Solo in Italia il business alimenta circa 3 miliardi di euro all’anno. Ma cosa si nasconde nelle buste di patatine fritte? Un’indagine dello Studio ABR Alimenti e sicurezza (alimentiesicurezza.it) rivela che la metà dei prodotti in commercio contiene una sostanza tossica non segnalata in etichetta.
«Si tratta dell’acrilammide e non è indicata sulle confezioni perché non è un ingrediente utilizzato intenzionalmente dalle aziende produttrici. Si forma talvolta durante la frittura, come conseguenza di reazioni chimiche che coinvolgono zuccheri e amminoacidi (principalmente l’asparagina libera) sottoposti alle alte temperature», chiarisce Elga Baviera, biologa esperta in Igiene e sicurezza degli alimenti dello Studio ABR.
«Risultato? Il 50% delle patatine in busta presenta concentrazioni superiori ai valori indicati dalle linee guida europee dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, secondo le quali non devono superare 1000 mcg/Kg», continua l’esperta in sicurezza alimentare.
Perché fa male
Diversi studi hanno evidenziato che l’acrilammide può essere neurotossica e cancerogena: «Già nel 1994 lo Iarc (International Agency for Research on Cancer) ha inserito il composto nel gruppo A2, cioè fra i “probabili cancerogeni”.
Come mai? Nell’organismo, dopo l’ingestione, l’acrilammide viene assorbita dal tratto gastrointestinale, per poi essere metabolizzata ed escreta con le urine. Le ricerche sugli animali hanno dimostrato che si distribuisce in tutti i tessuti, senza escludere il feto», spiega la biologa.
Scegli la qualità
«Il consiglio è di non acquistare patatine in busta a prezzi stracciati: le aziende serie garantiscono un’attenzione scrupolosa durante tutti i passaggi dei processi produttivi. E, nel caso dell’acrilammide, è fondamentale il controllo degli operatori, perché l’attenzione ai tempi e alle temperature di cottura sono essenziali per evitare l’innesco della reazione tossica.
Lo stesso vale per la scelta dell’olio con cui friggere e la frequenza con cui viene cambiato. Per garantire tutto questo, quindi, non si possono tagliare i costi né il prezzo finale», conclude Elga Baviera.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 29 di Starbene in edicola dal 4/7/2017