro organismo non riesce più a smaltire l’azione tossica.
Ai pasti perché
Per bere consapevolmente rispettiamo quindi le dosi e sfruttiamo la nostra potente alleata: la dieta mediterranea. «Se mangiamo sano, sorseggiando un bicchiere di vino a tavola, abbiniamo e stimoliamo l’effetto di tutti quei fitocomponenti che hanno un’azione protettiva, perché sono in grado di potenziare il metabolismo dell’acetaldeide e contribuire così a ridurre il danno epatico. Ai pasti, il vino viene solitamente sorseggiato, consumato lentamente e la concomitante presenza del cibo nello stomaco rallenta l’assorbimento dell’etanolo, dà modo al fegato di metabolizzarlo e abbassa il picco di concentrazione alcolica nel sangue», spiega la dottoressa Elisabetta Bernardi, biologa nutrizionista, Università di Bari.
«Non solo, questa abitudine tipicamente mediterranea potrebbe aumentare le difese antiossidanti, proteggendo da malattie croniche e degenerative».
Preferisci il vino rosso
Ecco che entra in gioco il resveratrolo, in qualità di “modulatore genico”, azione che elimina ogni dubbio sui suoi effetti benefici. Anche in piccole concentrazioni. È stato infatti contestato che, per assumere quantità utili di questo nutraceutico, si dovrebbero bere 5 litri di vino rosso al giorno. Ma questo se ne consideriamo solo l’azione antiossidante. «Intanto parliamo del rosso perché, rispetto al bianco, ne contiene in concentrazioni abbondanti grazie al processo di vinificazione», spiega la professoressa Hrelia.
«Il resveratrolo ha dimostrati effetti cardioprotettivi e neuroprotettivi perché è un veicolo biomolecolare interattivo. Cosa significa? Vuol dire che interagisce con il nostro DNA anche a concentrazioni infinitesimali, quelle che possono essere presenti a livello ematico con un solo bicchiere di vino. Per fare cosa? Indurre il nostro codice genetico ad aumentare la sintesi di quegli enzimi protettivi che ci aiutano a contrastare l’effetto tossico dell’acetaldeide».
E non è il solo elemento benefico: il vino contiene fino 1,5 g per litro di fitocomponenti, come viniferrina, flavonoidi, catechine, antociani, quercetina che agiscono in sinergia per ottenere il maggior effetto protettivo e preventivo.
E veniamo ai benefici
Il bere “alla mediterranea” riduce il rischio di malattie cardiovascolari, di declino cognitivo e di sviluppare malattie neurodegenerative: lo conferma la maggioranza dei lavori scientifici pubblicati, naturalmente con la premessa che si accompagni a uno stile di vita sano.
Detto questo: «Non si deve dare l’impressione che il mondo medico suggerisca il consumo di alcolici; non bisogna mai sottovalutare i danni legati soprattutto al cancro», interviene la dottoressa Bernardi. «Per cui non si può mai consigliare di bere a un astemio. Il consumatore deve sapere che gli alcolici provocano rischi per la salute (ai quali va aggiunto quello della dipendenza), tanto più bassi quanto minore sarà la quantità consumata».
Dalle ricerche emerge che, rispetto agli astemi, chi beve 5-15g di alcol al giorno manifesta una riduzione del 26% del rischio di malattie cardiovascolari e una riduzione del 51% di quello di mortalità per gli stessi disturbi, se il consumo è preferenzialmente di vino rosso; inoltre, ha valori glicemici inferiori e una minor frequenza di diabete. Aggiunge la professoressa Hrelia: «Gli enzimi indotti dai nutrienti e dai fitocomponenti della dieta mediterranea, a cui aggiungiamo il resveratrolo, contrastano la produzione di interleuchine, agenti che scatenano l’infiammazione e correlati con le malattie cardiovascolari. La letteratura scientifica dimostra che moderate quantità di vino, da adulti, ai pasti, è legata a un minor rischio di ictus rispetto agli astemi. Bere alla mediterranea ha un effetto protettivo sull’endotelio, perché abbassa gli indici infiammatori a livello delle pareti dei nostri vasi sanguigni».
Dà una mano contro le malattie neurodegenerative
L’abbinata vincente è sempre una dieta ricca di frutta e verdura, povera di grassi e zuccheri, carboidrati quanto basta, e vino rosso: «I loro preziosi fitocomponenti, resveratrolo compreso, lavorano in sinergia per indurre l’eme ossigenasi, un enzima che ha un’azione detossificante e protettiva nei confronti delle nostre cellule neuronali», spiega la professoressa Hrelia. Oltre a un corretto stile di vita, quindi, il bere alla mediterranea può entrare in gioco nella prevenzione del rischio di malattie come il Parkinson e l’Alzheimer.
«Precisiamo: l’abuso cronico di alcolici incrementa in modo marcato i processi neurodegenerativi, ma molti studi dimostrano che il consumo moderato di vino influisce positivamente sul rischio di disturbi cognitivi, come demenza, depressione ma anche vero e proprio declino delle facoltà. In quest’ultimo caso si registra una riduzione pari al 28%», conclude il professor Attilio Giacosa, Direttore scientifico del dipartimento di Gastroenterologia, Policlinico di Monza.
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