Cucina vegana: i trucchi perché sia nutrizionalmente corretta e fantasiosa

Abbattiamo le barriere tra vegetariani e onnivori. Basta offrire piatti green, nutrizionalmente bilanciati e gustosi. Come ci spiega Iader Fabbri, biologo nutrizionista famoso



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Aggiungi un posto a tavola. Anzi tre, quattro, cinque, e stupisci parenti e amici con un menu tutto green. Tanti manicaretti vegetariani o addirittura vegan (senza latte, formaggi e uova) che, con la loro esplosione di colori e di sapori, riusciranno a convincere anche i patiti di ragù, cotolette, pollo arrosto e costate. Sì, occorre vincere i pregiudizi a colpi di ricette.

Dimostrare a se stessi e agli altri che  seguire una dieta etica, rispettosa degli animali, non significa per forza rinunciare al gusto e mangiare solo verdurine, passate, gommoso seitan o cibi insipidi. Anzi, è possibile spezzare la monotonia della lista della spesa attingendo al variegato mondo dei cereali e delle proteine vegetali, con menu gourmet capaci di mettere d’accordo tutti, riunendo due universi apparentemente inconciliabili: veg e non veg.


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Conquistare i palati più esigenti e mantenere una condizione fisica ottimale è l’obiettivo che anima l’ultimo libro di Iader Fabbri, romagnolo doc, ex ciclista, mental coach e biologo nutrizionista. Si intitola Ricette vegane e vegetariane (anche) per onnivori:è un manuale che rompe i tabù e spinge sulla rivisitazione della cucina vegan, con più gusto e fantasia.
Gli abbiamo rivolto alcune domande per capire come regolarsi al meglio, per la linea e la salute, quando si decide di adottare una dieta vegetariana o vegana.


Dottor Fabbri, a cosa bisogna prestare attenzione nella dieta?

Al cosiddetto “indice di equilibrio” che è un barometro importantissimo per capire se ci stiamo alimentando bene oppure no. Avere un buon indice di equilibrio significa mantenere la glicemia stabile. Un obiettivo al quale tutti, veg e non, dovrebbero tendere. Sono, infatti, le continue oscillazioni della glicemia e, soprattutto i picchi glicemici a spianare la strada alle più diverse patologie.

Avere glicemia e, di riflesso, insulina alte significa andare incontro a disordini del metabolismo, a patologie infiammatorie e dell’apparato neuroendocrinoimmunologico. Non solo il diabete ma anche tutta una serie di alterazioni ormonali a cascata che compromettono la nostra salute. Aumentano il cortisolo, gli estrogeni, l’adrenalina e si instaura un pericoloso quadro di resistenza insulinica. Inoltre, il mancato rispetto dell’indice di equilibrio fa ingrassare. Una volta saturati i depositi di glicogeno epatico, infatti, gli zuccheri in eccesso si trasformano in grasso viscerale e addominale, come “magazzino di riserva” difficile poi da intaccare.


Anche i vegetariani e vegani corrono il rischio di ingrassare?

Assolutamente sì. Il rischio di queste diete è di non mantenere l’equilibrio tra i macronuterienti: grassi, proteine e carboidrati. Molti di coloro che fanno una scelta vegan rischiano di trasformarsi in pastariani, verduriani e fruttariani. Non toccano carne e pesce, né uova e formaggi, ma alla fine si riempiono di pasta cucinata in tutte le salse o di pancakes “fai da te”, con farine, zucchero di canna, miele e altri ingredienti ad alto indice glicemico. Così non va. 

Prima di cucinare occorre valutare i cibi ad alto indice glicemico, moderando la loro assunzione o seguendo dei piccoli trucchi per abbinarli in modo tale da tenere bassa la glicemia. Certo, gli ortaggi sono carboidrati a basso indice glicemico ma è impensabile preparare sempre minestroni e insalatone. Anche la frutta, a parte quella più zuccherina, ha un indice glicemico da basso a moderato, ma comunque tale da non influenzare troppo la glicemia. Ma non si può certo pasteggiare a macedonie, tranne come fresca alternativa estiva.

E allora che fare? Su Internet è possibile trovare le tabelle dell’indice glicemico di ogni alimento, che varia anche in base alla cottura. Gli spaghetti integrali, cotti al dente, per esempio, hanno un indice glicemico più basso dei maccheroni o dei rigatoni. Sono piccole accortezze che fanno la differenza, e grazie alle quali è possibile calcolare il carico glicemico di ogni pasto.


Ha accennato a “trucchi” per ridurre il carico  glicemico di un pranzo o di una cena. Quali sono?

Da buon romagnolo non disdegno passatelli e cappelletti. Per tenere bassa la curva glicemica, però, occorre accompagnare sempre i “primi” con un piatto di verdure di stagione, ricche di fibre vegetali che, riducendo l’assorbimento degli zuccheri, sono in grado di migliorare il profilo glico-metabolico. Non solo. I vegetariani e i vegani consumano spesso poche proteine, quando è importante puntare su un buon bilanciamento proteico. Un giusto apporto di proteine vegetali è in grado di controbilanciare l’assunzione di carboidrati.

Nel mio libro spiego il concetto di “rotazione proteica” nel senso che è bene attingere alle diverse fonti di proteine presenti in natura, non insistere sempre sulle stesse ma diversificare il più possibile. Qualche esempio? La soia, in tutte le sue forme, fornisce un ottimo apporto proteico: contiene 36 g di proteine ogni 100 g di prodotto, e molti aminoacidi essenziali, i “mattoncini” delle proteine che l’organismo non riesce a sintetizzare da sé. Un alto contenuto proteico hanno anche i lupini, disponibili anche sotto forma di gustosi hamburger. Tra le alternative alla carne, che si prestano a essere preparate in tanti modi, ci sono anche il Tempeh, un alimento fermentato ricavato dai semi della soia gialla (noto anche come “carne di soia”), le bistecche di Quorn, ricche di microproteine ottenute da un fungo, il Fusarium venenatum, e il Mopur, originariamente un derivato del grano che si ottiene dalla fermentazione del frumento, buono e digeribile, a basso contenuto di amidi e con zero colesterolo. Ma oggi è possibile trovare nuove e appetitose versioni di Mopur, realizzate con la farina di soia, di ceci, di lupini, di lenticchie o di piselli, anche sotto forma di affettati o di teneri arrosti da condire a piacere.


A proposito di legumi. Che ne pensa di pasta e ceci o di pasta e fagioli?

Ha toccato un punto saliente. Molti vegetariani si “buttano” sull’abbinamento della pasta con i legumi, cercando di ricreare un piatto completo e nutrizionalmente corretto. In realtà, questi piatti andrebbero consumati non più di tre volte alla settimana perché i legumi, contrariamente a quanto si pensa, hanno una componente di carboidrati prevalente. È vero che apportano anche proteine, ma il tenore di carboidrati è di gran lunga superiore. Prendiamo i fagioli: 100 g di fagioli cotti hanno 63 g di carboidrati contro 21 g di proteine, cioè esattamente il triplo.

Sì, quindi ai piatti della tradizione contadina che abbinano pasta o riso ai legumi (nel mio libro rispolvero al riguardo delle ricette regionali), ma attenzione a non far alzare troppo la curva glicemica, riproponendoli a pranzo e cena. Quanto ai cereali, anche in questo caso vale il concetto della diversificazione: pasta e riso integrali vanno alternati a orzo, farro, grano saraceno, quinoa, avena, miglio e amaranto. Perché ogni cereale ha un profilo nutrizionale diverso e arricchisce la dieta di note di sapore variegate.


Si dice sempre che vegani e vegetariani vanno incontro a delle carenze nutrizionali. È vero?

No, si tratta di pregiudizi. Mangiando uova, latte e latticini, i vegetariani non rischiano nessuna carenza. Quanto ai vegani, si dice sempre che i prodotti di origine animale sono insostituibili perché apportano proteine nobili, ad alto valore biologico, che non sono presenti negli alimenti vegetali. Ebbene, non è vero. Non bisogna fare un paragone tra gli onnivori e i vegan, perché il confronto stesso è sbagliato.

Bisogna uscire dalla logica degli schieramenti che contrappongono gli uni agli altri. Grazie a una dieta varia ed equilibrata, dal buon profilo aminoacidico, un regime alimentare vegano è in grado di fornire all’organismo tutti gli aminoacidi essenziali per fabbricare le proteine da sé. Perché quello che conta è la sintesi proteica realizzata dalla nostra macchina-corpo. Anche la supposta carenza di ferro è più immaginaria che reale. Basta assumere vegetali a foglia verde (biete, spinaci, indivia) che ne sono ricchi, aumentando la biodisponibilità del ferro associandolo alla vitamina C contenuta, ad esempio, negli agrumi. Solo nelle donne vegane con mestruazioni abbondanti può rendersi necessaria un’integrazione.

L’unica carenza che può configurarsi è quella della vitamina B12, importante per tantissime funzioni tra cui la produzione di energia. In questo caso si può supplire con un integratore alimentare o scegliendo alimenti fortificati in cui la vitamina B12 è stata addizionata. Basta curiosare tra gli scaffali del super per scoprire fiocchi di cereali, fette biscottate e latti vegetali arricchiti di questa preziosa vitamina.


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