Si dice che portino denaro e fortuna e perciò sono un “must” irrinunciabile delle feste di Capodanno, magari in compagnia di un fumante cotechino. Leguminose appartenenti alla famiglia delle Fabaceae, le lenticchie vengono coltivate fin dall’antichità e reppresentano un piatto cardine della cultura contadina perché gustose, energetiche e nutrienti. Per l’alto contenuto di proteine e di ferro, sono state ribattezzate la “carne dei poveri”, in grado di sopperire in parte agli alimenti di origine animale. Amate dai vegetariani, ma gettonate anche dagli onnivori per la loro grande versatilità in cucina (oltre a zuppe e minestroni, si sposano bene con il riso basmati, la polenta, lo spezzatino, l’arrosto, il gulasch persino con il pesce bianco quale merluzzo, rombo, sogliola e rana pescatrice), le lenticchie vantano un profilo nutrizionale di tutto rispetto.
Che cosa contengono le lenticchie
Innanzitutto l’apporto calorico: 100 g di lenticchie secche, bollite in acqua senza aggiungere altro, apportano 92 calorie. «Sono composte per il 66% da carboidrati, per il 30% da proteine e per il 4% da lipidi», spiega la dottoressa Sara Valente, biologa nutrizionista a Roma, esperta in diete per infertilità, endometriosi, ovaio policistico e patologie autoimmuni.
«La quota di carboidrati è composta per il 90% da amidi molto digeribili, e perciò adatti anche ai bambini piccoli e agli anziani, e per il 10% da zuccheri solubili, come i galattani composti da catene di galattosio. Tra le proteine, formate dagli aminoacidi, sono presenti alcune ad alto valore biologico. È il caso dell’arginina che oggigiorno viene assunta anche come integratore per gli sportivi perché migliora l’afflusso di sangue (e quindi la perfusione dei tessuti) e favorisce lo sviluppo della massa muscolare, in quanto stimola la secrezione dell’ormone della crescita».
È vero che le lenticchie, come molti alimenti vegetali, sono carenti di alcuni aminoacidi essenziali (quelli che l’organismo umano non è in grado di sintetizzare e deve perciò introdurre attraverso la dieta), come la metionina. Ma è possibile ovviare a questo inconveniente abbinandole ai cereali (per esempio, riso e lenticchie) per ricostituire tutti gli aminoacidi indispensabili attraverso un piatto nutrizionalmente completo. Quanto al contenuto di lipidi, è davvero trascurabile e per questo le lenticchie sono molto indicate a chi segue un regime dietetico, con un occhio alla bilancia e uno ai grassi.
Il valore aggiunto delle fibre
È vero che le lenticchie sono molto ricche di fibre? La risposta è affermativa: contengono 8,3 g di fibre per 100 g di prodotto secco bollito. Di queste, 7,7 g sono composte da fibre insolubili, e solo 0,6 g da quelle solubili. «Significa che transitano indenni nell’intestino, restando indigerite», precisa la dottoressa Sara Valente. «Fatto che favorisce un precoce senso di sazietà e accelera il transito intestinale, che nelle persone che soffrono di stipsi è rallentato».
Va però detto che l’alto contenuto di fibre ha il rovescio della medaglia. Com’è noto, infatti, le fibre tendono a fermentare nell’intestino, causando fastidiosi fenomeni di meteorismo. Per ridurre la produzione di gas intestinali, chi soffre di “pancia gonfia” può acquistare le lenticchie decorticate, che sono state meccanicamente deprivate dell’involucro esterno (buccia). Fermentano meno e offrono il vantaggio di ridurre sensibilmente i tempi di cottura. In alternativa, se si sceglie la versione non decorticata, è consigliabile lasciare in ammollo le lenticchie per 12 ore, cambiando due volte l’acqua e sciacquandole bene prima di cucinarle.
«Nell’acqua di cottura, è bene aggiungere un mazzetto di finocchietto selvatico, oppure alcune foglie di alloro o di alga kombu, un trucco per rendere più morbide e digeribili le fibre. E se ciò non dovesse bastare (e i fastidiosi fenomeni di meteorismo si ripresentano), il consiglio è schiacciare le lenticchie con il classico passaverdure di acciaio, non con il minipimer perché la frullatura provoca la formazione di bolle d’aria» continua l'esperta. Si ottiene così una vellutata di lenticchie, sana e leggera, che può essere gustata da sola o fornire la base cremosa di minestre, minestroni e zuppe invernali.
Una miniera di minerali e vitamine
“Povere” per tradizione contadina, ma molto ricche “dentro”, le lenticchie sono uno scrigno di oligoelementi preziosi per la salute. Tra questi spiccano lo zinco, il rame, il sodio, il potassio, il magnesio, il manganese e il calcio. Una nota di merito va all’alto contenuto di fosforo (146 mg per 100 g), utile antidepressivo naturale, nonché di ferro: 4 mg per 100 g nelle varietà più comuni, che salgano a 8 mg per le lenticchie nere (le più ricche di ferro in assoluto) e a 6 mg per quelle gialle. «Se si pensa che i livelli di assunzione giornaliera raccomandati sono 14 mg di ferro per le donne in età fertile e 10 mg per gli uomini e le donne in post-menopausa, è sufficiente mangiare un bel piatto di lenticchie nere per coprire quasi tutto il fabbisogno di questo prezioso minerale», commenta Sara Valente.
«Inoltre, le lenticchie sono un’eccellente fonte di vitamine del gruppo B, soprattutto B1, B2 e B3: favoriscono il buon equilibrio nervoso e le prestazioni intellettuali, rendono forti pelle, unghie e capelli e aiutano a contrastare l’eccesso di colesterolo e trigliceridi». A proposito di colesterolo: esistono altre molecole nelle lenticchie in grado di abbassare il colesterolo “cattivo” LDL. Si tratta di particolari tipi di bioflavonoidi, chiamati isoflavoni, che hanno una struttura chimica simile agli estrogeni (per questo sono consigliati in menopausa) e che riescono a ridurre i livelli di colesterolo, se consumati con regolarità.
Quale varietà scegliere?
In Italia esistono diverse varietà di lenticchie, alcune molto pregiate e ricercate dagli chef per piatti sani e prelibati. In linea generale si differenziano per forma, dimensioni e colori, ma hanno una composizione simile: solo il profilo aminoacidico può variare un po’, pur restando sovrapponibile. Le lenticchie rosse originarie dell’Egitto, per esempio, hanno un po’ più di aminoacidi e maggior presenza di vitamine B5 e B6.
Altre curiosità? «Quelle nere, oltre al ferro, contengono più calcio: 100 mg per etto, contro gli 80 mg delle lenticchie marroni e i 60 mg delle grigio-verdi», spiega la dottoressa Valente. «Per questo sono consigliate in menopausa, come superalimento utile a prevenire l’osteoporosi. Tra le varietà più famose ricordiamo quelle di Castelluccio di Norcia, in provincia di Perugia (hanno piccole dimensioni e una buccia molto fine e tenera che consente di saltare la fase di ammollo), quelle di Onano (Viterbo), di Santo Stefano di Sessanio (Aquila) e di Villalba (Caltanisetta). Anche quelle di Ustica, marrone scuro con delicate sfumature verdognole, sono diventate famose da quando, nel 2015, sono state portate nello spazio da Samantha Cristoforetti, come alimento nutriente, non deperibile e poco “ingombrante”.
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