UNA QUESTIONE DI QUANTITÀ
Come facciamo a capire se la nostra dieta è troppo ricca di soia? Da alcuni sintomi. «Il sospetto di un “sovradosaggio” è forte se nell’uomo compaiono ginecomastia, cioè gonfiore delle mammelle, o problemi di fertilità e se, nella donna, sono presenti alterazioni del ciclo mestruale o cisti ovariche non spiegabili in altro modo», precisa Lenzi.
Questo vuol dire che dobbiamo bandire la soia dalle nostre tavole? «No, ma bisogna usare il buonsenso ed evitare gli eccessi, anche perché, mangiando questo legume, il rischio di assumere Ogm è molto elevato», puntualizza Adriana Bonifacino. Sulla stessa lunghezza d’onda il professor Lenzi: «Negli adulti una dose di isoflavoni pari a 30 mg al giorno può bastare ad alterare le funzioni tiroidee. Tale quantità è contenuta in 150-200 ml di latte di soia o in 46 grammi di miso, quindi è bene non superare queste porzioni».
Insomma, dovremmo prendere esempio dagli Orientali, che usano la soia soprattutto come condimento e non come sostituto delle proteine animali. «Peraltro, se adottiamo una dieta sana e variata, ricca di frutta e verdura, anziché di cibi che in natura non esistono, non corriamo pericoli se ci concediamo tofu, tempeh o i semplici semi ogni tanto.
Ancora meglio se li mangiamo ben cotti, perché i fitoestrogeni sono termolabili e, quindi, si distruggono con il calore», chiarisce la dottoressa Sara Cordara. E, per ridurre ulteriormente i rischi, conviene adottare alcuni escamotage dietetici: «Consumare prodotti a base di soia insieme alla carne o al pesce: riduce l’effetto degli “antinutrienti” presenti nel legume asiatico e migliora l’assimilazione dei minerali», conclude l’endocrinologo Andrea Lenzi.