Dai boschi del Sol Levante agli scaffali della farmacia e dei negozi bio. È il lungo percorso compiuto dai funghi medicinali giapponesi, che stanno vivendo un vero e proprio boom, arrivando a gareggiare con i funghi nostrani per entrare in ricette tutta salute.
Gustosi e ricchi di principi benefici, quelli essiccati e provenienti da coltivazioni biologiche certificate si prestano, infatti, a diventare ingredienti di piatti autunnali, sposandosi con risotti, patate al forno, pollo, brasato e spezzatini, subito dopo essere fatti rinvenire in acqua.
Ma quali sono i vantaggi per la salute, secondo la moderna micoterapia? «Il maitake, che in Giapponese significa fungo danzante e il cui nome botanico è Grifola Frondosa, aiuta a contrastare l’iperglicemia e la resistenza periferica all’insulina.
Lo rivelano gli studi compiuti dall’Università di Kobe (Giappone) e dal National Medical Center di Duarte (California)», spiega il dottor Salvator Bardaro, docente di medicina integrata all’Università di Siena e Pavia. «Merito di un principio attivo, il grifon D, utile a chi ha una glicemia tendenzialmente alta a digiuno, per via dei chili di troppo (in particolare del grasso addominale viscerale) che impediscono all’insulina di essere efficace là dove serve».
Non sono tutti "da cucina”
L’altro fungo originario dell’Estremo Oriente, che si trova sia come integratore sia essiccato in buste da tenere nella dispensa, è lo shitake (Lentinula Edodes). «La sua fama di superfood funzionale è dovuta alla presenza di un betaglucano, il lentinano, che ha un’azione immunostimolante comprovata da diversi studi. In pratica, affina le difese organiche nei confronti di virus e batteri ed è quindi l’ideale ingrediente per far fronte ai rigori invernali». Non è invece commestibile, per il suo saporeamaro e la sua consistenza legnosa, il fungo reishi (Ganoderma Lucidum). Il suo estratto secco dà vita a integratori, venduti in farmacia ed erboristeria per aiutare ad affrontare gli stress fisici e mentali.
«Gli imperatori cinesi lo bevevano sotto forma di tè per la sua capacità di migliorare la salute e la longevità», prosegue il dottor Bardaro. «Grazie a un pool di polisaccaridi e glicoproteine, protegge i neuroni dai danni dei radicali liberi e può contribuire a rallentare il decadimento cognitivo, specie dopo i 55 anni. La dose? Due grammi al giorno, uno al mattino e uno alla sera, sotto forma di pillole, compresse o tavolette».
Il porcino campione di antiossidanti
Una ricerca del Pennsylvania State Center for Plant and Mushroom Productsfor Health ha passato in rassegna 13 varietà di funghi e ha scoperto che il più ricco di antiossidanti è il porcino (gruppo Boletus Edulis), mentre i più poveri sono gli champignon (Agaricus bisporus).
«Le sostanze in grado di proteggere dall’invecchiamento cellulare sono due: il glutatione e l’ergotioneina», spiega il dottor Carmine Siniscalco, agronomo e micologo responsabile del Progetto speciale funghi dell’Ispra.
«È bene, però, precisare che allo stato attuale non sappiamo quante di queste sostanze antiossidanti siano biodisponibili e vengano assorbite dall’organismo umano.
Occorre, quindi, frenare l’entusiamo di chi parla dei porcini come scudo naturale contro l’aging, il tumore, le malattie cardiovascolari e neurodegenerative. Di fatto, mancano ancora studi definitivi».
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Articolo pubblicato sul n. 51 di Starbene in edicola dal 05/12/2017