Basta fake food nella tua dieta

È l’invito di Giorgio Donegani, che ha scritto con la figlia Martina una guida per non farsi influenzare dalle false mode alimentari. E mettere nel carrello solo il cibo che fa davvero bene



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La nonna è un’avvelenatrice di bambini. È questo il divertente paradosso al quale siamo arrivati a forza di falsi allarmi sul cibo. Analizzando con gli occhi di oggi una ricetta semplice come quella della torta della nonna, che ha fatto crescere sani e felici migliaia di nipoti, viene fuori la lista di quelli che oggi vengono definiti “veleni bianchi”: la farina 00, il latte, il burro, lo zucchero.

Per non parlare delle uova, piene di antibiotici. Qualcosa non torna e ne è convinto il dottor Giorgio Donegani, tecnologo alimentare e storico consulente di Starbene, che al tema delle fake news a tavola ha appena dedicato il libro Free from fake, nel quale dimostra come per mangiare sano serve per prima cosa un pizzico in più... di buon senso.


Sul cibo circolano sempre più fake news: perché?

Perché è un tema che ci prende alla pancia, in tutti i sensi. Oggi il mercato alimentare ha raggiunto livelli inimmaginabili: solo negli Usa vengono inventati 22 mila nuovi prodotti l’anno e questa esasperazione dell’offerta ha portato alle conseguenze che tutti conosciamo sulla linea e la salute. Da qui il proliferare delle diete, molte delle quali impostate solo sul “non mangiare questo perché ti fa malissimo, mangia questo che ti fa benissimo”. Per di più senza basi scientifiche e con l’unico scopo di fare business. Prendiamo la Life 120 proposta da Adriano Panzironi: se elimini i prodotti dell’industria alimentare e mangi come gli uomini delle caverne, vivi fino a 120 anni. Però devi anche aggiungere costosi integratori venduti dallo stesso ideatore.


Come orientarsi tra le tante proposte?

Con il buonsenso. Oggi parlare di cibo fa audience e il web ha dato voce a tutti. Con l’aggravante che è molto difficile, per il pubblico medio, capire chi ha il curriculum adatto per parlare di nutrizione. La comunicazione è diventata orizzontale, le convinzioni si rinforzano a vicenda nei social e tutto, persino la scienza, viene ideologizzato. Solo dieci anni fa, se qualcuno fosse andato in Tv a dire che la terra è piatta sarebbe stato considerato un folle. Oggi invece i terrapiattisti, sul web, hanno un seguito. Proprio come il movimento Life 120 legato a Panzironi.


C’è anche un problema di metodologia nella ricerca delle informazioni?

Il primo problema sta proprio in quella che viene chiamata “bias (pregiudizio) di conferma”: penso che le carote facciano venire il mal di testa, cerco su google e tra i tanti risultati mi soffermo sull’unico che parla appunto di carote e mal di testa, anche se cita lo studio di un’università fasulla. Salterò invece tutti quelli che parlano dei benefici delle carote. Istintivamente cerchiamo la conferma delle nostre ipotesi, perché è più facile e immediato che rimetterle in discussione. E ciò accade anche in campo alimentare.


Qual è invece l’approccio giusto?

Pensare che per stare bene basta mangiare tutto con moderazione, prediligere frutta e verdura, non eccedere con grassi e zuccheri, smettere di fumare e fare del movimento. È un po’ faticoso e per di più sembra banale, ma è vero. Tuttavia è molto più attraente e facile credere che il lattosio sia il vero nemico e che basta levarlo dalla dieta per stare bene. O magari mangiare un cucchiaio di curcuma al giorno. Ma come la mettiamo con tutti i centenari sardi che non sanno neanche cosa siano la curcuma, la quinoa e i semi di chia?


Quindi sono una bufala anche i superfood?

Sono prodotti dalle qualità nutritive eccellenti, ma non ha senso inserirli nella nostra dieta in base al “pensiero magico” che ci salveranno. Le popolazioni ci hanno messo millenni per adattare la loro alimentazione al territorio, abbiamo tutto quello che ci serve anche senza scomodare le popolazioni sulle Ande. Anche perché bisogna sapere che l’elevata richiesta dei superfood esotici ha innescato i soliti meccanismi speculativi: in Bolivia, per esempio, la quinoa viene ora trattata con i pesticidi per assicurare raccolti più abbondanti e riuscire così a soddisfare la richiesta del mercato cresciuta esponenzialmente.



Da tecnologo alimentare, come valuta il ruolo delle aziende in tutto questo?

Curiosamente, molte cavalcano il sentimento “anti-industriale” anziché insistere sulla bontà dei loro prodotti. Ci sono aziende che hanno fatto la storia alimentare e culturale in Italia e che lavorano con una sicurezza estrema. Eppure, per paura di perdere mercato arrivano ad ammettere colpe che non hanno. Tutti sono convinti che l’olio di palma sia un veleno? Togliamolo dai biscotti. Il web dice che il glutine fa male anche ai non celiaci? Ecco tanti nuovi prodotti gluten free. Ma in questo modo non fanno altro che rinforzare la diffidenza (innescata dalla fatidica domanda “Quindi prima ci avvelenavano?”) e alimentare la sfiducia verso le istituzioni scientifiche. Che invece vanno ascoltate di più. Basta pensare ai Larn, i “Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana”: hanno solo basi scientifiche e dicono già tutto quello che serve sapere per stare bene. Però non fanno audience.


C’è una soluzione?

Tornare alla nostra antica saggezza nutrizionale. Tutti noi ne abbiamo una, tutti noi sappiamo esattamente cosa ci fa bene (i cibi sani e di buona qualità) e cosa ci fa male (gli eccessi). Fidarsi delle mode non è mai una buona idea: un nuovo superfood non ci allungherà la vita e una fettina della torta della nonna non ci avvelenerà.


Senza o con

Gli scaffali del supermercato si riempiono di prodotti senza lattosio, senza glutine, senza olio di palma, senza zucchero, senza grassi, senza uova, senza sale. Ma cosa è davvero da mettere nel carrello? Per aiutare i consumatori a capire quando tutto questo “senza” sia solo un “senza senso”, il dottor Giorgio Donegani ha scritto a quattro mani con la figlia Martina, biologa nutrizionista, la guida Free from fake (BioMedia, 12,50 €). I principali alimenti sul banco degli imputati sono analizzati alla luce della scienza, smascherando tanti falsi miti.


QUALCHE "BUFALA" DA SFATARE

1. La farina bianca è da evitare

Quello che si dice: ha un alto indice glicemico ed è povera di nutrienti, al contrario di quella integrale. In realtà: digerire l’integrale è più difficile e le sue fibre contengono sostanze, come l’acido ossalico, che ostacolano l’assorbimento di calcio e ferro. Inoltre, accompagnare pane e pasta con carne, verdure o anche solo l’olio d’oliva, abbassa già di per sé l’indice glicemico.

2. Le bacche di Goji prevengono l'Alzheimer

Quello che si dice: hanno un concentrato di antiossidanti capace di contrastare le malattie degenerative, a partire dall’Alzheimer. In realtà: non esistono studi sugli esseri umani che dimostrino queste proprietà specifiche. Le bacche di Goji sono un’ottima fonte naturale di antiossidanti, vitamine e minerali come tanta altra frutta e verdura.

3. La carne di maiale è troppo grassa

Quello che si dice: è piena di colesterolo. In realtà: è assai diversa dal passato per effetto degli interventi sia sugli incroci delle razze sia sulla formulazione dei mangimi e dei sistemi di allevamento. È così migliorato il rapporto tra grassi saturi (“cattivi”) e insaturi (“buoni”) e il contenuto di colesterolo non è diverso da quello di manzo, vitello e pollo.

4. La frutta a fine pasto non va bene

Quello che si dice:fa ingrassare, complica la digestione, gonfia la pancia. In realtà: la frutta fa bene sempre. In più, la presenza di vitamina C migliora l’assorbimento del ferro di origine vegetale e gli zuccheri in essa presenti vengono assorbiti più lentamente rispetto a quando viene mangiata come spuntino. Papaya e ananas, inoltre, hanno molti enzimi che facilitano la digestione delle proteine.



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Articolo pubblicato sul n. 31 di Starbene in edicola dal 16 luglio 2019


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