Pasta made in Italy, è il grano che fa la differenza

La qualità della pasta italiana è unica al mondo ed è tutelata dalla legge. I nostri esperti ti spiegano come riconoscere le eccellenze, ottenute da grani più ricchi di gusto e di proprietà nutrizionali



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di Isabella Colombo e Alessandro Pellizzari


Che fosse una costante sulle nostre tavole e anche un comfort food salutare lo sapevamo già. Ma questo lungo anno alle prese con la pandemia, ci ha fatto riscoprire il piatto italiano per eccellenza, la pasta. I dati di Unione Italiana Food - Iri rilevano un aumento dei consumi che va dal +40% di marzo dello scorso anno, quando tutti, alle prese per la prima volta con un lockdown totale, siamo corsi a fare scorte al supermercato, al +10% costante dell’autunno-inverno.

Abbiamo cioè continuato ad acquistare più pasta che in passato, pur avendo ormai capito che non è necessario riempire la dispensa di prodotti non deperibili. È accaduto perché la pasta, così facile da preparare, è adatta a ogni stagione e condimento: rappresenta l’ingrediente perfetto anche per chi, per la prima volta, si è cimentato ai fornelli durante questi lunghi mesi lontano da mense e ristoranti. Prodotto gustoso ed economico, permette con pochi ingredienti e poca esperienza di realizzare un piatto gourmet, sano e creativo. E anche dietetico: basta non esagerare con le dosi e i condimenti.


Solo acqua e grano duro

«Se quella fresca e ripiena la troviamo in tutto il mondo e in ottime varianti, quella secca è l’elemento caratterizzante ed esclusivo della cucina italiana», spiega Cristina Bowerman, chef stellato e presidente dell’associazione Ambasciatori del Gusto. «Racconta la nostra storia, ed è davvero di qualità se è made in Italy». Non solo perché la produciamo da sempre, ma anche perché viene lavorata secondo una legge di tutela che mette una serie di paletti, a cominciare dalla materia prima: solo grano duro. Tutti i processi per arrivare da lì al piatto sono custoditi dai maestri pastai e validati da secoli e secoli di tradizioni.

Ma anche di innovazioni, perché la tecnologia unita all’esperienza ha permesso di ottenere prodotti sempre più buoni. «La pasta migliore si riconosce dalla tenuta in cottura, dall’assenza di una patina collosa quando la scoli, dalla capacità di trattenere il sugo», puntualizza il tecnologo alimentare Giorgio Donegani. «A proposito di cottura: ricorda di scolarla sempre ben al dente. Oltre a essere più gustosa, ha anche un indice glicemico più basso perché l’amido viene digerito più lentamente», spiega il tecnologo. «Al super controlla sul pacco se è trafilata al bronzo e prodotta con un’essiccazione lenta a bassa temperatura, che garantiscono il massimo della qualità. Evita invece le confezioni che contengono pasta con crepe e fratture o briciole», spiega ancora Donegani.


I formati raccontano la storia

Nei cataloghi dei pastai se ne contano circa 400, ma sullo scaffale arrivano sempre le solite 20 referenze e il 70% delle scelte alla fine ricade solo su quattro: spaghetti, penne, rigatoni e fusilli, le varianti più tradizionali e storiche. Gli spaghetti sono proprio il simbolo della pasta secca che con essi è nata, dagli Arabi di Sicilia nel IX secolo. Mentre le penne sono nate a Genova (la forma è quella dei pennini in acciaio delle stilografiche) nel 1865, da un pastaio che brevettò la macchina capace di tagliare diagonalmente la pasta senza frantumarla. Negli ultimi anni però, con la riscoperta di valori ancora più tradizionali, sono cresciuti i formati regionali. Come le orecchiette pugliesi, le trofie liguri, i paccheri campani e le busiate siciliane. «Ogni formato richiama in maniera spontanea il suo condimento», osserva Bowerman. «Dalle eliche che intrappolano nei loro risvolti ogni tipo di pesto ai quadretti che accompagnano egregiamente ogni brodo dandogli consistenza, ma lasciandolo protagonista del piatto».

Ogni formato, oggi, lo troviamo tradotto anche nella versione integrale che, secondo i dati Doxa, ormai copre il 10% del mercato. «In effetti l’integrale apporta tanti vantaggi in più», conferma la nutrizionista Simona Santini. «Rispetto a quella da semola raffinata è più ricca di fibre e più saziante. Nello stesso tempo, regolarizza l’intestino e riduce l’assorbimento di carboidrati e grassi assunti nel pasto. Inoltre ha un basso impatto glicemico che limita la trasformazione dei carboidrati in grassi. In generale ha anche più proprietà nutritive e, quindi, vitamine, minerali, antiossidanti». Alternare la pasta integrale a quella raffinata è quindi un’ottima idea, a meno che non si soffra di colon irritabile, diverticoli o allergia al nickel, perché in questi casi la presenza maggiore di fibre potrebbe creare problemi. «Per gli irriducibili della pasta bianca però, gli effetti salutari si ottengono comunque con condimenti leggeri a base di verdure che arricchiscono il piatto di fibre», aggiunge Simona Santini.

Insieme a quella da semola integrale, nell’ultimo anno è cresciuta anche la pasta da grani 100% italiani e cosiddetti “antichi”, come il Senatore Cappelli, re dei grani italiani, la cui coltivazione oggi occupa il 400% di superficie in più rispetto a qualche anno fa (dati Coldiretti). «Questi grani tradizionali, abbandonati negli anni Cinquanta perché poco produttivi, oggi sono stati riscoperti. E a ragione», spiega Enzo Spisni, docente di Fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna. «Sono grani più ricchi di proteine e nutrienti». Il grano duro Senatore Cappelli, inoltre, da una ricerca condotta al Policlinico Gemelli risulta più tollerato anche da chi soffre di sensibilità al glutine non celiaca, un disturbo oggi molto più frequente. Merito della struttura glutinica più facilmente digeribile dal nostro organismo.


Più resistenti alle piante infestanti

«I nostri grani antichi, a differenza di quelli moderni, sono naturalmente resistenti alle piante infestanti. E dato che sono coltivati solo in Italia si ha la certezza che non contengano pesticidi come il glifosato, bandito in Europa ma ancora usato in Canada, grande esportatore di frumento», conclude Spisni.


GRANO DURO SENATORE CAPPELLI: UNA STORIA AFFASCINANTE

La pasta di grano duro Senatore Cappelli ha una storia affascinante. Ce la racconta Mauro TonelloPresidente della Sis, Società Italiana Sementi, il primo a volere che le sue proprietà salutari fossero riconosciute dalla scienza. Il primo piatto più amato dagli italiani non solo può avere sapori e colori diversi, ma anche differenti effetti sull’organismo. 


Dottor Tonello, uando ha provato per la prima volta il grano duro Senatore Cappelli?

L’ho scoperto a pranzo da un amico, che mi raccontava le sue difficoltà nel coltivarlo: è altissimo, complesso da lavorare, ma ne vale la pena, è molto buono. All'assaggio, avevo subito pensato che avesse una precisa e forte identità. Lui insisteva: “È anche più digeribile e fa bene”.


Però fra il dire che una pasta è buona e che fa bene alla salute ce ne corre…

Infatti a pranzo avevo replicato: “Ma chi lo dice che fa bene?”. Risposta: i vecchi saggi locali. Pareva anche a me e a mia moglie, dopo averla adottata a casa. Poi ho conosciuto un grande gastroenterologo che mi ha detto: “Sarà l’effetto placebo, le convinzioni personali hanno riverberi anche fisici, la saggezza popolare non è una prova scientifica”. Così sono andato da mia mamma (92 anni e all’oscuro di tutto) e le ho fatto provare la pasta Senatore Cappelli Le Stagioni d’Italia. Un mese dopo mi richiama e mi dice: me ne porti ancora? Ho digerito meglio, mi sento più leggera, dormo bene. Non poteva essere l’effetto placebo.


Quindi si è rivolto alla scienza

Volevo che mi dicesse se la leggenda paesana sulla mia pasta era vera. Antonio Gasbarrini, grande esperto di ipersensibilità al glutine, mi ha spiegato subito la complessità di uno studio scientifico che di solito si fa per i farmaci. Lungo, complicato, dagli esiti imprevedibili, ma ero convinto che il mio grano avesse una marcia in più. Ho scommesso e ho vinto. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients, ha confermato che il prodotto è più digeribile anche per gli ipersensibili al glutine non celiaci, e che la pasta non è tutta uguale.


Questa pasta costa di più

Circa 4 euro al chilo, contro l'euro e mezzo di una buona pasta industriale: un piatto di 80 g costa qualche centesimo in più.


Il colore è importante?

Sì, il nostro giallo intenso è un marchio di fabbrica, perché è quello di un grano unico, non mixato con altri, puro e certificato.


Come fate ad assicurarvi che non ci siano contaminazioni con altri grani?

Con controlli severissimi a partire dalla pulizia delle trebbiatrici, fino all’uso del satellite per controllare le lavorazioni e gli spostamenti entro i nostri confini. Senatore Cappelli è un grano antico che ha adottato le più moderne tecnologie per essere certificato al chicco.


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Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbene in edicola e nella app dal 18 maggio 2021




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